Magazine Politica Internazionale

I punti di rottura di un’arte eclettica: intervista ad Alex Caminiti

Creato il 18 giugno 2015 da Jackfide

caminiti2
Poetico, innovatore, anticonformista
. Se le sue opere sono capaci di eludere ogni modello canonico, la sua personalità risulta essere senza dubbio affascinante. Ut pictura poësis, tanto metonimico nel linguaggio quanto geniale nell’arte, Alex Caminiti rappresenta l’icona del talento che riesce a fare poesia dall’unione degli elementi disorganici. Le sue collezioni, ribattezzate sotto il ciclo ‘punti di rottura’, rivelano la tecnica utilizzata, nella creazione di forme vive, combinando i diversi materiali policromi; come l’alluminio, il rame lo smalto e le pietre. I tratti marcati e incisivi delle sue tele potrebbero rievocare il periodo post-cubista degli anni cinquanta, animato da interpreti del calibro di Antonio Corpora e Titina Maselli. Allo stesso tempo, Caminiti dimostra di riuscire a muoversi spigliatamente tra scultura, pittura ed espressionismo astratto. Se l’evento organizzato per il lancio della nuova Ducati Monster nel 2014, in cui l’artista messinese ha dipinto dal vivo il corpo di Flavia Vento, non bastasse ad evidenziare la capacità di Caminiti di passare dalla pittura su tela all’action painting, occorrerebbe citare le numerose esposizioni svolte in giro per il mondo: Shangai, Hong Kong, Dubai, Londra, Stati Uniti. E poi Parigi, dove nell’ottobre 2014 ha partecipato alla quattordicesima edizione di Art Shopping presso il Carrousel du Louvre, presentando due smalti su piastra in metallo. Dalle Alpi alle Ande, tra realtà e utopia, la capacità di realizzare capolavori attraverso l’uso delle leghe ferrose è arrivata anche in Cile; dove, in occasione della “Bienal del Fin del Mundo” che ha avuto luogo nella città di Valparaiso dal 31 gennaio al 31 marzo di quest’anno, Caminiti ha compiuto una serie di sculture in ferro ispirate alle forme simboliche e mitologiche del popolo dei Rapa Nui dell’isola di Pasqua.  Infine, tabula gratulatoria, vanno menzionate le due opere della serie ‘Punti di rottura’ battute a Londra dalla casa d’asta inglese Christie’s, non male per celebrare il profilo autodidatta di questo ‘poeta’ eclettico, che a 38 anni ha già scalato diverse vette del mondo dell’arte; a cominciare da quella del vicino Etna, come testimonianza del legame che lo unisce alla sua terra, la Sicilia. Da qui, l’idea di trasformare in un monumento civile la carcassa dell’auto in cui viaggiava Giovanni Falcone con la moglie, Francesca Morvillo, e la sua scorta, che comprova a tutt’oggi la piena consapevolezza sociale del suo animo creatore, i cui spunti possono essere rintracciati nel seguente dialogo intervista:

Giacomo Fidelibus: La tua arte, conosciuta come Punti di rottura, descrive la maniera di lavorare con metalli, pietre  e smalti. Com’è possibile ottenere delle forme vive combinando materiali solidi, come l’alluminio e la colla? Dove si trova il punto di rottura?

Alex Caminiti: Ogni volta che mi chiedono come dipingo rispondo semplicemente che guardo, osservo e riporto. È quello che faccio. Non esiste un vero e proprio punto di rottura. Avviene che in questo passaggio, senza capirne bene il motivo, le persone diventano sensazioni, impressioni, e poi oggetti o paesaggi, ora bottiglie a contenerli, invisibili e sconosciuti, ora drappi candidi, ora pesche, solo perché me ne evocano la florida pienezza, ora freddi spigoli duri. E poi viene da chiedersi, che cosa possono i singoli elementi nel confronto con l’uno?

G.F.: Dopo aver fatto conoscere il tuo talento in diverse capitali del mondo, quest’anno hai toccato l’America del Sud, partecipando alla Bienal del Fin del Mundo, che si è tenuta tra la Terra del Fuoco in Argentina e la città cilena di Valparaiso. Le tue opere hanno contributo ad arricchire i temi sociali e onirici sui quali è stata improntata la manifestazione, dove tra l’altro hanno partecipato artisti di livello mondiale, come l’australiana Tracy Moffat. Quanto è stato importante trovarsi li’?

