Fan Fiction su Twin Peaks. Sono 5 capitoli. Per vedere gli altri capitoli cliccate su:
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Il revolver le cadde di mano e, quando finì a terra, un tonfo sordo riempì la sala. Quando Laura realizzò di aver freddato il padre a colpi di pistola, una lacrima le scivolò lungo la guancia. Rimase immobile per qualche istante, come pietrificata. Osservò con gli occhi strabuzzati il corpo di Leland riverso sul parquet, il sangue che zampillava copioso dalla ferita. “Oh, papà”, proruppe la giovane, nascondendo il viso tra le mani. Quando udì distintamente il rumore di una chiave che veniva infilata nella serratura della porta d’ingresso, trasalì, si chinò ad afferrare la Magnum e si precipitò nella parte opposta della sala per gettarla nella pattumiera. Poco dopo Laura notò sua madre in cucina e andò da lei, singhiozzando. “Mamma, c’è stato… un incidente.” L’espressione divertita negli occhi di Sarah Palmer si trasformò in un’espressione corrucciata. “Dove?” “In salotto.” La donna corse nella vasta sala. Quando scorse il cadavere del marito nel bel mezzo della stanza, si portò una mano alle labbra. Soffocò un grido, poi proruppe in un pianto lento. Si girò verso la figlia. “Cosa è accaduto?”. Laura deglutì e strinse i pugni. Fece appello a tutto il suo coraggio. “Non lo so. Sono appena rincasata. Stavo per chiamarti, ma ora sei qui.” “Hai chiamato lo sceriffo Truman?” La ragazza scrollò il capo, lentamente. “No, non ancora”. Donna Hayward suonò il citofono di casa Palmer. Pochi istanti dopo una voce rotta dal pianto gracchiò nell’apparecchio. “Chi è?”. “Sono Donna, Donna Hayward”. Quando la serratura della porta d’ingresso scattò, la fanciulla entrò nella casa. Raggiunta la sala da pranzo, si rese conto che l’abitazione pullulava di poliziotti. Ma cosa diavolo è successo qui?, pensò. A rapidi passi raggiunse il corridoio delle stanze da letto e si intrufolò nella camera dell’amica. Laura era distesa sul letto, in un angolo della sala, il volto rigato di lacrime. “Ehi, tesoro, cosa è accaduto?”, fece con voce melliflua, sedendole accanto e scostandole una ciocca di capelli dal viso. Laura affondò il capo in un cuscino dopo averlo sprimacciato con cura. “Io… io… ho ucciso mio padre”. Donna reclinò la testa all'indietro e corrugò le folte sopracciglia. “Tu… hai usato... la pistola di mio padre.” La ragazza dalla chioma bionda si tirò a sedere, trasse un lungo respiro e cercò di reprimere le lacrime. “Ascoltami, ho dovuto farlo fuori: lui… lui mi violentava, non era umano… era uno spirito!” L’amica incrociò le braccia sul petto e scattò in piedi. “Laura, tu stai vaneggiando!” Scosse la testa. “Non riesco ancora a capacitarmi che tu mi abbia usata… per togliere la vita a tuo padre!” Udendo quelle parole Laura si irrigidì. Allungò un braccio verso il comodino attiguo al letto, agguantò una vecchia lampada consunta e la scagliò contro Donna, che stramazzò a terra, senza vita. La giovane si drizzò in piedi e si portò di fronte allo specchio accanto all’armadio. Contemplò l’immagine di Bob che vi era riflessa.