All’angolo di piazza Mazzini c’era la sezione socialista e, due porte dopo, quella del Partito Repubblicano di cui ero stato da poco eletto segretario cittadino. I due partiti avevano governato il paese insieme per tutti gli anni ottanta ma, già nel ’90 vicende politiche complicate avevano fatto sì che si ritrovassero uno in maggioranza e uno all’opposizione. Così, considerandosi vicendevolmente non proprio dei traditori ma qualcosa di simile, ci si guardava un po’ storto e, quando capitava che ci fossero delle riunioni concomitanti, nonostante la vicinanza delle sedi, ci si evitava come la peste.
La sezione repubblicana aveva in vetrina un’insegna luminosa quadrata con rappresentata l’edera che, però, non si accendeva più da tempo immemorabile perché c’era un contatto che non funzionava da qualche parte e nessuno sapeva metterci le mani. Una sera che ero solo fuori della sezione ad aspettare che arrivassero gli altri del direttivo per iniziare la riunione passò Peppe che disse: “Ma di che razza di partito scalcinato di sei fatto eleggere segretario che manco vi funziona l’insegna”. In effetti, la loro, fatta come la nostra ma raffigurante il garofano, era bella e accesa tutte le sere. Risi e risposi che non funzionava e che non potevo farci nulla. E Peppe: “famme vedè” ed entrò nella sezione “nemica” estraendo dalla tasca posteriore dei jeans un piccolo cacciavite. Si mise ad armeggiare con la spina e la presa, smontò il tutto, lo rimontò e, in men che non si dica, l’edera brillava né più né meno come il garofano poco più avanti. Ero un po’ confuso perché non mi aspettavo un intervento tecnico gratuito ed estemporaneo da parte di un nemico socialista e dissi a Peppe che non sapevo come ringraziarlo. Egli, con la faccia imperturbabile che lo contraddistingueva e la sua voce ben impostata rispose: “Vedi? Questo è quello che intendo io per socialismo”.