I ♥ Telefilm: Penny Dreadful II, Vicious II, Dr. Horrible's Sing-Along Blog

Creato il 18 luglio 2015 da Mik_94
Penny Dreadful
Stagione II
Se ne stava ai margini del bosco di una favola dei Grimm, che mi tentava con le sue delizie. Irresistibili, le sue caramelle ingannatrici. Come quella Londra vittoriana, in cui pioveva notte e giorno e, in mezzo alle nebbie sul Tamigi, si muovevano creature spaventose e magnifiche. Nel lungo romanzo gotico con il marchio Showtime, potevi vedere – dalle vetrine di un elegante caffè, in una biblioteca proibita ai profani – i personaggi di Stoker interagire con quelli di Shelley o Wilde. Tutti corollario, però, del fiore Vanessa Ives: bellissima dama a lutto, corteggiata dal Male e minacciata dai suoi emissari. In sincerità, non sapevo se fossi rimasto più affascinato dai giochi delle trame o dagli occhi di quella Eva Green come non l'avevamo mai vista. Inspiegabilmente ignorata alla stagione dei premi – come le colleghe  Maslany e Rossum – su questo blog aveva guadagnato scettro e corona. Aspettavo lei – e le sue metà oscure - per una seconda stagione: ha avuto due episodi aggiuntivi, il nuovo Penny Dreadful, ma mi è sembrato che avesse una durata ridotta; che lasciasse di meno. Leggo che, altrove, ha convinto gli scettici e non posso che esserne contento: merito loro il rinnovo. Da parte mia, questa volta, l'accoglienza intipiedita di turno. Mi ha appassionato meno che in precedenza. Ethan Chandler aveva rivelato nel season finale la sua natura di licantropo; Sir Marcolm trova l'amore di una donna di mezza età con un brutto segreto; Victor Frankenstein – mentre la sua Creatura viene assunta in un museo delle cere – dà nuova vita alla sfortunata Brona, e se ne innamora; Dorian Gray, da Parigi, ha portato con sé un amante en travesti che potrebbe scoprire l'enigma della sua eterna giovinezza; Vanessa è spinta sempre di più verso il baratro da congreghe di aristocratiche streghe che l'hanno promessa a Lucifero. Non si può certo dire che gli sceneggiatori, artefici di alcuni dei dialoghi più precisi a cui abbia prestato di recente ascolto, siano rimasti con le mani in mano. Quel che manca, e che invece è elemento fondamentale in serie come Sense8, è la coesione: il serial conserva la sua natura quasi antologica, dando in un episodio risalto a una vicenda, in un altro episodio risalto ad un'altra. Una scelta accurata (e comunque poco saggia) o un montaggio che non ha la giusta fluidità? Penny Dreadful è una giostra che tocca il cielo quando c'è la Green in scena e la terra quando, escludendola del tutto da una puntata, ci si concentra sui comprimari. E si rischia, così, che la curiosità si eclissi. Colpa, in particolare, di un Josh Hartnett legnoso e di Reeve Carney, un Dorian imberbe che mi aveva reso dubbioso già in passato e che adesso, complice una scrittura che ha cura soltanto del poco che fa a letto, sembra ancora più acerbo. Una parola in più andrà spesa per una superba Billie Piper che, sboccata e coraggiosa, si ribella alle pretese del suo creatore. Tra le cose belle, e non si fa fatica a ricordarle, una pioggia di sangue durante una cena di gala, il valzer di Dorian e Lily crivellati dai proiettile, il bacio delicato dato al più assenanto dei mostri e la visione di una Green splendida, sorridente, di bianco vestita. (7)
Vicious 
Stagione II
Ho dovuto aspettare poco per trovarli dove li avevo lasciati. Sul divano, tra la porta d'ingresso, la cucina in cui sonnecchia il loro cane invisibile, le scale. Sono stato fortunato: in realtà, coloro che hanno scoperto questo Vicious nel 2013 hanno dovuto aspettare due anni, per ridere di altri sei episodi. Non sapevo fosse nemmeno ripartito, finché non mi sono trovato i faccioni di Stuart e Freddie – con uno sfondo blu alle spalle – su uno dei soliti siti di streaming: agli inizi di giugno, la strana coppia che – sul finire dell'anno vecchio – mi aveva regalato le risate più intelligenti e cattive, era tornata a far danni. Confermato il cast e quello scenario da sitcom tradizionale – che ha bisogno di un salotto e di grandi attori per funzionare: poco? - che questa volta si amplia un po', seguendo gli arzilli protagonisti all'esterno. Stuart e Freddie – gli scortesi innamorati che avevano fatto outing intorno ai settanta, gioia e tormento dei loro amici intimi – si iscrivono in palestra, vanno a scuola di ballo e, per un paio di episodi, prendono