I professionisti e i social media

Creato il 11 luglio 2011 da Giorgiofontana

Dal lontano 2006 l’Italia si è adeguata agli altri Paesi europei nel campo della liberalizzazione delle professioni, fino ad allora definite liberali ma poco libere, collegate com’erano alle regole degli Ordini ed a una vecchia concezione della distanza tra mercato e professioni.

Nel campo della comunicazione, Il Decreto Bersani – Legge n. 248 del 4 agosto 2006 ha concesso ai liberi professionisti, come avvocati, commercialisti, architetti, la possibilità di far conoscere ai propri clienti i servizi offerti attraverso vere e proprie campagne di comunicazione. Dell’argomento ne avevo già scritto ma torno ora sull’argomento perchè mi sembra che vi sia una certo fermento ed una notevole attenzione anche tra i liberi professionisti.

Le esigenze specifiche: la reputazione e l’informazione tecnica

Libero professionista è un termine che accorpa tra loro diverse occupazioni che vanno dalla consulenza al problem solving, dalla progettazione alla copertura di mansioni e funzioni.
Il dottore commercialista, il notaio, il consulente del lavoro, il medico, l’avvocato, l’ingegnere, l’architetto, il dottore agronomo e forestale, il geometra, il perito industriale sono tutte figure di liberi professionisti quando questi esercitano con una propria partita IVA e incorrono nelle responsabilità proprie dell’esercizio della tal professione.
Nello specifico le esigenza sono legate al tipo di clientela a cui fanno fronte.
In generale la reputazione professionale è il primo è più importante livello di relazione che un professionista deve spendere con il proprio cliente sia essa acquisito che potenziale. Non di meno importanti sono le informazioni tecniche rispetto alle specializzazioni ed al proprio percorso professionale e competenze, al network a cui ogni professionista è legato, lo staff e lo storico lavorativo.
Il professionista che voglia curare il proprio brand personale e reputazionale deve rendere trasparenti i servizi che eroga con tutte le informazioni che permettano a lui ad al suoi cliente di mettersi su un piano di completa fiducia reciproca.
La cura del cliente comincia da subito, addirittura da prima che si stipuli un contratto od un mandato tra le parti, un fase di approccio attraverso dei mezzi di comunicazione sono in questo caso strategici.
Nella costruzione comunicativa della cosidetta personal branding vi sono alcune fasi imprescindibili.
Interrogarsi su quale sia l’essenza dei valori che si devono e si vogliono comunicare e quindi le leve e le parole chiave basilari su cui poggi tutta la coerenza delle proposte ed il loro valore anche economico.
Pensare con chiarezza alla Brand Recognition le peculiarità con cui ci si vuole distinguere rispetto alla concorrenza.
Pensare al posizionamento consolidato o l’espansione verso nuovi target. Verificare che non vi siano contraddizioni che possano portare ad ambiguità che comprometta la reputazione.
Diventare consapevoli che l’acquisizione della reputazione non è un traguardo ma un punto di partenza e che la fase di Brand Audit, la verifica costante ed il monitoraggio, è molto più importante di tutto il resto.

Le leve: i case study, il portfolio, il codice etico, gli interessi sociali e culturali

Per ogni tipologia professionale comunicare quello che si sa fare, quello che si è fatto ed i progetti a cui si sta lavorando fa parte del lavoro e non è una sua appendice.
Il cliente attraverso i reportage professionali viene a conoscenza non solo di informazioni tecniche ma dell’importanza che il professionista attribuisce alla cura del cliente ed al suo riconoscimento prima di tutto come partner.
La distinzione tra professionista e fornitore di servizi passa attraverso questa linea sottile.
Il professinista è lo stretto collaboratore, il fiduciario a cui viene attribuito il potere  di pensare per nome  per conto degli interessi aziendali e privati, quello a cui si conferiscono informazioni riservate per le quali l’indifferenza relazionale è incompatibile seppur lecita.
Le informazioni che escono dalle camera caritatis sono inesistenti, quelle che raggiungono l’obiettivo e realizzano un progetto sono invece succetti della partnership e aumentano la reputazione delle parti.
Per queste ragioni il bilancino tra privacy e comunicazione pubblica è un’arte prima che un’insieme di regole e tecniche.
Quando le relazioni tra professionista e cliente diventano partenariato o amicizia, allora è venuto il momento di consolidarle e spenderle nella comunicazione esterna.
Curare la pubblicazione del portfolio clienti e dei casi di successo è un’ottima pratica e serve prima di tutto per consolidare la loyalty.
In secondo luogo è la migliore promozione del proprio lavoro e incide perfetttaemnre sul posizionamento del brand perchè i primi contatti che porteranno saranno quelli che avranno le stesse esisgenze dei casi risolti e dei progetti portati a termine.
In tutti i reportage sarà importante fare emergere l’anima del brand , puntanto sul proprio codice etico e su quando si è speso in termini di coinvolgimento personale, culturale e sociale, meglio se accanto al business si è avuto cura di lavorare per il no profit, in modo diretto o tramite contributi.
La pratica dello storytelling è al tempo stesso coinvolgente ed efficacie per narrre imprese, business e persone.

