La nuova puntata riguarda l’annuncio che gli oltre tremila sfortunati che stanno vivendo questa vicenda tragicomica si vogliono organizzare tutelandosi con una serie di denunce contro il Governo ed il ministro Fornero.
L’ accusa è di danni morali e materiali causati dalle molteplici vicissitudini, sentenze, annunci altalenanti, contraddizioni che hanno minato l’equilibrio psicofisico di coloro che hanno vissuto questa esperienza e potrebbero ottenere risarcimenti decisamente più alti rispetto ai risparmi previsti ed ottenuti con il loro stop alla pensione. Allontanare di ben tre anni, ma anche quattro, o nel caso di alcuni addirittura di sei anni, il pensionamento risulta quindi dannoso e grave per la salute e per l’equilibrio psicofisico di questo personale, dopo soprattutto avere raggiunto, avendola quindi a portata di mano, l’agognata soglia della quiescenza.
I docenti che rientrano nella quota 96 sono coloro che hanno i requisiti dei 60 anni di età e 36 di contributi che entro il 31 agosto potevano andare in pensione prima dell’avvento della nuova riforma firmata Fornero, che ha negato loro un diritto già acquisito. A tal proposito Ferdinando Imposimato, magistrato di vaglia e Presidente onorario della Corte di Cassazione ha scritto una interessante lettera che perora la causa di questi lavoratori discriminati. La riforma Fornero, infatti, ha creato una palese ingiustizia, con un errore tecnico che sta penalizzando oltre tremila operatori della scuola ( bidelli, presidi, Ata, docenti etc). “ L’errore – dice Imposimato- è contenuto in una norma di salvaguardia che esclude dagli effetti della riforma i lavoratori che possano vantare i requisiti maturati fino al 31 dicembre 2011. Questa data unica è in contrasto con quella prevista per l’uscita dei pensionamenti del personale della scuola, che si basa, per garantire il buon funzionamento dei processi educativi e didattici, non sull’anno solare ma sull’anno scolastico. Infatti i pensionamenti del Comparto Scuola sono regolati ancora, non essendo stato abolito, dall’art. 1 del D.P.R. 351/1998, che vincola la cessazione dal servizio all’inizio dell’anno scolastico o accademico successivo alla data in cui la domanda è stata presentata”. Ma l’errore evidente del Governo e del Ministro che potrebbe portare a pagare cifre ben maggiori rispetto ai risparmi che ne potevano conseguire è evidenziato da un’altra norma: “ L’articolo 59 della Legge 449/1997- aggiunge ancora Imposimato- recita che il personale del comparto scuola resta fermo riguardo, ai fini dell’accesso al trattamento pensionistico, all’anno scolastico, cioè che la cessazione dal servizio ha effetto dalla data di inizio dell’anno scolastico e accademico, con decorrenza dalla stessa data del relativo trattamento economico nel caso di prevista maturazione del requisito entro il 31 dicembre dell’anno”. Per questo ora nelle varie province i sindacati stanno organizzando un ulteriore ricorso che in virtù delle norme messe in luce dal professor Imposimato, il personale scolastico, che poteva vantare requisiti maturabili al 31 dicembre 2011, era già in pensione o avrebbe comunque potuto ottenerla indipendentemente dalla ‘norma di salvaguardia’ della ‘Riforma Fornero’ ed essendo il 31 agosto la data di chiusura dell’anno scolastico gli stessi diritti vanno estesi a tutti coloro che hanno maturato questi diritti entro il 31 agosto del 2012. Intanto queste 3500 persone stanno lavorando dal primo settembre pur dovendo già essere in pensione. Oltretutto fra loro vi sono anche degli invalidi civili e quindi la questione diventerà davvero ancora più pesante per Governo e Ministro. “Ormai- dicono al sindacato Snals di Genova- la questione è di natura costituzionale. Le sentenze favorevoli ai Quota 96 hanno messo in evidenza che è stato violato anche l’art 3 della Costituzione per cui tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge e la mancanza di risorse finanziarie non può essere giustificazione di un diritto leso. E’ accaduto che, per la prima e unica volta nella storia dei penisonamenti scolastici che i lavoratori interessati non hanno potuto far valere i requisiti pensionistici maturati nel corso dell’ anno scolastico cui sono vincolati per legge. Inoltre il Governo è soggetto, come organo supremo della Pubblica amministrazione, compresa quella scolastica, al principio fondamentale del buon andamento e della imparzialità stabilito dall’ articolo 97 della Costituzione. Ora attendiamo che il Governo riconosca di aver commesso un errore e lo corregga”.
Adalberto Guzzinati