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I protagonisti della settimana NBA: due squadre sul trono, i Raptors a Est e gli Spurs a Ovest

Creato il 21 gennaio 2016 da Basketcaffe @basketcaffe

A 2.320 chilometri ed un confine di distanza ci sono due città che stanno vivendo un periodo e, in generale, una stagione di grande basket. Toronto e San Antonio hanno le luci dei riflettori cestistici puntati addosso, l’una per provare finalmente sognare in grande, l’altra per confermare nuovamente la propria leggenda.
Seconda forza della Eastern Conference sono i Raptors, arrivati ad infilare una striscia di sei vittorie consecutive grazie ai successi in settimana contro Magic, Nets e Celtics, dopo aver superato la stessa Brooklyn, i Wizards ed i Sixers negli scorsi sette giorni.

DeMar DeRozan, Toronto Raptors - Immagini fornite da Panini SPA

DeMar DeRozan, Toronto Raptors – Immagini fornite da Panini SPA

Fondamentale è stato il rientro a pieno ritmo di un ottimo Jonas Valanciunas, autore di 15.4 punti e 10.6 rimbalzi di media nel corso del periodo vincente, escludendo la brutta prestazione contro Washington (7 punti e 3 rimbalzi), in cui però ha aggiunto ben 4 stoppate. Il lituano ha il miglior net rating di squadra, spingendo l’offensive a ben 110.9 punti ogni 100 possessi con lui sul parquet, un inedito per una squadra che risulta essere il 19esimo attacco complessivo in NBA. Per i canadesi sono certamente migliori i dati messi insieme nella metà campo difensiva, in cui risultano essere i quarti nella Lega, con appena 97.2 punti subiti a partita e 101.1 ogni 100 possessi, che scendono a 98.2 nel caso di Terrence Ross, il migliore nella statistica e non a caso partecipe di un quintetto clamoroso che, con protagonisti tra gli altri Bismack Biyombo, Cory Joseph, Kyle Lowry e Patrick Patterson, subisce appena la miseria di 78.6 punti ogni 100 possessi negli 89 minuti finora insieme in campo, con uno spaziale net di +28.4.

"We are the two best friends that anyone could have." https://t.co/GPU9BrJx12

— Toronto Raptors (@Raptors) 21 Gennaio 2016

Dei protagonisti appena citati è fondamentalmente uno, Lowry, insieme a DeMar DeRozan, il faro di Toronto. I due compongono una delle coppie di guardie più prolifiche e meglio assortite nella NBA attuale. Insieme scrivono 44 punti a partita, tirando con percentuali non certo memorabili, soprattutto da oltre l’arco (32.6%), ma aggiungendo alla causa anche un apporto di 9.5 rimbalzi, 10.7 assist e 3.3 palle rubate di media. Il siparietto a sfondo matematico vissuto dai due a Londra poco prima del successo contro Orlando, insieme con quello di cui sopra a seguito della vittoria contro Boston, dimostra come il rapporto tra i due sia ottimo anche fuori dal campo. L’All-Star Game casalingo potrebbe ospitarli entrambi come grandi protagonisti. Coach Dwayne Casey si è detto assolutamente soddisfatto della propria squadra e dei miglioramenti visti finora, dopo la regular season da record ed il disastro playoff dell’anno passato. Jeff Van Gundy ha definito questi Raptors: “la squadra più sottovalutata nella Lega“. Le 27 vittorie della prima parte di stagione, se ripetute, sarebbero il trampolino ideale per rilanciarli all’attenzione di tutti.

Straripanti Raptors, strepitosi Spurs. I texani sembrano non averne mai abbastanza e soltanto la stagione pazzesca vissuta finora dai Warriors è risultata migliore al momento. Undici vittorie consecutive, 36 nelle prime 42 partite stagionali, 24 senza sconfitte tra le mura dell’AT&T Center, in cui la squadra sta provando a riscrivere i libri dei record. Klay Thompson, che insieme a Golden State li affronterà tra qualche giorno in una delle sfide più incandescenti della stagione, li ha definiti “a monster“. Spulciando le statistiche, non viene difficile capire perché: sesto miglior attacco, 103.9 punti a partita e 108.3 ogni 100 possessi, con 25.2 assist di media, terzo miglior dato nella Lega, senza dimenticarsi ovviamente della miglior difesa assoluta, con appena 89.7 punti subiti a partita, che diventano la miseria di 93.3 ogni 100 possessi (+14.9 di net rating). Un quintetto con 453 minuti totali già all’attivo quest’anno, composto da Tony Parker, Danny Green, Kawhi Leonard, LaMarcus Aldridge e Tim Duncan, che gioca a memoria. Nel caso voleste aggiungere Manu Ginobili al posto di Green, in 87 minuti il net rating schizzerebbe a +23.5, con una produzione offensiva di 116.2 punti ogni 100 possessi su una percentuale reale al tiro del 54%.

E’ semplicemente più facile così, avere dei compagni che possono fare grandi giocate, compagni che possono vivere grandi partite“. Aldridge definisce così una soddisfacente prima metà di stagione vissuta a San Antonio. 16.1 punti e 9 rimbalzi di media sono statistiche certamente inferiori a quelle vissute negli anni a Portland, ma per il nativo di Dallas la questione fondamentale quest’anno era un’altra, racchiusa nelle parole del suo allenatore: “ciò che richiede tempo è adattarsi a tutti i nuovi compagni di squadra e capire come giocare con loro“, tanto più in un meccanismo tendente alla perfezione come quello di Popovich. Abbandonati egoismo ed isolamenti, Aldridge sta tirando più vicino a canestro e trovando soluzioni anche dal lato destro del campo, raramente esplorato nei Blazers. In una squadra in cui 11 giocatori segnano almeno 5 punti a partita, ma soltanto due superano i 15, è necessario un leader e, nel caso degli Spurs, risponde al nome di Kawhi Leonard. La sua clamorosa stagione da 20.1 punti (50% dal campo, 48% da oltre l’arco), 7 rimbalzi e 2 palle rubate a partita, con 93 punti subiti ogni 100 possessi nei 33 minuti di media per lui sul parquet, lo tiene ampiamente in corsa per il titolo di MVP. L’assurdità di questa regular season relega i texani al secondo posto in Western Conference. Quanto durerà, però?

 

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