I romanzi di Stefania Bertola – Antidepressivi in forma cartacea!

Creato il 12 febbraio 2014 da Loredana Gasparri
Qualche tempo fa, scrissi sulla pagina Facebook del Furore che avrei iniziato la collezione dei libri di Stefania Bertola, dopo averne iniziati due, Neparliamo a cena e Ragazzemancine. Pochi giorni dopo il mio desiderio si è concretizzato tutto in una volta: un’amica gentilissima me ne ha portati una schiera, che io ho divorato in fretta. Ne manca uno all’appello, ma è solo questione di tempo. E poi toccherà a Auster, Gaiman, Pratchett e a tutti gli altri dell’infinita lista. Tornando ai libri di Stefania Bertola. Li ho adorati tutti. Hanno funzionato grandemente da antidepressivo, mi hanno divertito, mi hanno fatto imparare nuove espressioni colorite di linguaggio. Non sono esenti da difetti, tuttavia. Appena li prendi in mano, ti risucchiano nel loro mondo, e anche se abiti a Torino, ti pare di ritrovarti a Narnia, appena esci fuori dall’armadio. Ripercorri con stupore vie  e piazze che prima nemmeno riuscivano a strapparti un cenno distratto. Ti portano di peso a conoscere le protagoniste delle loro pagine, soprattutto donne. Sono presenti anche gli uomini, ma sono in minoranza, e spesso stupidi come biglie, o infingardi e traditori peggio di Don Giovanni. Ti appassioni alle loro vicende, ti riconosci nelle protagoniste o riconosci qualche amica squinternata nelle loro fattezze, segui passo passo i loro pensieri, le loro azioni, stringi amicizia, suggerisci, dai consigli, ti arrabbi...e loro finiscono. Purtroppo, è un grosso difetto che li accomuna, e non saprei proprio pensare ad una soluzione. Quale mi è piaciuto di più? Non so dirlo. Quale mi è piaciuto di meno? Non so dire nemmeno questo. So che ammiro moltissimo l’inventiva e lo stile di Stefania Bertola, che sa mettere realismo, surrealismo, cinquanta sfumature di ironia e sarcasmo, vivacità, intelligenza, dinamismo nei suoi mondi di carta e ne fa altrettanti gioiellini originali. Iniziamo a guardarli un po’ più da vicino.
Biscotti e sospetti. Mi sono sempre chiesta il significato del titolo. Non c’entrano pasticcerie (che saranno protagoniste di un altro romanzo), e i biscotti ogni tanto fanno capolino, come cibo preferito di bimbe e di madri e donne in cerca di conforto. Quando ho scoperto, verso la fine, a che cosa si riferisce,  mi sono rotolata a terra dalle risate. Non lo rivelerò mai: leggete il romanzo e divertitevi con la vita surreale di due sorelle, belle e diverse come notte e giorno, Violetta e Caterina, mentre tentano di realizzarsi e di destreggiarsi tra una pletora di vicini di casa, amanti sbagliati, titolari di negozio svampite. Violetta è commessa in una libreria, un’anima tranquilla e un po’ svagata, immersa nei propri pensieri, poco dinamica. Caterina è sempre in movimento, assorta e coinvolta in commerci alquanto bizzarri e originali, che fanno da contorno alla sua professione principale, sarta per bambole gonfiabili. Questo gustoso bocconcino di particolare non smette di farmi ammirare la fervida immaginazione dell’autrice.  Con Violetta svilupperete pazienza (ha i suoi ritmi magari più rallentati, ma è tanto cara), ma amerete Caterina per la sua audacia e la sua totale mancanza di ripensamenti, paure, senso del ridicolo. A neve ferma. Qui la pasticceria diventa l’anima, la meta, la grande presenza ingombrante. Emma è un’abilissima pasticcera che lavora in un’antica e affermata pasticceria di Torino, la Delacroix. Si innamora, ricambiata per almeno tre giorni, del figlio del titolare, pasticcere altrettanto abile e affermato, che poi decide di lasciarla per fidanzarsi con un’attrice francese di cui è perdutamente fan dall’adolescenza. Inizia una vicenda vorticosa intorno a questa storia d’amore