Il momento del Messico
In Messico il copione ha funzionato e i media del mondo hanno osannato la visita del vescovo di Roma e i suoi discorsi contro la corruzione, anche nella Chiesa, e contro i privilegi e il narcotraffico. Ma il nucleo è sempre lo stesso, quello della dottrina sociale della Chiesa. Wojtyla utilizzava lo stesso corpus dottrinario e retoriche simili per parlare dell’asse Est-Ovest durante la Guerra fredda e degli eccessi del blocco sovietico. Ma l’impressione, nel suo caso, è che si schierasse tout court contro il comunismo. Caduta l’Unione Sovietica e i regimi dell’Est europeo, anche il Papa polacco cominciò a muoversi verso una retorica contro gli eccessi del mercato. Il filo rosso appare incentrato più sulla difesa del tradizionalismo, delle prerogative della Chiesa e di prospettive anti-moderne e, in parte, antiliberali che sull’attacco a questo o a quel sistema economico-politico.
Francesco ha incontrato la classe dirigente messicana nelle sue tre componenti principali: imprenditoriale e finanziaria (Carlos Slim, uomo tra i più ricchi della Terra, e un centinaio tra i più importanti imprenditori messicani a Ciudad Juárez); ecclesiastica (Episcopato Messicano e alti prelati); politica (Presidente e consorte, Angélica Rivera, onnipresenti, Manuel Velasco, governatore del Chiapas e aspirante alla presidenza, e poi una sfilata costante di politici locali e nazionali in tutto il viaggio).
Incontri e silenzi
Ha avuto incontri con alcuni settori sociali e popolari, anche se si trattava, all’interno di ogni categoria, di gruppi “scelti” o cooptati dalle rispettive diplomazie, la vaticana e la messicana. Indigeni, lavoratori, vittime della violenza, giovani, famiglie, carcerati, migranti, operatori del sociale. In Messico, però, sono state denunciate le mancanze gravi della visita e le occasioni perdute per dare un segnale chiaro alla società e alla classe dirigente.
Bergoglio non ha praticamente mai citato, nemmeno cripticamente, lo Stato, il governo e le loro rispettive responsabilità. Ha parlato genericamente di corruzione, sequestro e traffico di persone, senza additare né segnalare. Parallelamente, dunque, tutti i problemi si riconducono ai narcos, ai “trafficanti della morte”, intesi come entità quasi astratta, priva di referenti e conniventi, come fosse un rappresentante del male assoluto. Il riferimento quindi non va mai al governo, alle polizie, ai sindaci o ai funzionari pubblici che in alcuni casi sono ingranaggi e pezzi integranti delle stesse organizzazioni criminali, le favoriscono o, semplicemente, le coprono e le lasciano operare. Era un accordo diplomatico. Solo sull’aereo di ritorno Papa Francesco ha brevemente menzionato alcune tematiche che in Messico sono sensibili e avrebbero fatto la differenza: la pedofilia nella Chiesa cattolica e i desaparecidos.
Chiapas e “questione indigena”
D’altro canto Bergoglio ha incontrato alcuni rappresentanti di comunità indigene ed è stato accolto da canti e preghiere nelle tre lingue più parlate nella regione: chol, tzeltal e tzotzil. Il suo passaggio nello stato più povero del Paese, governato da un’alleanza tra il partito del presidente, il PRI (Partido Revolucionario Institucional), e il PVEM (Partito Verde Ecologista Messicano, cui appartiene il governatore Manuel Velasco) è stato celebrato internazionalmente. Al centro del discorso del pontefice c’erano gli indigeni esclusi e le ingiustizie, la dignità di questi popoli e la loro importanza per l’identità messicana. Ma al centro dell’agenda politica, in realtà, c’era l’urgenza di recuperare i territori che vanno dal Chiapas a Panama, dato che sono quelli in cui l’emorragia di fedeli è inarrestabile e avanzano i pentecostali e gli evangelici. La visita alla tomba del prete-militante Ruíz ´servita invece a “recuperare” i settori più combattivi del movimento indigeno che collima con lo zapatismo o ne è parte effettiva.
E i desaparecidos? E il pedofilo Marcial Maciel?
In Michoacán, dove il Papa ha partecipato a vari eventi, i seminaristi in coro hanno contato da 1 a 43 per ricordare i desaparecidos di Ayotzinapa, ma i media internazionali quasi non ne hanno parlato. Proprio in quella regione nacque e cominciò a operare padre Marcial Maciel, fondatore della potente congregazione dei Legionari di Cristo e responsabile di decine di atti di pedofilia e molestie sessuali. Ci sono documenti che mostrano che il Vaticano ne era conoscenza e l’ha coperto per anni. Le indagini contro Maciel sono andate a rilento. Il fondatore dei potentissimi Legionari, che molti servigi hanno reso al Vaticano in terra azteca, è morto, ma è rimasto impunito. Anche se pedofili e criminali, i grandi servitori della Chiesa pare possano trovare un posto d’onore nella storia. E infatti Bergoglio ha addirittura perdonato la congregazione in vista del Giubileo.
Le vittime di Maciel in Messico avevano chiesto udienza al Santo Padre, ma questa non è stata concessa perché, secondo quanto Bergoglio ha dichiarato alla stampa, gli incontri con quelle vittime c’erano già stati in passato. Traduzione: non s’è voluto attaccare alla radice il problema, né dare visibilità alle vittime, in quanto significava magnificare le malefatte del Vaticano, ed è stato meglio criticare solo gli eccessi della curia in termini economici.
