I ♥ Telefilm: Revenge, Secrets and Lies, Weird Loners
Creato il 14 maggio 2015 da Mik_94
Revenge
IV (e ultima) Stagione
Ha avuto un inizio non dico promettente, ma
dignitoso, questa quarta stagione, e grande esclusa, sin dal primo
episodio, la suadente voce narrante che aveva accompagnato i fedelissimi nelle
stagioni precedenti. I colpi di scena dello scorso anno non hanno lasciato
scie degne di nota e i morti ammazzati, resuscitati secondi le Sacre
Scritture e le sceneggiat(ur)e di Mike Kelley, sono lì che vegetano
sullo sfondo. Avevano più utilità quando si pensava
non fossero più tra noi. Si aggiungono comprimari – la provocante
Louise – e altri purtroppo non si smarriscono lungo il tragitto – l'odiosa Margot. I personaggi zavorra trovano redenzione e
abbandonano a forza la nave. I più cari – Nolan, ad esempio, con
una vita sentimentale di cui non ci frega niente – perdono il loro
smalto. Restano la crudele Victoria, villain cult, e Emily, contessina di
Montecristo che, risolto un enigma, potrebbe
starsene tutta quieta, se non fosse che negli Hamptons è sempre
guerra e che c'erano ventidue episodi da riempire d'aria
fritta. Revenge si perde e non si ritrova. Ha almeno il coraggio di finirla qui:
davanti alla prospettiva estrema della cancellazione, sceglie un
epilogo sì definitivo, ma talmente rose e fiori da fare impallidire
Glee. Se deludono gli
sviluppi più recenti, non si può fare affidamento neanche sullo
charme di una protagonista venerata anche da me. Quella
Emily VanCamp che aveva il senso della misura anche
nell'esagerazione. Mentre la sua rivale ringiovanisce, la bella Emily perde il controllo – del
copione e della forma fisica. Addio charme, moda, riccioli d'oro:
trasandata, mascolina, arruffata. Che fine ha fatto la bambolina che
faceva con l'arzilla Stowe a gara di femminilità e cambi d'abito?
Revenge era anche
quello. Frivolo e, in mancanza di profondità, tutta apparenza. Insomma: io so due cose in
inglese. Che the pen is on the table
significa “la penna è sul tavolo”. E che revenge
sta per “vendetta”. Perciò che Revenge c'era
senza vendetta? Emily Thorne, la mia imbattuta ed elegante reginetta
trash dei lunedì sera, non aveva più nulla da dire. Nessun
sassolino da togliersi nel tacco dodici, qui diventato scarpa da
ginnastica puzzolente. La sua missione è compiuta: quella che fa di Revenge
Revenge, dico. E che cos'era la
serie della Abc, venuto meno il suo perché? Sempre un piacevole modo
per ammazzare la noia, ma un controsenso. A testimoniare che il trash è bello quando dura poco. (5,5)
Secrets & Lies
Stagione I
Qualche
settimana fa, al telegiornale, hanno mandato in onda le scene
dell'arresto di Bossetti. Che sia colpevole o meno – sono
solito lasciarmi aperta l'ipotesi dell'innocenza, perché la
giustizia italiana fa spesso cilecca e i colpi di scena, anche nelle
storie vere, possono saltare fuori, benché qui sembri tutto già
scritto -, di quelle immagini ho odiato l'accanimento. Ho pensato che quella persona – colta di sorpresa a
lavoro – a casa avesse una famiglia. Se lui ha fatto quel che ha
fatto, con l'arresto in diretta, ha ucciso anche la fiducia dei suoi figli; se invece non l'ha fatto, cosa sarà dopo la gogna pubblica della sua vita? Mi è venuto in mente questo caso di cronaca
guardando Secrets & Lies. Un bambino assassinato, un
padre di famiglia accusato, le persecuzioni di vicini sospettosi e di
poliziotti instancabili ai danni di uno che ha avuto la sfortuna di
trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. La vita da sogno
di Ben Crawford crolla sotto l'ombra del sospetto, mentre la moglie
si allontana e fuori ci si
prepara a un Natale solitario. Le decorazioni delle case adiacenti, i
flash dei reporter, le porte che sussultano sotto i tocchi insistenti
della detective Cornell, un segugio che fiuta l'inganno ovunque. L'originalità non è di casa. Secrets & Lies ha
pochi spunti per uscire dal suo anonimato e affinità con
gli applauditi Broadchurch
e The Missing. Messi
da parte i paragoni, si può però ammettere che, a sorpresa, sa difendersi. Gli episodi catturano. I pezzi forti sono nei finali di ciascuna puntata,
appositamente pensati per mantenere alta la suspance, e nella
struttura delle dinamiche familiari, importanti quanto la
risoluzione del caso. Nel cast, i bravi Ryan Philippe e Juliette
Lewis. Lui, idolo dei film anni '90, con il guaio di avere geni generosi: invecchia bene; è
bello e biondo come un tempo; dimostra la metà dei suoi quarant'anni. Nei miei giorni migliori sembro suo nonno. La natura, invece, è stata forse meno gentile con la
Lewis: sfiorita, ma adatta a ruoli di spessore. Qui ha tra
le mani una figura di poche parole e dalle espressioni del viso
contate.
In un climax continuo di bugie e depistamenti, si arriva presissimi a
un epilogo definitivo ma giusto, che potrebbe considerarsi anche
autoconclusivo, se si amano quei finali sospesi, tesi, un po'
beffardi. Il season finale, per me, è stato l'affermazione della
buona riuscita del tutto. Sarà che amo particolarmente il
non detto, anche quando resta tale. (7)
Weird Loners
Stagione I
Quattro
“strambi solitari” – alcuni per scelta, altri per scelta degli
altri – che si scoprono dirimpettai. Due uomini, due donne. I
simpatici disastri della convivenza, gli immancabili amori
capricciosi, lo spasso dei qui pro quo. Questo Weird Loners
l'ho guardato in una sola sera.
Non avevo niente di meglio da fare e mi andava di
passare due ore – in totale, sei episodi di venti minuti ciascuno –
in compagnia di qualcosa di fresco e divertente. Magari con il famoso
marchio Fox, che da New Girl
a The Last Man On Earth
di rado, in materia di sit-com, delude. A deludere non delude –
sarà che la delusione è generata da aspettative alte, e questo
Weird Loners nessuno
l'ha sentito nominare – ma non si ricorda, a fine visione. La
colpa, adesso, della durata ridotta o di una cattiva scrittura?
La risposta, a metà strada: non c'è
il tempo materiale per scoprire se quello che vedi ti piace o no, ma non c'è il dubbio che i creatori – gli stessi della
fortuna serie con la mia amata Deschanel – non siano al loro meglio
eppure sappiano il fatto loro, in quanto a tempi comici giusti e a
battute che fanno ridere con un niente. Già visto tutto, compresi i personaggi. Nel
senso che sono attori riciclati da altri serial e che non hanno
personalità innovative. L'imbarazzante nerd Nate Torrence – sì,
quello che c'è in qualche film di Adam Sandler; Zachary Knighton, il piacione di turno, che recitava nel piacevole Happy
Endings prima della
cancellazione; Becki Newton – la mitica segretaria Amanda, in Ugly
Betty – che, solita single
sfortuna, fa una dignitosa figura. Evitabile, ma onesto. Di
poca utilità, ma non sconsigliabile. Come una di quelle commedie
americane che, carine e un po' scontate, ti regalano un sorriso e
via: finisce lì. (6)
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