strade separate. Scoprono il fuori e la crisi del cinquantesimo anno. Ad aprire loro nuovi orizzonti e, come sempre, ad unirli, il fandom più caloroso che pensano di avere – dico pensano perché non hanno visto noi quando bene vogliamo a entrambi: il fratello Mason, la smemorata Penelope e, soprattutto, i personaggi interpretati da colei che fu la ragazza di Hagrid – un'irresistibile Frances de la Tour – e dal premuroso Iwan Rheon, che so essere cattivissimo (e bravissimo) in Games of Thrones. Mattatori, quel Derek Jacobi dalla carriera iniziata quando nessuno di noi, o dei nostri genitori, era al mondo e soprattutto Ian McEllen, che in comune con Rheon e la giunonica Frances ha tempi comici prodigiosi e la partecipazione memorabile a serie fantastiche. Qui sarà un altro anello la causa di un altro viaggio – nel passato della coppia, verso alternative che non soddisfano perché il cuore, e le battutacce sferzanti, hanno una casa sola. Le risate e gli sketch funzionali non si contano, in una produzione brevissima che ha tre cose che mi piacciono tanto: accento inglese, anziani più vitali di me, umorismo fulminante. Il difetto, lo stesso dell'anno scorso – o di due anni fa, okay. I soli centoventi minuti complessivi: ci vuole tanto per averli qualche giorno in più come ospiti? Così è iniziato e così è finito: un giorno mi trovo davanti il primo episodio, infatti, e un giorno l'ultimo. Ma perdoniamo volentieri la fretta, grazie ai nuovi inizi celebrati nell'ultimo episodio e alla scena conclusiva, che è tenera come non ci saremmo mai e poi mai aspettati da queste due carogne. (7,5)
Dr. Horrible's Sing-Along Blog
(mini)webserie
Come si passa da amorevole vicino di casa a genio del male? Come si diventa un supercattivo dei fumetti? Lunga la strada da fare. Ma qui, in quel Dr. Horrible's Sing-Along Blog che mio fratello mi propina da anni, le tappe salienti ci vengono riassunte in tre atti, per un totale di quaranta minuti. Mio secondo approccio, questo, dopo What Lives Inside, col mondo delle webseries. Continuerò forse a non capire il senso di questi esperimenti – perché prendere bravi attori, e in questo caso un autore culto, e realizzare prodotti così brevi? - ma questa volta è andata meglio. E, nonostante l'ottimo Daredevil targato Netflix, il cinecomic continuerò a non tollerarlo, ma Dr. Horrible – tascabile, visto dalla prospettiva dell'antagonista, intonato – è un ragionevole compromesso: si parla – e si canta – delle disavventure di un aspirante villain, innamorato della ragazza sbagliata e infastidito da un supereroe vanesio e fanfarone che vorrebbe salvare tutto e tutti, e soprattutto essere sommerso di attenzioni. Inevitabilmente, anche di quelle della Mary Jane di turno, conosciuta dal protagonista in lavanderia – come in una perfetta commedia indie – e vittima del fascino portentoso di Captain Hammer. Dottor Horrible – Billy, per gli amici – riuscirà mai a entrare nella squadra dei cattivi e a conquistare Penny? Come in Galavant, si prende un genere tutto azione e lo si personalizza a suon di canzoni e, orecchiabili e tutto, gli inserti da musical, qui, sono anche bellissimi. Non a caso questi quaranta minuti, per gli appassionati, sono un tormentone e si sono guadagnati, al tempo, un Emmy. Ma sarebbe meglio dire che Galavant è come Dr. Horrible's, uscito nel 2008, fortunatissimo e scritto e diretto da uno che non ha bisogno di pubblicità: Joss Whedon, geniale soprattutto – e non me ne volete – quando è lontano dagli Avangers. Simpatia, originalità e attori presi dal piccolo schermo,  così noti che verrebbe da chiedersi come mai le confessioni di questa pecora nera non siano state sviluppate in altro modo, magari a mo' di telefilm vero e proprio. Il protagonista, infatti, è un Neil Patrick Harris che già ci ha stupito altrove con la sua duttilità; il Nathan Fillion di Castle, piacione e intonato; la carinissima Felicia Day, che ricordo per un ruolo secondario in Supernatural. Come aiutante, inoltre, il genio del male ha Simon Helberg, che in The Big Bang Theory è quel tipo sospetto dai maglioncini a collo alto e dalle camicie a rombi: non mi piace il cinecomic, non mi piace Big Bang, quindi non mi prendo la briga di cercare il nome. Ma mi è piaciuto Dr. Horrible's Sing-Along Blog, che è una discreta figata, anche se il suo formato ridotto mi confonderà a vita. (7,5)

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