Regia: Bryan Singer Anno: 1995 Titolo originale: The Usual Suspects Voto: 9/10 Pagina di IMDB (8.7) Pagina di I Check Movies Acquista su Amazon
"La beffa più grande che il diavolo abbia mai fatto è stato convincere il mondo che lui non esiste". Invece I Soliti Sospetti di beffa non hanno niente, anzi risulta un vero e proprio capolavoro che fa leva su di una sceneggiatura ed un soggetto che dire efficacissimi potrebbe non rendere l'idea e sminuirne il contenuto. Resta tra i miei film preferiti di sempre ed è tra quelli che coinvolgono lo spettatore in maniera incredibile, grazie ad una regia frammentata che sfrutta innumerevoli flashback, dialoghi sostenuti, voce fuori campo: il tutto per farci seguire la beffa che il diavolo ha congegnato. Sofisticata e crudele in ogni sua parte, raccontata attraverso gli occhi e al voce di Kevin Spacey, che, ci inganna mostrandoci ciò che potrebbe essere un tipico thriller con la parte investigativa legata essenzialmente agli interrogatori. E noi lì, come inebetiti, che pendiamo dalle labbra di chi forgia e ci mostra la sua versione della storia. Noi siamo il Palminteri della situazione e ci fidiamo ciecamente di ciò che lo storpio ci racconta: avidi di sapere, avidi di conoscere il volto di Keyser Soze, o anche le sue malefatte, il suo modo di essere spietato. Già perchè il diavolo, in fin dei conti ci affascina. E pur non sapendo chi sia, o tanto meno se esiste veramente, ci ha affascinato e stregato come non mai. Come fossimo i personaggi burattini all'interno del film. E visto che sei stato beffato, un film del genere, anzi un capolavoro, ti cattura ancora di più una volta superata la prima visione. Raccogli tutti i particolari, soprattutto quelli in relazione agli sguardi di Spacey nell'ambiente (non dettatati da insicurezza e timore quindi) e giochi a fare tu stesso il detective. Sai che ti ha preso per il culo e vuoi complimentarti con lui e vedere più da vicino come ci è riuscito. E lo spettatore più attento non rinuncia certo a confrontare la parte iniziale con quella finale, in cui siamo all'esterno del racconto in flashback: la regia calca la mano su dettagli quali l'orologio, l'accendino e le sigarette che poi ritroveremo un attimo dell'attesissimo colpo di scena finale. Abbiamo quindi una magistrale prova di ciò che Singer vuole mostrarci e ciò che che invece è frutto di un racconto soggettivo. Scusate per il mega spoiler che anticipa praticamente ogni cosa, ma è impossibile non elogiare questo lavoro senza poter parlare a chi può apprezzare l'intricato plot narrativo in questione. Da guardare a tutti i cosi più volte.