I sequestrati di Altona è un dramma in 5 atti di Jean-Paul Sartre, inscenato per la prima volta nel 1959 a Parigi, da cui è stato tratto l’omonimo film nel 1962 diretto da Vittorio De Sica.
Siamo nella Germania di quegli stessi anni, ad Altona, distretto di Amburgo, dove ha sede l’impero economico dei Gerlach, potente famiglia di costruttori navali arrichitasi attraverso l’industria bellica.
Il dramma famigliare dei Gerlach, “Giganti che hanno ricostruito la Germania”, è lo sfondo in cui si muove la vicenda teatrale: tutto ha inizio per la successione. Il padre, prossimo alla morte ha destinato il secondogenito maschio, Werner, a capo del suo impero industriale. Una scelta semplice, non essendoci altri concorrenti: il compianto primogenito Franz, ex tenente dell’esercito del Terzo Reich in Russia, è morto in Argentina nel’56.
“… con lui scomparirà l’ultimo dei veri Gerlach… voglio dire l’ultimo mostro.”
Tutto quello che Werner deve fare è accettare il volere del padre per lui, sua moglie Johanna e la sorella Leni; l’unico obbligo è la residenza fissa, costrittiva, nella casa paterna di Altona. Johanna, giovane moglie delusa nelle sue aspirazioni di attrice, si oppone con tutte le sue forze a questa prigionia al servizio dei Gerlach e non si fa scrupoli a svelare la verità: non è per il bene dell’Impresa che le si prepara questo avvenire, ma per Franz, vivo e forse pazzo, segregato volontariamente da tredici anni sopra le loro teste, in una soffitta che solo Leni frequenta.
Da qui si avvia un dramma lungo e complesso, fatto da accordi e gelosie, menzogne e illusioni, sotterfugi e confessioni, attorno alla figura di Franz, per comprendere la sua oscura reclusione e interromperla.
Al centro di tutto questo, il vero nucleo tematico è la storia tedesca, che viene sviscerata attraverso domande senza risposta: i fantasmi hitleriani e la nuova Germania, la Guerra e le sue marionette, il Potere e la coscienza, il Giudizio dei Secoli e le responsabilità individuali.
I sequestrati di Altona non sono un testo di facile lettura. I continui svelamenti e nascondimenti della verità rendono complesso il susseguirsi drammatico e si mescolano, nel costruire la psicologia dei personaggi, alle loro reazioni emotive, rendendo difficile una qualche forma d’immedesimazione. Occorre leggere il testo più di una volta, (e magari anche a ritroso) per comprendere pienamente tutti i collegamenti che portano alla verità, per godersi a pieno la caratterizzazione dei personaggi e dispiegare le possibilità di pensiero e di giudizio che il testo provoca.
Questa struttura complessa si avvicina al teatro tragico greco, penso all’Edipo per esempio: non c’è un “fatto” propriamente rilevante che avviene sulla scena. Il dramma famigliare della successione è solo il fatto accidentale che obbliga i personaggi a indagare, ad affrontare quello che è accaduto precedentemente, levandogli la coperta delle menzogne per guardarlo in tutta la sua orrenda verità.
ATTO QUARTO; SCENA QUARTA, in scena FRANZ e JOHANNA
Voce di FRANZ: nella notte. – Johanna!
Luce. Franz è in piedi, a testa nuda, presso la tavola. Johanna è seduta nella poltrona. La donna è scomparsa.
JOHANNA: sussultando- Ebbene? – Franz le si avvicina, la guarda lungamente.
FRANZ: Johanna!- la guarda cercando di scacciare i ricordi.
JOHANNA: Che fine ha fatto?
FRANZ: La donna? Dipende.
JOHANNA: sorpresa – E da che?
FRANZ: Dai miei sogni.
JOHANNA: Non era un ricordo?
FRANZ: È anche un sogno. Ora la conduco via, ora l’abbandono e ora… Ad ogni modo, muore, è un incubo.- sguardo fisso tra sé - Mi domando se non l’abbia uccisa.
JOHANNA: senza sorpresa, ma con paura e disgusto- Ah!
FRANZ: si mette a ridere. Un gesto per premere un grilletto immaginario.- Così!- sfida sorridente- L’avresti lasciata soffrire? Su tutte le strade ci sono delitti. Delitti prefabbricati che attendono solo il criminale. Il vero soldato passa e provvede. –Bruscamente:- La storia vi dispiace? Non mi piaciono i vostri occhi!Ah! Datele la fine che preferite. – Si scosta da lei, accanto alla tavola, si volta: – «Il colpevole sei tu!» Che ne dite? Aveva ragione quella donna?
JOHANNA: alzando le spalle- Era pazza.
FRANZ: Si. Ma questo cosa prova?
JOHANNA: con forza:- Abbiamo perduto perché mancavamo di uomini e di aeroplani!
FRANZ: interrompendola- Lo so! Lo so! Questo riguarda Hitler. – pausa - Vi parlo di me. La guerra era il mio destino: fino a che punto dovevo amarla? – Johanna vuole parlare, la ferma - Riflettete, riflettete. La vostra risposta sarà decisiva.
JOHANNA: a disagio- Ho già riflettuto.
FRANZ: Se avessi commesso effettivamente tutti i misfatti che si sono giudicati a Norimberga…
JOHANNA: Quali?
FRANZ: E che ne so? Genocidio e tutto il resto.
JOHANNA: alzando le spalle- Perché avreste dovuto commetterli?
FRANZ: Perché la guerra era la parte che mi spettava in sorte: quando i nostri padri hanno fecondato le nostre madri, hanno fatto loro soldati. Non so perché.
JOHANNA: Un soldato è un uomo.
FRANZ: È innanzitutto un soldato. Dunque? Mi amereste ancora? – ella vuole parlare- Ma prendete tempo, in nome di Dio!- ella lo guarda in silenzio- Ebbene?
JOHANNA: No.
FRANZ: Non mi amereste più? Vi ispirerei orrore?
JOHANNA: Si.
FRANZ: scoppiando a ridere- Bene, bene, bene! Rassicuratevi, Johanna: avete a che fare con un verginello. Innocenza garantita. – ella rimane in atteggiamento di sfida, dura.- Potete sorridermi: ho ucciso la Germania per eccesso di sensibilità.
Jean-Paul Sartre, I sequestrati di Altona, Oscar Mondadori 1975.