No: Augias racconta di quell'Italia misteriosa, perché poco conosciuta. Storie del nostro passato e personaggi famosi e meno famosi che ne hanno fatto parte; monumenti, tombe, affreschi, teatri. Ma anche libri, opere teatrali, film, poesie.
Esiste un'Italia che forse non conosciamo a sufficienza (la tomba di Tasso dove leopardi si commosse, il convento dei cappuccini con le mummie a Palermo, la cappella Scrovegni con gli affreschi di Giotto) ma che è ricca testimone del nostro passato, della nostra storia. Che hanno sì che noi italiani oggi siamo gli italiani che siamo.
E' questa la domanda che l'autore si fa ad inizio lettura: come siamo arrivato ad essere il paese che siamo, oggi?
Per rispondere a questa domanda, Augias ha ripercorso parte dell'Italia andando a fare una indagine storica, antropologica, sociale.
Per arrivare ad una risposta, Augias parte da due punti di vista: come sono visti gli italiani dall'estero, e come noi italiani ci vediamo dal di dentro. E dunque, come mai gli stranieri ci giudicano in modo così contraddittorio?
Da una parte l'Italia come paese della bellezza, patria dell'ingegno, dell'arte, della buona cucina e del bel paessaggio.
Dall'altra il giudizio su noi italiani, non sempre del tutto veritiero. Un popolo di furbi, indolenti, pigri, traditori, oziosi. Capaci di grandi slanci temporanei per un tumulto, una piccola sommossa, ma incapaci di portare avanti una vera rivoluzione (o un vero processo di cambiamento).
Come diceva il giornalista Enzo Biagi, il leader dell'ultima rivoluzione (?) fatta in questo paese, ha raggiunto i presunti insorti con comodo in treno, la mattina seguente.
Era Benito Mussolino nell'ottobre 1922.
La patria del diritto romano, ma anche il paese dove spesso ha governato la tirannide, che ha calpestato diritti e principi di libertà.
Racconta Augias che "Se si passa alla storia, la verità è forse peggiore: per fare crollare le tirannidi e far sorgere la libertà, in Italia c'è stato spesso bisogno di un aiuto straniero; nel paese delle massime libertà spicciole, praticate da molti fino all'arbitrio e all'abuso, le grandi libertà civili, quelle che garantiscono agli individui l'esercizio dei diritti, sono state per lunghissimi periodi, compresi i nostri giorni, trascurate e offese."
pagina 265
Augias, nel capitolo dedicato a Venezia, cita l'episodio del Ghetto, dove la Serenissima aveva rinchiuso tutta la popolazione ebraica. Una vergogna cui solo l'invasione napoleonica aveva messo fine. Invasione che però racconta anche dell'inettitudine dei governanti di Venezia:
"Samuele Romanin nella sua Storia documentata di Venezia: «Tempi di estremo avvilimento sotto l'aspetto illusorio di indipendenza [..]; tempi in cui tutto volevai innovare e i reggitori della cosa pubblica, illusori o ingannatori, gareggiavano nelle vaste declamazioni, facevano del governo un teatrale spettacolo». "
pagina 259
Era il 1797, e Venezia abdicava all'arrivo dell'esercito francese (che poi avrebbe chiuso il Ghetto e messo fine alla vergogna).
L'altra domanda, di riflesso della prima: come si vedono gli italiani da dentro? Qui l'autore da una sua spiegazione parlando dei due libri che più di altri raccontano l'italiano.
Sono "Cuore" di Edmondo De Amicis (che avrebbe dovuto forgiare gli italiani dopo aver fatto l'Italia insegnando l'etica e il senso dello Stato) e "Il piacere" di Gabriele D'Annunzio, che parla invece della ricerca del piacere, di passioni e tradimenti.
Due libri antitetici.
Dunque il nostro carattere, il nostro essere così italiani, si spiega solo grazie alla nostra storia, al nostro passato. Una storia di dominazioni e invasioni straniere, di governi imposti con la forza o quasi incapaci di creare consenso con la popolazione. Da questo nasce l'ostilità verso le leggi e lo stato. E poi c'è anche il nostro rapporto con la religione (un qualcosa nato per regolare le passioni, dice l'autore, come per gli dei dell'Olimpo nell'antica Grecia), fatto di ostentazione della religiosità esterna, di culto del sacro, delle reliquie. Piuttosto che di rispetto di valori e principi.
La scheda del libro:
"Leopardi l'ha percorsa a disagio, sballottato in una carrozza, Shelley ci ha lasciato la vita, Garibaldi la salute: è l'Italia, da tempo immemorabile vituperata e ammirata, un Paese che pensiamo di conoscere ma che nasconde in ogni città, in ogni suo angolo un segreto. Compreso il più sconcertante: come mai le cose sono andate come sono andate? Come ha potuto diventare, questa penisola allungata di sbieco nel Mediterraneo tra mondi diversi, allo stesso tempo la patria dei geni e dei lazzaroni, la culla della bellezza e il pozzo del degrado? Questo libro tenta una spiegazione in forma di racconto, accompagnandoci dalle cupe atmosfere della Palermo di Cagliostro all'elegante corte di Maria Luigia a Parma, dalla nascita del ghetto di Venezia alla eroica fiammata dell'insurrezione napoletana contro i nazisti. Nel suo racconto dell'antropologia italiana, Augias mette a confronto due libri antitetici come "Cuore" di De Amicis e "Il piacere" di D'Annunzio, ricorda le truci storie di briganti che affascinarono Stendhal, celebra la resurrezione postbellica di Milano attraverso le glorie della Scala e del Piccolo Teatro, ma constata anche la decadenza di una classe dirigente... Il risultato è il romanzo di una nazione, i cui protagonisti sono i luoghi, le opere, i monumenti, gli angoli oscuri del nostro Paese, le pagine della sua letteratura ma anche le storie esemplari terribili nascoste nelle pieghe della cronaca. Perché è la memoria della storia, dell'arte e del sangue - che fa degli italiani quello che sono."Dunque, il segreto per capire chi siamo, per sperare di correggere le parti peggiori del nostro essere (il rapporto con le istituzioni, l'estrema flessibilità coi principi etici) e andare a scoprire la nostra storia. Svelare i segreti dell'Italia da scoprire:
"Di tutti i segreti d'Italia questo è il meglio custodito e il più importante, un segreto che racchiude quasi tutti gli altri: come mai la storia della Penisola abbia avuto così poco a che fare con la storia della libertà.Il link per ordinare il libro su ibs.
Molti, me compreso, si sono posti più volte la domanda. Nessuno ha la risposta definitiva ma tra le ipotesi possibili quella che a me sembra avere maggior peso – torno a ripeterlo – è nelle celebri parole di Benedetto Croce rispondendo a chi gli chiedeva che cosa sia il carattere di un popolo.
Il carattere di un popolo, disse il filosofo, è la sua storia, tutta la sua storia. Se Croce ha ragione, lì dobbiamo cercare questo segreto, per imparare a riconoscerlo, e, chissà, in un domani, a correggerlo. Parole non nuove, più volte ripetute, tra gli altri da Ugo Foscolo che nell'orazione inaugurale all'Università di Pavia (22 gennaio 1809) conosciuta con il titolo Dell'origine e dell'ufficio della letteratura, ammoniva: «O Italiani, io vi esorto alle storie, perché niun popolo più di voi può mostrare né più calamità da compiangere, né più errori da evitare, né più virtù che vi facciano rispettare». Si può sperare che prima o poi l'esortazione venga accolta. "
La scheda del libro sul sito di Rizzoli.
Technorati: Corrado Augias