I sentieri costieri del mio mare.

Da Antonio Ragone @AntonioRagone

Da bambino m’era così felice scendere per gli irti sentieri della costa per raggiungere il mare, e poi in quel momento sentirlo a me così vicino, così immenso per apparirmi vero, così solo mioda respirarne tutto il suo acre sapore di salsedine. Avevo raggiunto la mia meta. Ma avevo le braccia e le gambe che grondavano sangue, perché nella corsa veloce mi ferivo al furore spinoso dei fichidindia. Sentivo dolore, ma non piangevo, avevo raggiunto il mare. Forse già in me vi era la compresenza della vita e della morte e già maturava l’estrema sintesi d’un percorso fatto di continue salite che a volte rende la vita pesante come pietra, un continuo scavare nelle sue ragioni per comprenderne il senso, per poi inevitabilmente approdare alla finale soluzione ungarettiana che la morte / si sconta / vivendo. Ho visto scorrere veloci, senza pietà, fiumi che sbattendo contro sassi e robusti alberi, alfine s’immettono nel mare come in un tanto desiderato amplesso d’amore.