Quello che molti ignorano è il ruolo chiave che hanno avuto i sardi nell'esito della battaglia del 7 Ottobre 1571.
Ma andiamo con ordine.
La battaglia che assunse il nome di "battaglia di Lepanto" vedeva contrapposte le nazioni cristiane del mediterraneo occidentale contro il grande impero ottomano.
L'impero Ottomano era talmente potente da richiedere l'attacco congiunto di diverse forze cristiane: Spagna, Venezia, Genova, lo stato pontificio (che finanziò il tutto), i savoia, il granducato di Toscana e i cavalieri di Malta. L'alleanza cristiana era capitanata da Don Giovanni d'Austria.
Don Giovanni d'Austria è noto sopratutto per la sua carriera militare, infatti venne scelto come comandante della flotta cristiana.
Il comandante aveva la possibilità di scegliere fra 26 mila militari (maltesi, spagnoli, genovesi e veneziani, fra cui c'erano 3 mila nobili) per comporre l'equipaggio della nave amiraglia, le sue guardie del corpo insomma. Un corpo d'elìte, che doveva dare al nobile la certezza che sarebbe stato all'altezza del compito.
La scelta cadde sui sardi, 400 archibugieri reclutati dagli spagnoli nel tercio di cerdena (non so come si inserisce quel carattere), che avevano impressionante il brillante stratega durante alcune battaglie marittime.
E la scelta fu più che azzeccata: i sardi erano dei grandi guerrieri, e respinsero diversi attacchi alla nave ammiraglia. Furono loro che assaltarono tre volte la nave ammiraglia ottomana, dove il comandante Mehmet Alì Pascià rimase ferito.
In seguito venne ucciso da un perfetto colpo di archibugio da uno dei militari sardi, e la sultava venne conquistata.
La morte del comandante è sempre un durissimo colpo per un esercito, che infatti si ritirò dopo una sonora sconfitta. L'intervento dei sardi è stato decisivo, e in segno di gratitudine Don Giovanni d'Austria lasciò il vessillo della sua nave ai sardi, che la portarono alla chiesa si san Domenico di Cagliari, a dimostrazione del ruolo chiave avuto dai sardi in quella storica battaglia.
Il vessillo si trova ancora li, esposto in una teca, un pò sbiadito dal tempo, ma sempre testimone del coraggio dei sardi