Quale piattaforma è la migliore e la più efficacie?

Negli ultimi 10 anni gli strumenti social mediatici si sono decuplicati e trasformati, passando come camaleonti da una forma all’altra.
Per un professionista che voglia utilizzare la rete per fare pubbliche relazioni 2.0, acquisire nuovi clienti e curare il personal brand non deve necessariamente seguire le mode, i trend e gettarsi in sperimentazioni sperricolate.
Il suo target non una massa indistinta di potenziali consumatori ma un partner che seguirà magari per anni in una progettazione o nella risoluzione di casi o per curarne interessi o stato fisico e mentale.
Stiamo parlando di contesti seri, riservati e soprattutto personali.
Non c’è contesto più paradigmatico come quello del professionista dove devono venire applicate le regole d’oro della conversazione e della relazione, proprio quelle che si trovano da tempo nelle 95 tesi del Cluetrain Manifesto.
Considerando come esistente e ben strutturato il dominio corporate si deve costruire la presenza social nelle rete.
Il blog professionale è lo strumento attorno la quale costruire l’ecosistema professionale.
Nel blog si sviluppano le storie, le tematiche, i case study, le interviste, le schede metodologiche e via narrando.
Il blog diventando l’house organ dell’organizzazione diventa il punto di riferimento del professionista non soltanto per i suooi clienti ma per tutto il contesto di riferimento.
Nel blog non vi saranno solo resoconti ma anche materiali e segnalazioni che possono diventare utili a colleghi e aziende.
L’importanza della condivisione è alla base della trasmissione di un alto indice di reputazione, perchè sottende a concetti di autorevolezza e carisma professionale e sono gli stessi che aumentano l’indicizzazione ed il posizionamento nei motori di ricerca.
Attorno al blog ed al sito ufficiale la scelta deve cadere sulle piattaforme che permettono di relazionarsi con il contesto di riferimento che varia da professione a professione.
Le categorie che incidono principalmente nelle sfere private possono anche usare i social network generalisti come Facebook o Google plus, ma con strategie e stile connaturate all’immagine responsabile e rassicurante.
Il presidio e la scelta di temi e relazioni diventa fondamentale, la caduta di stile e di reputazione è sempre dietro l’angolo.
Le piattaforme più vicine ad un utilizzo prefessionale sono quelle Business come LinkedIN e Viadeo ma il loro pubblico è soltanto quello orientato alle relazioni intraziendali e interprofessionali e difficilmente accoglie la larga parte del pubblico. privato.
Una narrazione dei valori aziendali può essere fatto attraverso le piattaforme che permettono di pubblicare formati multimediali, come YouTube per i video o Flickr per i reportage fotografici.
Una strategia di comunicazione, infatti, non dovrebbe mai dimenticare che ogni presenza mediatica deve essere documentata e poi ridondata in rete con tutti i mezzi  disposizione.
I professionisti che vengono invitati a workshop, convegni, presentazioni e incontri politici non si devono limitare a vedere i loro interlocutori come quelli presenti all’evento ma a tutto il potenziale pubblico a cui può interessare la tematica affrontata e questo nel breve e nel lungo termine.

I social media possono essere utilissimi per 3 scopi fondamentali:
Brand awareness
: amplificare i valori professionali, l’autorevolezza e la visione strategica dei servizi erogati.
Personal brand: costruire e consolidare la reputazione, facendo emergere le specificità per deve cadere la scelta del cliente.
Brand territoriale: posizionarsi nel territorio di competenza ma anche nel contesto professionale e nelle relazioni con le associazioni di riferimento, politiche, culturali e sociali.

In conclusione un piano di comunicazione del brand professionale è un progetto professionale che ha obiettivi definiti ma anche un percorso complesso e in continua evoluzione, sia perchè il mercato è fluido, sia perchè ogni giorno nuovi strumenti ed opportunità si concretizzano.

Per qualsiasi informazione e consulenza una buona pratica potrebbe ssere quella di conversare con me, come social media manager e community manager posso capire le esigenze e pianificare in modo sartoriale il vostro progetto di comunicazione.

Questo post fa parte del materiale di preparazione dei temi dell’evento La scimmia nuda ed Internet, che stiamo organizzando per il 21 settembre a Torino – API.

Consiglio la lettura di  questa suite di articoli in inglese apparsi poco tempo fa su Social media Today, il contesto di riferimento è quello del legal marketing, tipicamente americano, ma le tematiche e gli spunti possono essere interessanti ed illuminanti.


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