Ebbene, c’erano i loro figli sul palco. I loro nipoti, gli amici dei figli, ragazzi dagli undici ai quattordici anni che, per una volta, davano il loro meglio e si impegnavano in qualcosa che non fosse la play station o il computer. E il pubblico, invece di prestare la massima attenzione, il sommo rispetto che si deve a chiunque sta lavorando per te, in particolar modo quando questo chiunque è un adolescente in cerca di approvazione quando riesce a fare qualcosa di positivo, il pubblico, dicevo, chiacchiera. Non sta zitto un minuto. Ma non è un bisbiglio, non è un mormorio sommesso, è una confusione pazzesca, pareva la fiera di San Serafino all’ora di punta.
Ma io mi domando, se non ve ne frega niente, che ci siete venuti a fare? C’erano due bionde poco davanti a me. Solo per fare un esempio, ben inteso. Bionde o more, pelati o capelloni era tutto in chiacchiericcio se non uno sbraitare. Le bionde, comunque, hanno parlato talmente tanto, si sono confidate tutti i segreti o raccontate barzellette, che so, che stavo per andare a comprar loro un po’ d’acqua tanto mi ero preoccupato per la naturale secchezza delle fauci che deriva dal tanto parlare. Ma andate in piazza a parlare! E rispettate questi ragazzi. E rispettate anche me, che li voglio seguire.
Non mi sorprendo più delle macchine parcheggiate sui marciapiedi, di quelli che non si fermano davanti ad un pedone sulle strisce, di quelli che portano il cane a fare i bisogni nei giardini e lasciano il tutto a concimare il selciato. Ma di questo ancora mi sorprendo. Perché se non si rispettano nemmeno i propri figli allora davvero non si ha rispetto per nessuno.
Luca Craia