I silenzi degli scrittori.

Creato il 10 settembre 2013 da Cronachedallalibreria @MarinoBuzzi
In questi giorni, lo ammetto, a causa dell'intenso lavoro dovuto alla vendita di libri scolastici, sono un po' fuori dal mondo. Non leggo abbastanza, non mi tengo informato, leggo pochissimo i quotidiani. Entro in libreria alle 11:00 (quindi, essendo pendolare, esco di casa alle nove), arrivo al lavoro, scendo nel girone infernale e risalgo alle venti (quindi torno a casa per le 21:30 di solito). Quando ho un momento libero vegeto davanti al computer cercando di rifarmi delle notizie perdute. Così sono un po' fuori dalla querelle scoppiata su Erri De Luca, scrittore che si può amare o meno per le sue doti letterarie ma che ha il merito di dire ciò che pensa. Sia ben chiaro il mio non è un giudizio sulle affermazioni di De Luca ( QUI ). Lui ha espresso la sua opinione. Io sono sempre stato contro ogni forma di violenza ma trovo molto ipocrita vederla solo da una parte della barricata. Trovo violento l'atto di boicottare? Sì. Allo stesso modo in cui trovo violento il non ascoltare un popolo che chiede di essere ascoltato, l'andare avanti a testa bassa infischiandosene del delitto ambientale che si sta commettendo, guardare solo agli interessi, ai soldi, agli accordi fra i potenti. Certo i progetti danno lavoro. Anche l'Ilva è simbolo di lavoro ma è anche simbolo di morte e inquinamento. Non mi bastano più le scuse che si utilizzano di solito: il progresso, il lavoro, il denaro. Non quando di mezzo ci sono futuro, salute e ambiente. Allora va detto a gran voce: ci sono frange violente in tutte le lotte. Ma altrettanto violento è un certo atteggiamento dello stato. Questo è il mio pensiero e vi autorizzo a boicottare i miei libri, tanto ne ho scritti solo due e non hanno neppure venduto tantissimo. Volevo fare un discorso equilibrato e invece mi è partito l'embolo. Comunque parlo di De Luca per arrivare, in realtà, a un'altra persona che stimo molto: Loredana Lipperini. Loredana si è detta “sconcertata dal silenzio di tanti miei colleghi su questa vicenda. Erri De Luca è accusato di un reato di opinione. Dovremmo solidarizzare con lui" (Cit. Affaritaliani). Prendo quindi spunto da questa frase per una riflessione sui “silenzi” degli intellettuali. Datemi pure dello sciocco idealista ma ritengo l'essere uno scrittore o una scrittrice di successo non un privilegio (molte/i intellettuali hanno lavorato una vita per avere riconoscimenti e “notorietà”) ma un'opportunità. Chi scrive, come chi canta o chi recita o chi dipinge o chi danza, dovrebbe sentire un peso maggiore rispetto al resto della popolazione. E con peso intendo la necessità di apportare una crescita culturale al paese. Parlo, ora, di scrittrici e di scrittori perché mi è più semplice limitare gli esempi a questa categoria. Ho l'impressione che moltissime scrittrici e moltissimi scrittori, invece di partecipare attivamente alla vita sociale, politica, culturale del paese, si rinchiudano in una specie di bolla dorata da cui guardare il mondo da un'adeguata distanza. I nomi “incisivi” non mancano. Abbiamo perso, di recente, alcune delle menti più lucide del panorama culturale italiano: Rita Levi Montalcini, Margherita Hack, Don Gallo, Franca Rame solo per citarne alcune/i, persone che non avevano paura di mettersi in gioco e di fare “politica”. Oggi, ad onor del vero, esiste un filone di intellettuali piuttosto giovani che si mettono in gioco: Roberto Saviano, Christian Raimo, Michela Murgia, Loredana Lipperini, i Wu Ming (sempre per fare qualche esempio, chiedo scusa a tutt* coloro che non ho citato, sono molte/i). Ma esiste, ed è a mio avviso decisamente più consistente, un filone che si potrebbe definire: “Chi se fa l'affari sua, torna sano a casa sua”! Spiace notare come, soprattutto fra i più giovani, magari coloro che hanno avuto grosso risalto mediatico e molto successo negli ultimi anni, il disinteresse verso ciò che accade a livello politico e sociale sia così forte. Credo non si tratti di “ignoranza”, temo invece che ci sia dietro molta paura di perdere vendite. Il problema principale del fare letteratura oggi è che non si scrive per “dire qualcosa” o per “avere l'opportunità di dire qualcosa oltre il libro” ma solo ed esclusivamente per arrivare. Una volta che sei arrivato devi fare molta attenzione a non inimicarti editori, clienti, critici. Avere delle opinioni politiche, prendere posizioni in merito a questioni annose come il femminicidio, l'omofobia, la politica, le ingiustizie, la Tav e molto altro è proibito se non vuoi scontentare qualcuno, se non vuoi smettere di essere lo scrittore più venduto del momento. Non importa ciò che scrivi, si può essere scrittori “leggeri” e avere opinioni importanti. Invece noto che è il silenzio l'unica voce che molti scrittori e molte scrittrici fanno sentire davanti a temi, a volte, controversi. È un peccato perché penso che chi ha l'opportunità di parlare a tanta gente dovrebbe sentire il peso “morale” di dire qualcosa di importante, di aiutare la società ad evolvere o, semplicemente, di prendere una posizione invece di continuare a galleggiare sperando che i riflettori non illuminino qualcun altro.

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