Un panorama della mia vita, febbraio 2011
Io c’ho la fortuna di avere un papà filosofo. Lo penso da un buon decennio, forse due. Così capita che stavo dillà a elencare come di consueto tutte le possibili strade (anche note come: “caciotte“) dell’immediato futuro da qui a sei mesi, quando terminavo col riflettere: “Insomma, sono pieno di punti interrogativi e non so proprio cosa succederà da qui a settembre”. Il dottorato canadese potrebbe essere finito, o forse no (la tesi sostanzialmente è scritta, mancano solo delle correzioni minori, ma d’altro canto potrei/dovrei anche aggiungere un nuovo capitolo per renderla più corposa, anche se siamo oltre le 300 pagine). Ho fatto delle domande di lavoro, di posdottorato e per un secondo dottorato con borsa, non si sa mai. Potrei vivere in Canada o forse negli USA, o in UK e in diverse carriere (accademica, giornalistica, d’insegnamento scolastico ecc.). Proprio in conseguenza di queste e molte altre variabili consideravo che l’unica cosa certa qui e in questo momento sono i punti interrogativi.
Lì il babbo ha risposto: “E a te questa cosa dei tanti punti interrogativi non piace.”
E io: “Beh, mette una certa ansia.”
E lui: “Ah ma il bello della tua età è proprio di essere ricchi di punti interrogativi. Quando avrai solo certezze comincerai a invecchiare.” O una cosa del genere.
Glom. Già, sarà come dice il babbo. Solo che la mia generazione è cresciuta con esclusivamente punti interrogativi, e ogni tanto qualche punto fermo non ci farebbe mica schifo.