A.C.: Tanto. Innanzi tutto perché, come hai detto tu, si è trattato di un evento mondiale, tenuto sotto la direzione artistica di Massimo Scaringella, alla quale hanno partecipato 150 artisti provenienti da 35 paesi dei cinque continenti. Trovarsi li’ è stato decisamente importante. Il tema dell’edizione di quest’anno era “Contrasti e Utopie” e lo spazio scelto per l’installazione delle opere d’arte è stato il Parque Cultural, dove un tempo risiedeva un carcere in cui venivano imprigionati gli oppositori al regime di Pinochet. Inoltre, per la prima volta la manifestazione si è tenuta di fronte al pubblico cileno.  E’ stata dunque una grande occasione di confronto artistico. Un “punto di unione” e di incontro tra la popolazione e le proprie radici. Per questo ho scelto di realizzare otto installazioni ispirate alle figure mitologiche del popolo Rapa Nui, originario dell’Isola di Pasqua, Tra l’altro, mi preme evidenziare che tali opere sono state costruite con la collaborazione dell’Università di Belle Arti di Valparaiso.

G.F.: Esattamente un anno fa, hai avuto l’opportunità di curare la serata dedicata al Monster 821 della Ducati. Per l’occasione, hai messo alla prova un’altra mescolanza di arti; dalla shadow art, che ha visto proiettare delle luci sulle componenti del monster, all’action pantining, segnato dal momento in cui ha dipinto il corpo di Flavia Vento. Qual è il significato del punto di rottura in questo caso? E’ giusto parlare, di converso, di ‘punto di contatto‘ tra design motociclistico e arte?

A.C.: Credo che il mondo sia fatto di passione, fuoco, terra, carne, che sia rosso e giallo, marrone scuro tendente al nero, con tratti bianchi alternati. Cosi’ come non esiste un vero e proprio punto di rottura, non esistono dei punti di contatto, poiché tutto fa parte dello stesso universo. È un universo così pieno che si sente l’esigenza ora di raccoglierne l’anima folle e rapsodica, usando corde e colori che cedono alla gravità del basso, ora di definirne i contorni precisi. E poi vedo una una donna, dalle caviglie e dai polpacci sottili, ossuti, le sue rotondità più in alto incarnano la figura. Mentre la dipingo è come se la toccassi e mentre la tocco è come se la dipingessi, scolpendola con le mani ed il pensiero. Pura creazione.

 G.F.: Spostiamoci a Parigi. Qui, nel 2014, la Federazione Nazionale di Artisti in Italia ti ha selezionato per partecipare al Carrousel du Louvre, dove i tuoi quadri sono stati esposti per circa una settimana. Dopo le esposizioni svolte negli Stati Uniti e in Cina, la tua arte è stata consacrata in uno dei musei più prestigiosi al mondo. Anche in questo caso, è stata premiata la tua maniera di fare arte tra cubismo, futurismo e neorealismo. Come si congiungono questi tre differenti stili con la tecnica dello smalto su tela?

A.C.: Non dipingo nè per seguire uno stile nè per interpretare una tecnica. Faccio arte per le persone, perchè mi affascina affascinare la gente. E poi un’opera d’arte vuol dire tante cose. Tante quanti sono gli occhi che la osservano in orgasmico stupore. Quello che questi occhi non sanno è che sono io a guardare loro, in verità, da dentro quelle tele. Io ci sono sempre. In ogni contrasto di luce. In ogni ombra o fascio luminoso, volto o ruga. A volte nascosto, in un angolo. La gente non capisce più le cose semplici, e poiché non le capisce le spaccia per complesse. Restano intrappolati. Ma io non gioco alle loro regole. Li osservo come fossero una razza difforme dalla mia. Ed alla fine il mio unico modo per capirli è dipingerli. Così passano dal mio filtro. Assumono la forma del mio sguardo.

G.F.: Nel 2013 le tue opere sono state batture da Christie’s. Che effetto fa vedere le proprie realizzazioni valorizzate dalla casa d’asta più famosa al mondo, insieme ai quadri di Gattuso, Picasso e Carrà? Come interpreti la relazione tra il successo professionale la passione artistica?

