I patroni napoletani: culto popolare e potere religioso

Creato il 18 maggio 2014 da Vesuviolive

Opere di Lello Esposito

Napoli è da sempre città molto legata alle sue tradizioni religiose e soprattutto ai suoi Santi. Non è, infatti, un caso che ancora oggi i nomi più usati da dare ai figli dei napoletani siano quelli dei Santi Patroni. Basti pensare che Napoli ne conta più di cinquanta!

Ritorna in mente, con un sorriso, il film “Operazione San Gennaro” con il grande Totò e Nino Manfredi. In particolare, la scena finale del film, quando Dudù (Nino Manfredi), trovandosi nel pieno della festa per la processione di San Gennaro, tenta di sottrarsi alla folla con la borsa contenente il bottino (il Tesoro di San Gennaro) ma scambiato da tutti come l’eroico salvatore del tesoro, non può far altro che restituirlo alla città!

Una fede ed una venerazione oggi viva più che mai, che si rinnova ogni anno quando le statue dei Santi Patroni sfilano, portate a spalle dai fedeli per le vie del centro antico della città, nella processione di maggio, nel corso della quale avviene una delle liquefazioni del sangue di San Gennaro. La processione segue un percorso diverso da quello originario, ma rimane forte la suggestione dello spettacolo: uscito dalla Cattedrale, il corteo scende per via Duomo, svolta per i vicoli di “Spaccanapoli” e li percorre fino a Santa Chiara. È in questa celebre chiesa di origine angioina che di solito avviene il “miracolo” della liquefazione nel corso della celebrazione della Messa.

Al termine della cerimonia, il corteo ritorna in Cattedrale risalendo per via San Sebastiano, svoltando per San Pietro a Maiella e percorrendo via dei Tribunali.Se il miracolo avviene, il ritorno si svolge tra la gioia dei fedeli, mentre è ritenuta di cattivo auspicio per la città la mancata liquefazione del sangue. Nel rientrare nel Duomo, i portatori hanno cura di compiere un giro di centottanta gradi in modo che le statue rientrino guardando verso la folla dei fedeli, mentre i gonfaloni e gli stendardi delle Congregazioni, delle Confraternite e delle associazioni religiose s’inchinano in segno di rispetto.

Anno dopo anno va crescendo il numero delle statue argentee che lasciano per alcune ore il chiuso del Tesoro e fanno la loro apparizione in pubblico, salutate dagli applausi dei napoletani, che pur ammirando tutti gli splendidi busti alla loro uscita dalla Cattedrale, sembrano fare il “tifo” particolarmente per il Santo titolare della loro parrocchia.

Uno splendido spettacolo che non manca di suscitare meraviglia da parte di qualche turista straniero, troppo lontano dalla cultura napoletana e che quindi vede in queste manifestazioni null’altro che superstizione o immaturità religiosa. Ma in realtà proprio questa è l’essenza della cultura, storia e fede napoletana, fatta di immagini di Santi. Essi sono avvertiti come fratelli maggiori, come esempi di virtù ed altruismo.

Ovviamente non è possibile tenere conto di un ordine gerarchico dei Patroni napoletani, anche se il più popolare senza dubbio è San Gennaro, riconosciuto come protettore della città di Napoli.

Storicamente è l’attribuzione del patronato a San Tommaso D’Aquino (1605), il primo proclamato in età moderna, ad avviare un processo per cui, nel giro di pochi anni, i Patroni di Napoli da sette ( Gennaro, Atanasio, Aspreno, Agrippino, Severo, Eufebio ed Agnello) passarono a quindici.

Con la Controriforma si registra un notevole incremento numerico di Santi canonizzati. I Santi diventano un ottimo tramite di diffusione dei dettami tridentini, che condannano tutto ciò che riguarda la materialità, elogiando la spiritualità. Ordini, Diocesi, monasteri ecc. sono attenti nel cercare il miracolo, nel canonizzarlo, nel costruire nuovi Santi e consolidare la fama di quelli più antichi. A volte tra i vari enti si scatena un’accanita concorrenza per procurare ai propri Santi il maggiore appoggio.

Questo perché da sempre il Sacro, nella fede popolare, soprattutto meridionale, viene identificato nell’immagine e nella personalità di un Santo. Questa sorta di materializzazione esprime l’esigenza di concretezza, di immediatezza: il Santo nella sua esperienza divina e umana media le due parti, stabilendo un rapporto personalizzato con il fedele che si esprime soprattutto con la formula dell’ex voto, corrispettivo della grazie invocata.

In una sorta di geografia patronale del Mezzogiorno, primeggia in assoluto la figura di Maria, che diventa un tratto distintivo della religiosità meridionale, soprattutto per la varietà di appellativi, circa un centinaio, che garantisce la specificità di tale figura nel contesto territoriale. Molto diffuso resta il fenomeno dell’adozione, come Patrono, del concittadino beatificato, del Vescovo o Santi che hanno avuto un ruolo importante nella comunità.


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