Stamattina un gruppo sul social network più amato dagli italiani tanto da esercitare un potere sostitutivo della polis, lancia una provocazione “ENJOY THE AMMASS DEL CERVEL – CORRI ANCHE TU A FARE DI TUTTA L’ERBA UN FASCIO”.
Avrebbero ragione, si sprecano in tutti i contesti le eterne litanie della scontentezza e della disaffezione: tanto sono tutti uguali, destra sinistra, è tutto un magnamagna, e nessuno li smuove dalla poltrone, che vergogna, che scandalo, e chi va più a votare. Insomma una combinazione tra il rosario e un mantra della disillusione e dell’allontanamento dalla partecipazione.
Peccato che il deficit di appartenenza e riconoscimento nei rappresentanti e nelle istituzioni vada di concerto non solo con l’incremento di corruzione e con l’attaccamento indistruttibile e tenace a privilegi e benefit, ma si direbbe anche con la totale indifferenza che il ceto politico dimostra per il consenso e per la percezione che i cittadini elettori hanno della classe dirigente.
Che significa certo un difetto di comunicazione, che si sviluppa in modo estemporaneo criptico e arcaico.
E’ esemplare il caso del voto contrario allo scioglimento delle province espresso dal Pd. Le motivazioni date a posteriori, che personalmente non condivido, non sono del tutto peregrine, al contrario in qualche modo legittime e maturate in una elaborazione evidente. Ma per tempo e forma hanno assunto solo il significato di un balbettio giustificatorio di un partito preso in contropiede da uno scomodo e occasionale alleato.
Al disinteresse per modi e tempi della comunicazione si accompagna anche stavolta l’indifferenza per il pensiero comune e il rifiuto ad ascoltare il parere del “pubblico”. Per non parlare della disgraziata incivile e derisoria decisione di esentarsi dai sacrifici della politica per conservarsi stipendi, accessori e vitalizi, come ha illustrato ieri su questo blog il Simplicissimus, esigendo l’indennità Transatlantico a spese di chi ci fa salire su un Titanic in disarmo per traghettarci sulla riva della miseria.
È che certamente il potere non ama la pubblicità, i luoghi dove si svolgono le pratiche che contano e che ci riguardano sono quelli meno esposti alla vista e alla luce, tanto che l’obbrobriosa decisione sarebbe stata presa di notte. E la “clandestinità” criptica, gli arcana imperii non sono prerogativa solo degli stati dispotici e dei governi assolutistici ( e questo peraltro sta facendo efficaci prove generali). C’è una “ragion di potere” ancor più che di stato che si involtola nella separatezza occulta si vela e si rivela solo mediante una esteriorità che non è pubblicità ma solo ostensione di segmenti di informazioni, spesso funzionali a mantenere integra la segretezza.
L’intento che noi spesso abbiamo alimentato è quello di rivelare quello che dimostrerebbe che si può appunto fare di tutta l’erba un fascio, che alla resa dei conti si è tutti uguali, che le difficoltà e le brutture uniscono di più delle aspirazioni e della bellezza.
Il potere invisibile è uno dei grandi problemi invece e la grande difficoltà della democrazia. Perché la sua invisibilità è la cortina dietro al quale si cela quello che dovrebbe suscitare il nostro scandalo. Mentre noi non vediamo loro, loro sempre di più guardano noi, entrano nella nostra privatezza come nelle nostre tasche, nel rovesciamento sfrontato, irridente e impunito del rapporto corretto tra governanti e governati.
Si il sospetto è che in questo tempo di insicurezza nella quale l’unica certezza è un incubo, loro se la ridano perché hanno già messo in mare le scialuppe per il loro personale salvataggio.
Qualcuno nel Pd ha avuto la sfacciata proterva impudenza di affermare che la decisione di tutelare i privilegi dell’oligarchia sia stata dettata dalla preoccupazione che imporre sacrifici alla classe politica potesse indurre disaffezione. Un modo elegante per dire, meglio che abbiano cespiti illegittimi piuttosto che vadano a arrotondare nei territori della corruzione e dell’illegalità? Verrebbe da rimpiangere la sfrontatezza dei tempi della milanodabere, quella che ha dato la stura all’abbecedario del nuoqualunquismo: tutti rubano, tutti sono corrotti, tutti prendono le stecche, è meglio lo facciano “legalmente” alla luce del sole.
Si invece di dare dei segnali che abbattano i livelli inquietanti della nostra disaffezione, del nostro scoramento, della nostra disillusione, c’è da aspettarci che alla faccia di tanta insicurezza e precarietà si prevedano innalzamenti dei finanziamenti ai partiti e alla loro imbelle stampa fiancheggiatrice, che condanna a parole il mantenimento di offensivi privilegi, ma propaganda l’ineluttabilità di una manovra che li rafforza.