I sospiri del mio cuore è un lungometraggio che, rispetto alle più recenti meraviglie dello Studio Ghibli, potrebbe prestare il fianco a diverse critiche in merito all'animazione datata e semplice. Ma per chi è cresciuto con le serie giapponesi degli anni '70 e '80, il bellissimo film di Yoshifumi Kondo non perde una briciola del suo smalto. Ai virtuosismi di una tecnica evoluta e ormai paradigmatica si contrappone qui una magistrale ricerca della bellezza, un raffinatissimo sbozzare di sogni in movimento, senza i fardelli del realismo ossessivo dell'alta definizione o di indelicate sedute psicanalitiche e, soprattutto, senza mai rinunciare alla profondità o alla grazia. Lo spettatore viene, semmai, coinvolto in un mondo che germoglia nell'immaginario secondo una forma e un linguaggio ormai peculiari di certi anime originari del Sol Levante.
Shizuku attraversa un paesaggio a metà tra uno sfondo urbano ebbro d'ogni sorta di luce e il loop incantato dei videogames, donando la vita a ciò che tocca, come una bacchetta magica sospesa su una natura morta. La ragazza sembra incapace di adeguarsi al conformismo cui sembra destinata dal solco borghese sul quale procede, sa bene che un modo di vivere diverso dalla gente è di per sé estenuante, però non si arresta e non dà mai l'aria di cercare in sé rottura o scandalo, bensì solo la forza che può scaturire da lei: si tratta di trovare le gemme grezze dentro se stessi e impiegare tempo nel raffinarle. Genio e impegno al servizio di un viaggio liberatorio e positivo, aperto a significati ulteriori e chiave di un realismo magico tutto giapponese.