I ponti di Madison Country

Creato il 10 luglio 2015 da Jeanjacques

Ho sempre avuto un rapporto molto particolare con Clint Eastwood, ma più che con il suo cinema (che come si sarà capito, adoro) col personaggio che è riuscito a crearsi. Non quello politico, col quale ho davvero poche cose da spartire, per quanto rimanga convinto che lui sia democratico solo che ancora non sa di esserlo, quanto con quello del 'vero uomo', dell'individuo tutto d'un pezzo che con una smorfia e un cazzotto sa far valere le proprie ragioni; ma anche il vero uomo che riesce a concedersi i dovuti momenti di riflessione, senza esagerare e rimanendo sempre e comunque coi piedi per terra. E diciamolo, da adolescente avrei voluto essere come lui, come i suoi film lo rappresentavano, per far colpo sulle ragazze - che stando ai miei distorti ragionamenti sicuramente cadrebbero ai piedi di uno così. Il suo poster troneggia ancora allegramente in camera mia e, guardandolo ogni mattina mentre mi sveglio, mi rendo sempre più conto che anziché la sua virilità la vita mi abbia riservato le fisime di Woody Allen. Ed essendo un estimatore del suo cinema ho sempre sentito parlare in maniera abbastanza ambigua di questa pellicola, un film sentimentale diretto da quello che è l'uomo più uomo che esista, ma dalla quale mi sono sempre tenuto lontano per uno strano timore. Pochi giorni fa ho deciso che era giunto il momento di colmare questa mia lacuna.

I fratelli Caroline e Michale Johnson, nel ricevere la loro parte di eredità, apprendono attraverso i diari della madre Francesca di come lei, quando loro erano ancora adolescenti, ebbe un'appassionante storia d'amore con un fotografo, capitato nella loro cittadina quasi per caso...

Penso che di un sentimento come l'amore potremmo continuare a scriverne, parlarne e dibatterne in eterno. Questo perché non c'è un vero e proprio modo d'amare, giacché l'amore stesso risiede nelle intenzioni e negli istinti (inutile girarci intorno, l'amore gira anche intorno alle pulsioni più animali) dei vari individui. Nella mia breve vita di venticinquenne ho avuto modo di conoscere molte coppie, sia mie coetanee che adulte, e tutte loro si amavano in una maniera diversa. C'erano quelli che avevano una relazione aperta, quelli che si lasciavano e si riprendevano ogni settimana, quelli che si erano lasciati ma che dopo molto tempo ritrovavano la scintilla e anche coloro che sapevano di amarsi ma non si fidavano a mettere in gioco quel loro sentimento. Certo, c'erano anche gli amori adolescenziali, quelli che duravano pochi mesi e che forse non andrebbero nemmeno considerati, ma credo che lì stia l'errore principale: non è che un ragazzino non sa amare, ma lo fa con le sue capacità, che in quanto giovane non ha avuto modo di esplorare fino in fondo. Ma anche fra alcuni dei miei compagni di scuola ho potuto assistere (avete indovinato che alle superiori non cuccavo molto, vero?) a storie d'amore bellissime, a loro modo. Tutti amano e non credo si possa porre giudizio sul modo in cui lo fanno, sempre che la cosa la si possa fare su un qualcosa di specifico. Ma soprattutto, come ho già scritto, l'amore soprassiede il tempo e diventa catalizzatore di un certo modo di vivere, dettato dall'età e dalle esperienze fatte durante il proprio vissuto. La difficoltà più grande che ho avuto nel valutare questo film infatti è stata quella di assistere a un amore fra persone 'mature', perché senza mancare di rispetto a nessuno, i protagonisti non sono proprio nel fiore degli anni, quindi c'era sempre nell'aria quell'alone di "mi sembra tutto una minchiata ma forse lo capirò da grande". Sempre che ci sia un'età in cui si può dire di essere diventati grandi. In tutta la mia arroganza giovanile quindi mi permetto così di dire che il film è sicuramente bello, ma non perfetto. E questo a prescindere che sia stato diretto dal mio idolo di sempre. La storia fila avanti senza particolari imperfezioni o sbavature e, per quanto Clint sfoggi tutto il suo immenso narcisismo in più di una scena, gli attori sono perfettamente in parte - era un'epoca in cui la Streep non si era ancora resa odiosa. Non posso negare però che ci siano delle scene che proprio mi sono sembrate abbastanza forzate, tra le molte chiacchierate serali fatte fra i due, perlopiù accompagnate da una colonna sono abbastanza stucchevole e invadente, senza contare che i due tempi narrativi non si scandiscono sempre in maniera particolarmente riuscita, insieme a diversi momenti che forse avrebbero dovuto essere sforbiciati per una maggiore fluidità. Però rimane un film che racchiude dentro di sé tante cose. Tanti tipi di amore diverso e tanti modi in cui l'amore viene recepito e, non ultimo, compreso. Perché penso sia soprattutto di comprensione che questo film vuole parlare. Della comprensione dei figli di Francesca del perché la madre ha agito in quella maniera e, soprattutto, del comprendere quello che si vuole realmente da se stessi. Che non sempre è la cosa giusta per gli alti, o quella da fare, ma rimane una scelta e come tale va presa. Tutto questo Clint lo mette in scena, insieme a qualche scivolata di troppo, col suo solito rigore, senza giudicare e senza voler porre un giudizio particolare su nessuno dei suoi personaggi. Personaggi che amano, in fondo, tutti quanti. E come diceva Sant'Agostino: ama, e poi fai quello che vuoi.

Non il migliore di zio Clint, ma mi ha fatto capire diverse cose. Anche che si può piangere senza perdere la virilità. Ma non mi capacita di come mai LaGravenese ha iniziato a sceneggiare film importanti come questo per poi infognarsi in Beautiful creatures...Voto: 


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