A.C.: Indubbiamente sono innamorato della passione, soprattutto quando essa cresce. E mi trovo a ragionare, eppure, di altri mondi. Non mi importa che le mie opere viaggino, cambino padrone, poiché io ne possiedo la chiave.

La relazione tra professione e passione è il mio tormento. Si, perché la passione non è solo vitale, quasi sessuale, giocosa e attiva forza. È anche quello che ti rende così differente da stentare a riconoscerti, a volte. Quasi violento. Guardo, a volte, mentre dipingo, le antiche cicatrici sulle mie mani.

G.F.: Da messinese e siciliano, recentemente hai proposto il progetto di trasformare in un monumento la carcassa dell’auto in cui viaggiava la scorta di Giovanni Falcone. Quanto è importante il legame tra l’arte e il tema della memoria civile?

A.C.: Ho sempre creduto che niente finisse qui, oggi, adesso, come ieri. La nostra carne é solo un breve passaggio, il nostro spirito sarà più forte e più puro come l’aria, limpido come l’acqua, come gli angeli. Gli stessi angeli che hanno onorato la propria vita per un ideale. Avverso profondamente il nichilismo e detesto l’idea che il nulla pervada il tutto. Non è così. Amo pensare che un gesto, una carezza o un’importante testimonianza di coraggio possa vivere per sempre.

G.F.: Nell’ultimo periodo la tua arte si è dedicata all’urbanistica. Nello specifico, il comune di Foggia ha deciso di modificare l’assetto della superstrada A77 nell’ottica di valorizzare la storia della città. E in tal senso, le rotatorie avranno una capitolo fondamentale nell’idea di realizzare un percorso museale all’aperto. Potresti spiegare i dettagli della sua Land Art e il significato storico dell’opera“Aquainsignique”?

A.C.: Ho preso in consegna il progetto della quarta rotonda della superstrada, la R4. Sia a me che all’artista Antonio Barbagallo è stato chiesto di creare un corso museale all’aperto, che prendesse ispirazione dagli elementi storici pertinenti alla città. Acquainsignique, in questo caso, rievoca le origini e la tradizione foggiana delle tre fiammelle, che sono ritratte anche nel gonfalone della città. Il monumento si compone di tre lame d’acciaio verticali delle dimensioni di 9 metri di altezza e tre metri di larghezza, che saranno rifinite con smalto color rosso fuoco. Nell’opera finale, le tre forme emergeranno da uno specchio d’acqua. Decisamente molto tecnico.

G.F.: Restando sempre sul tema del sociale, quest’anno il Carrousel del Louvre offrirà i propri spazi alle opere di un’altra artista italiana, Vesna Pavan, impegnata sulla sensibilizzazione contro la violenza sulle donne. Cosi’ com’è stato per il cinema, anche per l’arte l’impegno di denunciare le deviazioni della società si manifesta indispensabile per la costruzione di una nuova, auspicabile, realtà. Non hai l’impressione che le istituzioni italiane facciano troppo poco per valorizzare i propri talenti artistici?

A.C.: Non esiste una ricetta magica ai problemi congiunturali. Personalmente mi è sempre mancato di sentirmi parte di qualcosa. E’ come crescere senza una famiglia, sapendo invece di averla. Quando non sei orfano. Quando lo diventi. Anche se tecnicamente non è vero. Perché si deve fare così, e non c’è altra scelta. Queste sono le sensazioni che respiro quando penso al concetto di istituzione. In ogni caso vivo sorridendo, dando tutto. Donarmi, il mio corpo, la mia mente, la mia arte. Amare. Quello che so fare meglio. Godere del mondo e che il mondo goda di me, senza lesina, generosamente e totalmente, fino all’ultima goccia, di sangue, di colore, di seme, di sudore. Questo mi dà la felicità adesso. Ma non domo. Non ancora. Non possiamo sicuramente dirci soddisfatti. Forse mai smetterò di avere questa fame. Non di qualcosa, ma di tutto. Bisogna sempre ambire e pretendere il massimo dalla vita, cosi’ come da coloro che hanno i mezzi per rendere amabile e proficuo il rapporto tra la vita e l’arte.

G.F.: Quale sarà il tuo prossimo punto di rottura? Su cosa stai lavorando in questo periodo?

A.C.: La prossima esposizione si terrà a Milano, il 9 luglio dalle 19:00, presso la Galleria Bianca Maria Rizzi.

Giacomo Fidelibus
Tribuna Italia



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :