Anno: 2011
Distribuzione: Cinecittà Luce
Durata: 85′
Genere: Drammatico
Nazionalità: Italia
Regia: Roan Johnson
«Un mondo di grandi conflitti e tensioni, di sogni e di paure, ma anche un mondo in cui era possibile perdersi, prendersi degli abbagli, fare avventure picaresche. La percezione del mondo e di se stessi avveniva con modalità per noi impensabili. La politica era pane quotidiano, le lotte erano comuni, di massa e non individuali».
Sceneggiatore per la Tv, per il cinema con Ora o mai più (2003, Lucio Pellegrino), scrittore ed ora anche regista nel film I primi della lista, Roan Johnson appare – tra i pochi in Italia – un artista a tutto tondo, poliedrico, versatile.
Le scene di repertorio del golpe in Grecia nel ‘67 e la strage di Piazza Fontana sono le immagini - incipit del film – che ingannano lo spettatore lasciando immaginare che il regista scelga un taglio documentaristico. In realtà tutto nasce da un documento, da un fatto realmente accaduto, da una storia vera, ma il film, senza per questo cambiare direzione, racconta lo stupore, la purezza e l’ingenuità che i giovani studenti vivevano nell’Italia a ridosso degli anni ‘60 in cui la lotta rappresentava l’unico elemento di voce.
Presente nella sezione Eventi speciali alla sesta edizione del Festival internazionale del film di Roma, il giovane regista racconta il periodo in cui l’Italia dei primi anni ‘70 viveva il fermento politico e sociale delle lotte.
A Pisa, nel movimento studentesco circola la voce che è prossimo un golpe. Il cantautore Pino Masi (Claudio Santamaria) convince Renzo Lulli (Francesco Turbanti) e Fabio Gismondi (Paolo Cioni) a lasciare il paese ed attraversare il confine austriaco per chiedere asilo politico. Emulando gli Inti Illimani, il gruppo cileno costretto all’esilio nel ‘73, i tre giovani musicisti partono eccitati dall’idea di far luce sulle ingiustizie italiane vivendo il loro sogno: la musica.
Attraverso le rocambolesche esuberanze dei tre, il film si snoda tra un nonsense e l’altro, dove ogni parole appare come un evento di portata catastrofica.
Così la parata militare del 2 Giugno si trasforma nell’imminente colpo di stato che fa a pezzi la democrazia, e la fuga dai poliziotti alla dogana fa assaporare loro l’idea che stiano per diventare eroi alla sfrenata ricerca della libertà.
“Se il golpe non c’è, s’è fatta una gita”: la frase con cui Masi convince gli altri, all’inizio del film, appare profetica ed una volta liberati, davanti all’istituto con i loro sogni infranti, fanno il loro primo concerto, e sulle parole della canzone del cantautore appare la didascalia che mette in luce il mancato Golpe Borghese.
Martina Bonichi