I pirandello e la grande guerra

Creato il 16 giugno 2015 da Signoradeifiltriblog @signoradeifiltr

Iniziamo parlando della Grande Guerra in casa Pirandello. Nel 1915 Stefano Pirandello si arruola volontario, parte per il fronte e viene fatto prigioniero nel 1917 durante l'offensiva di Caporetto, come scrive a un amico il famoso padre:

" Sappi che la mattina del 2 novembre, alle 7 1/2, dopo una notte di fuoco, egli è stato fatto prigioniero, nella battaglia d'Oslavia, ferito al petto, per fortuna leggermente. Un'altra ferita aveva ricevuto il giorno avanti; gli avevano dato alcuni giorni di licenza per farsi medicare; rifiutò la licenza sapendo che la notte si sarebbe rinnovato l'attacco, e fu fatto prigioniero. Sono ormai circa due mesi! Fra tutte le sciagure che potevano toccargli (è vivo per miracolo!), questa è certo la minore ... Coraggio, Stefanuccio mio: non abbandonarti troppo alla meditazione e lavora, lavora quanto più puoi: non c'è rimedio migliore a questo male della vita. Nessuno meglio di me lo sa per prova.".

Il giovane passerà mesi durissimi a Mauthausen e poi a Plan, in Boemia: il grande scrittore cercherà di aiutarlo inviandogli cibo e anche sigarette. Si scriveranno spesso, di solito lettere brevi per evitare la censura che altrimenti le avrebbe bloccate. Anche lo stesso figlio conforterà il padre, alle prese con la pazzia della moglie e con le difficoltà nel proseguire l'attività letteraria. Ci si potrebbe chiedere se in fondo non fossero ambedue prigionieri. Il rapporto tra loro sarà sempre difficile, faticando Stefano a trovare una sua strada artistica nell'ambito del teatro, lontano dall'ombra del grande Luigi. Ricorrerà anche a uno pseudonimo. Chi vuole approfondire questi temi, può leggere il libro Il Figlio prigioniero che riporta parte dell'intenso carteggio tra i due.

Tutto ciò fa da sfondo al lungo racconto Berecche e la guerra. Siamo agli inizi della Prima Guerra Mondiale. Un padre, Federico Berecche, innamorato della Germania come principio etico sinonimo di disciplina, metodo, rigore, autocontrollo, ha il figlio Faustino che vorrebbe l'intervento dell'Italia contro l'Austria e la Germania. Nessuno a parte lui ama il mondo tedesco; si scatenano liti molto aspre. Berecche è solo nelle sue posizioni, in casa come tra i parenti e i conoscenti. La famiglia si sta sfasciando mentre l'Italia resta neutrale; ci sono isterie, individualismi, personalismi. Il padre, buffo e teatrale, è l'unico che nonostante tutto ha una certa flessibilità; in un precario equilibrio rivede le proprie amate convinzioni filotedesche, cercando una difficile ricomposizione con Faustino che è partito per combattere in Francia. Berecche ripete spesso all'amico medico " Io ragiono ...", ma il dottore, sonnolento e laconico, non risponde al suo straparlare, come se la scienza fosse muta davanti alla sua quasi follia. Vuole andare a combattere anche lui nonostante i cinquantatré anni e la pancia. Qui tutto diventa assurdo e spassoso come nel miglior Pirandello; pensa di comprare di nascosto un cavallo, studia in una notte i principi dell'equitazione e si reca in un maneggio per apprendere, spera in poche ore, come cavalcare. Si vede già vicino a Faustino, in battaglia sul fronte francese, contro i tedeschi. Ma una brutta caduta lo rende temporaneamente privo della vista; medicato, abbandona i progetti avventurosi e passa bendato il suo tempo con la figlioletta cieca, condividendo con lei il non poter vedere le brutture della realtà cui la ragione e la volontà non pongono rimedio.

Diversi interrogativi sorgono da questa novella. Può essere meglio non vedere quello che non si può cambiare? La generazione vecchia deve restare a casa facendo spazio ai giovani, lasciandoli liberi anche di sbagliare? Berecche è a suo modo un piccolo eroe che crede nella famiglia, oppure va compatito per aver rivisto le convinzioni di una vita, senza ricavarci nulla se non solitudine e infortuni?

Il racconto è anche una piccola risposta della passionalità mediterranea al rigore e al razionalismo teutonico, tanto osannati all'inizio dal protagonista (lo stesso Pirandello visse alcuni anni in Germania). La vicenda individuale del padre riporta anche il dramma di tanti caduti e delle loro famiglie, frammenti di una storia più grande così spietata con le piccole vicende personali che rischiano di cadere nell'oblio:

"Così tra mille anni, pensa Berecche, questa atrocissima guerra che ora riempie d'orrore il mondo intero, sarà in poche righe ristretta nella grande storia degli uomini; e nessun cenno di tutte le piccole storie di queste migliaia e migliaia di esseri oscuri, che ora scompaiono travolti in essa, ciascuno dei quali avrà pure accolto il mondo, tutto il mondo in sé e sarà stato almeno per un attimo della sua vita eterno, con questa terra e con questo cielo sfavillante di stelle nell'anima e la propria casetta lontana lontana, e i proprii cari, il padre, la madre, la sposa, le sorelle, in lagrime e, forse, ignari ancora e intenti ai loro giuochi, i piccoli figli, lontani lontani".


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