Non è una sorpresa che il fisco sia il principale protagonista di questa campagna elettorale. Tra restituzioni dell’Imu e tagli a Irpef e Irap, i candidati si sono lanciati nelle promesse più balzane, ma molto difficilmente realizzabili.
Lo evidenzia uno studio di Mediobanca Securities ripreso dal Sole24Ore. I tagli promessi, se realizzati, comporterebbero un mancato incasso per lo Stato tra i 150 e i 225 miliardi di euro, più precisamente intorno ai 180 miliardi di euro in cinque anni.
Un buco impossibile da sanare. In realtà, Imu, Irpef, Iva e Tares sono destinate a crescere a partire da luglio 2013 a causa di impegni presi in precedenza. La pressione fiscale da record al 45,3% aumenterà.
Nel dettaglio, la restituzione dell’Imu sulla prima casa indicata da Berlusconi comporterebbe un esborso di 7,8 miliardi che andrebbero coperti con tagli alla spesa e con l’aumento di altre forme di copertura, come l’aumento dell’accisa sui tabacchi e sull’alcool, che non sono altro che un prelievo. L’azzeramento in 5 anni dell’Irap comporterebbe la perdita di 35 miliardi e la manovra a due aliquote sull’Irpef causerebbe un buco di altri 22 miliardi nel 2014. Troppi da coprire con i tagli agli sprechi e con tasse indirette.
Monti invece promette riduzioni su Imu, Irap e Irpef. Per coprire l’aumento della detrazione da 200 a 400 euro della detrazione Imu per i figli a carico servirebbero 2,5 miliardi nel 2013. Fattibile. Molto più complicato trovare i fondi per finanziare l’indeducibilità del costo del lavoro sulla base imponibile dell’Irap e la riduzione delle aliquote e l’aumento delle detrazioni Irpef.
La stagnazione e i vincoli a cui è legata la nostra economia riducono quasi allo zero la possibilità dell’intervento del legislatore in ambito economico. L’Italia paga dagli 80 ai 90 ,miliardi l’anno solo per interessi passivi sul debito.
Tra le prime incombenze che il nuovo governo dovrà affrontare c’è l’aggiornamento del quadro macroeconomico. La contrazione del Pil viaggia attorno all’1% contro lo 0,2% indicato dalla Nota di aggiornamento del Def di settembre. Per lo scorso anno, il dato certificato Istat parla di una caduta del prodotto interno lordo del 2,2%..
Il debito pubblico raggiungerà il picco del 126,1% e il deficit è destinato a crescere rispetto all’attuale target dell’1,8%. Il raggiungimento del pareggio di bilancio potrà avere un orizzonte temporale più lasco, ma rimane una promessa da mantenere e per questo non saremo esentati dal conseguire avanzi primari del 4-5% del Pil, condizione indispensabile per ridurre gradualmente il debito e assicurarne la sostenibilità nel medio periodo.
Il nuovo governo dovrà reperire risorse sia per finanziaria nuove spese per gli ammortizzatori in deroga e le missioni internazionali (coperte solo fino a settembre) e trovare 4 miliardi a regime per evitare l’aumento dell’Iva. 7 miliardi in tutto.
Altri piani di riduzione fiscale potranno essere finanziati solo attraverso massicci risparmi sul fronte delle spesa corrente primaria e il recupero di base imponibile per effetto della lotta all’evasione. Operazioni doverose ma che richiedono tempo prima che gli effetti siano tangibili.
Serve realismo, sconosciuto in campagna elettorale.
Fonte: Il Sole24Ore