Ayotzinapa e i retroscena diplomatici vaticani
Non la mancanza di tempo o l’ignoranza dei fatti, non i presunti dissidi interni tra i gruppi sociali o il ruolo di “capo di Stato” di Francesco. Quali sono i motivi veri del silenzio?
Il pontefice non ha potuto o voluto nominare lo Stato messicano, né legare i mali del Messico alle politiche di questi anni o al connubio narcos-Stato-economia (legale e non). Parlare di Ayotzinapa e desaparecidos, ma anche citare i diritti umani o i crimini contro la stampa, implica automaticamente richiamare casi che han fatto il giro del mondo e sono ancora aperti. Privi di giustizia e giustificazioni. Sono spine nel fianco del governo perché le parole stesse, “diritti umani” o “desaparecido”, incorporano nella loro definizione i concetti di omissione o d’azione diretta da parte dei poteri pubblici in una violazione gravissima contro una o più persone. Chiedere giustizia, come fa la società messicana organizzata da decenni, significa rivelare queste trame ed esporsi. “Narcos”, “privilegi” e “corruzione” sono sostantivi vuoti, vaghi, se non si specificano le loro interconnessioni e gli attori che le promuovono. Certo il narcotraffico e i trafficanti ci sono, sono una parte del problema sociale gravissimo del Paese.
Inoltre i “narcos” non sono dei folli sanguinari isolati dal mondo: il mercato finale delle droghe che passano dal Messico, così come quello delle persone vittime di tratta e dei migranti, si trova negli Stati Uniti e in Europa, mentre i morti della narcoguerra militarizzata restano a sud, anche per via della connivenza e la corruzione di politici, funzionari e mercanti della guerra che inondano di armi il Messico e tanti altri territori. I messaggi del Papa sono stati ampi e generici sui temi “caldi” per il governo messicano, su quelli sociali e politici, e più efficaci su quelli religiosi, rivolti all’episcopato, anche se alla fine la pedofilia ne è rimasta fuori. S’è parlato dunque di narcotraffico, ma non della mafiosità diffusa nelle istituzioni e in certe aree. Il Papa si scaglia, giustamente, contro la corruzione e i privilegi, ma non menziona i corrotti e i privilegiati, che invece fanno sfoggio di moine eselfie con cui dimostrano il loro potere, la loro “fede” e la sprezzante soddisfazione per “averla fatta franca”, di nuovo.
Vetrina di governo
Pochi media internazionali hanno spiegato che la moglie del presidente Peña, l’attrice Angélica Rivera, nota anche come “La Gaviota” (La gabbiana), è nel mezzo di due scandali: uno di corruzione, per via della “casa Bianca”, residenza-abitazione sua e del presidente a Città del Messico, che sarebbe stata comprata con giri “poco trasparenti” da un’azienda contrattista di governo che in questi anni ha ottenuto molte commesse (Gruppo Higa), e un altro legato ai dubbi molto seri circa l’annullamento del suo precedente matrimonio religioso da parte del Vaticano, senza il quale non si sarebbe potuta risposare con Peña Nieto. I casi restano aperti a livello giornalistico, non giudiziario, ma accendono i riflettori su affari economico-religiosi poco chiari.
Trump e gli specchi per le allodole
Parlando dell’epidemia dello zika, Bergoglio non ha aperto sulla contraccezione, ma ha solo dichiarato che non è un “male assoluto”. Ciononostante non pochi mezzi di comunicazione, anche in Messico, hanno elogiato questa presunta “svolta”, ma non hanno parlato del tema dell’aborto che è delicatissimo. La metà dei 32 stati messicani non solo non permettono l’interruzione della gravidanza, neppure entro le 12 settimane, ma la penalizzano, per cui centinaia di donne scontano pene pesantissime e portano al collasso il sistema penitenziario. Solo a Città del Messico l’aborto è regolato e permesso.
Uno degli specchietti per le allodole, imboscato nell’omelia papale durante la sua visita presso la Basilica di Gudalupe, è stata la frase in cui, senza mai citarlo direttamente, Bergoglio ha criticato il culto alla Santa Muerte, osteggiato da sempre dalla Chiesa in tutti modi proprio per via della sua crescita inesorabile.
Durante i preparativi per il tour papale si sono scontrati due gruppi con visioni diverse: governo e Conferenza dell’Episcopato Messicano, Legionari di Cristo e televisioni (Tv Azteca e TeleVisa) sposavano la prospettiva del potere e hanno prevalso nell’organizzazione del viaggio, mentre all’opposto c’erano la Compagnia di Gesù, gruppi ecclesiastici di base e organizzazioni della società civile, le quali volevano rendere visibili le vittime della delinquenza che risultano scomode al governo e denunciare il “patto d’impunità” tra classi dirigenti e criminalità. S’è trattato quindi d’una visita cooptata dalle diplomazie, più di Stato che pastorale, come invece era stata definita inizialmente, e diretta alle varie élite del Paese per rimettere un po’ d’ordine nelle gerarchie e inaugurare nuove fruttuose collaborazioni. Un’occasione perduta per rompere il silenzio (Link Latinoamericando Radio Coop Padova) o sulla grave crisi dei diritti umani messicana.
di Fabrizio Lorusso da Carmilla