naufragata anzitempo, finendo per coinvolgere altre lavoranti della pasticceria, un concorso internazionale di grandissimo prestigio, una figlia segreta non troppo desiderata, e un antico e indecifrabile quaderno di ricette, vero e proprio Graal della cucina. Riderete dall’inizio alla fine e se non siete golosi, lo diventerete. Scordatevi MasterChef, Il Boss delle Torte, Hell’s Kitchen: la personalità surreale di Bianca, amica e aiuto-pasticcera di Emma, e di Camelia, svampita figlia segreta del titolare Delacroix potrebbero liquidare Bastianich in pochi secondi, senza difficoltà. Aspirapolvere di stelle. Le Fate veloci sono un’agenzia  sui generis costruita sui talenti di tre donne giovani, Ginevra, esperta di giardinaggio ed arredamento, Penelope, indefessa pulitrice sempre vittoriosa sullo sporco di ogni genere, Arianna, cuoca esperta e fantasiosa. Intervengono rapide e veloci come le tre fate di Biancaneve nelle vite di manager, insegnanti, casalinghe frettolose per risistemare terrazzi, ripulire le tracce di feste e festini prima dell’arrivo di coniugi e genitori, inventare cene etniche e d’effetto all’ultimo minuto per schiere di invitati. Sono amiche, efficienti ed affermate, ciascuna provvista di una vita sentimentale più o meno presente, completa o appagante. La loro vita, lavorativa e personale, viene sconvolta quando devono occuparsi della villa di un affermato scrittore, Filippo Corelli, di soggiorno a Torino per scrivere l’ultimo romanzo. L’uomo, seduttore seriale, coinvolge due di loro in un gioco complicato di seduzione e desiderio, mentre la terza, completamente impervia ai risvolti psicologici dei rapporti uomo-donna, trova un amore del tutto inaspettato. Vi arrabbierete un po’, soprattutto con lo scrittore fanfarone e fedifrago, e con le due fate propense a cadere nella sua rete, ma nello stesso tempo riderete come matti. L’amore, e il sesso, per Stefania Bertola, non sono mai questioni banali e lineari.La soavissima discordia dell’amore. Titolo shakespeariano e suddivisione in capitoli shakespeariana, presi dai sonetti del Bardo, per un romanzo che fa del surreale la sua bandiera, in misura maggiore, persino, rispetto ai precedenti. Ancora una volta, quattro donne protagoniste, di cui tre ex-compagne di liceo, Agnese, Emilia e Margherita, e in più Teresa, collega di quest’ultima. La prima torna “dalla Cina con furore” perché il suo fidanzato la lascia improvvisamente per sposare due sorelle cinesi. La seconda è moglie di un medico che lavora per un’associazione umanitaria in Kivu, che si è costruito una famiglia parallela con un’infermiera spagnola; per quanto poco propensa ad accettare la situazione, non riesce a decidersi per il taglio netto e definitivo. Margherita, bella ricercatrice universitaria, manda a monte il suo matrimonio per un violoncellista italiano, altro seduttore seriale, di stanza a Vienna, che la chiama solo in caso di bisogno, carnale o meno. La quarta è ad una settimana da un matrimonio che vorrebbe tanto annullare, d’accordo con il fidanzato: lei non lo ama più, lui ha un’altra. Non è così facile poiché le famiglie di provenienza morirebbero di dolore, di fronte a questa eventualità. In mezzo, una compagnia teatrale di dilettanti, di cui fa parte la stessa Emilia, capitanata con terrore da un regista completamente pazzo, Rocco  Rotella, che mette in scena uno spettacolo delirante, Shakespeare in cucina. Gli ingredienti bizzarri ci sono tutti per una storia fuori da ogni logica, ma perfetta e reale perché può accadere che nelle nostre vite di carne  si srotolino vicende assurde, e anche tanto divertenti.
...vi sentite tristi? Ecco la soluzione: alzatevi e procuratevi i libri di Stefania Bertola! J

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