I ♥ Telefilm: Shameless, Pretty Little Liars, Looking

Creato il 13 aprile 2014 da Mik_94
Ciao a tutti! Rieccomi. La noia avanza e vi scrivo. Vi scrivo e voglio parlare con voi di alcuni telefilm - in realtà sono due, il terzo è recentissimo - che seguo da tempo e che, nelle scorse settimane, si sono conclusivi, dandomi – e dandoci – appuntamento al prossimo anno. L'imperdibile Shameless, che quest'anno ha raggiunto livelli altissimissimi; l'orribile e inutile Pretty Little Liars, che mi ostino a seguire armato di non so quale pazienza; il Looking che ha bisogno ancora di tempo per essere messo bene a fuoco. Parlo del primo e sparlo del secondo per tutto il tempo, principalmente. Oggi va così. E voi? Li conoscete, li seguite, li amate – Shameless DOVETE amarlo – o li odiate - PLL dovete odiarlo. Un bacione e buona domenica, M.
Shameless
IV Stagione
Io seguo un mare di serie tv. Tante. Troppe. Seguirle, a volte, può diventare anche un peso. La verità è una, ed è bruttissima: io mi annoio subito. Delle stesse storie, delle stesse cose, delle stesse facce. Eppure ci sono telefilm che seguo da tempo: per abitudine, per noia, per pura inerzia. Lascio accumulare gli episodi, per poi guardarli tutti insieme, come fanno gli studenti modello con i compiti in arretrato. Shameless devo guardarlo subito. Io non posso perdere tempo. Io non posso aspettare. Io lo adoro. Sempre, da sempre. Per me, è la serie tv. La mia preferita in assoluto. Mi sto accorgendo che, almeno in Italia, non siamo in molti a seguirla. Che vergogna, per il telefilm che non ha vergogna! Se non lo conoscete, conoscetelo. Punto. Avete quattro, meravigliose stagioni da recuperare. E non sapete quanto cavolo v'invidio. Per i profani, dico in due parole di che parla. Shameless è incentrato sull'unica cosa più difficile e sfuggente dell'amore: la famiglia. La famiglia Gallagher è l'America che non hai mai visto nei film hollywoodiani: sudicia, marcia, esclusa dalla cara riforma sanitaria e dalle grazie del caro Dio. Dimenticate le foto sorridenti accanto all'albero di Natale, i saggi e accorti capifamiglia, gli amori per sempre. Sono ormai quattro anni che il superbo John Wells che ha diretto il recente I segreti di Osage Country mette la firma a questo prodotto che, in silenzio, è venuto dall'Inghilterra uggiosa e sregolata di Skins e Misfits. Parliamo di un remake. Parliamo di una sorta di reboot vietato ai minori di Malcolm in The Middle; di Un settimo cielo per canaglie e peccatori. Il linguaggio fa male alle orecchie, ma il resto è splendore. Incontaminato, generoso, viscerale. Uno squallido splendore. Io voglio bene ai Gallagher, sul serio. Non chiedono aiuto, non cercano redenzione, ma ai miei problemi aggiungerei volentieri i loro. Ad occhi chiusi. Si fanno amare con una facilità incredibile, si amano con una facilità incredibile. Con un papà alcolizzato e con un piede nella fossa, un disastro di sorella maggiore, due fratellini in preda agli ormoni, un genio travestito da mela marcia. Li chiamo per nome, potrei parlare di loro fino allo sfinimento. Sto zitto, e mi limito all'essenziale. Shameless è un capolavoro del piccolo schermo e la quarta serie, forse, è una delle più belle di sempre. Sono belli Ian e Mickey – pieni di sangue e segreti – che si amano e fanno a botte. Personaggi secondari, bulli omosessuali, ragazzi felici in una Chicago di papponi scontrosi, locali notturni, escort russe. Il Mickey del bravissimo Noel Fisher è credibile, folle, di un'umanità senza pari. E poi, accanto al magistrale e fragile William H. Macy e a una spumeggiante Joan Cusack, la sola e unica Emmy Rossum. La ami e la odi. Non ha trucco, non ha un ruolo facile, ma ha un copione che strappa da lei il meglio: sofferenza, pianto, sangue. Fiona è cambiata e, da sorella maggiore, è diventata tutrice legale dei suoi fratelli. Le responsabilità la rendono diversa, la rendono sgradevole e in briciole. Potenzialmente, un'erede di Frank: tale padre, tale figlia... Un ruolo che si scopre crudele la rende, però, intensa come mai prima. Un Emmy ce l'ha nel nome: non candidarla, questa volta, sarebbe una blasfemia. Nel sesto episodio – Iron City – ti spezza, si spezza. Il finale di stagione parla di morti che camminano e di giovani che s'ammalano della depressione dei vecchi: poveri Lazzari di periferia. Shameless è il serial che non puoi perdere. (9/10)
Pretty Little Liars
IV Stagione Le protagoniste di Pretty Little Liars non recitano, starnazzano. Sono galline professioniste. Vagano in boschi e cimiteri in abito da sposa. Vanno conciate ai funerali come diciassettenni a un festino di Capodanno. In questo serial capitano cose così. Anche l'occhio vuole la sua parte, non c'è dubbio. E, sulla ABC come in casa The CW, tutti sono super: super bellissimi, super popolari, superati. Ma è una serie ABC e sono anche tutti casti e ben vestiti. Niente scene osé: non ci sperate! Due le note positive che riesco a trovare. Spencer e Allison. Spencer: quella che si veste da vecchia, sì. Ah, ma forse vi confondete con Aria? No, lei è solo vintage: si veste come una zingara/cartomante/barbona per scelta di vita. Lei è vecchia dentro. Attiva come la Signora in giallo, lucida come Courtney Love, ma piuttosto brava. Le altre sono dei cani proprio. La peggiore, Ashley Benson, che pare tutti trovino la più bella. In compenso la bambolona bionda non mi convince nemmeno sotto quel punto di vista. Poi Allison: Allison è Allison. Non capisci un cavolo di lei, ma è ipnotica. Bellissima, carismatica, convincente. Com'è il finale di stagione? Inconcludente, come al solito. Prendi a vaglio tutti i tipi loschi. Stani tutti i sospettati. Ci sei. La verità, finalmente. E invece niente. Come quattro serie prima. E questa quarta stagione è la più inutile, insulsa e noiosa: il che è tutto dire, vabbè. Per correttezza, ammetto di essermi addormentato ad ogni puntata, o quasi, e ad ogni puntata, o quasi, di aver saltato interamente le parti di mezzo. Ma Pretty Little Liars è così ordinato, raffinato, organico che riesci a capire tutto lo stesso, anche in quei dieci minuti in cui ti svegli di botto sul divano? No. In realtà ti svegli e le vedi che blaterano, scappano, si lasciano sfuggire il colpevole, come una mosca in un pungo. Mi è piaciuto? Noooo. Guarderò la serie successiva? Sììì. Lo so che pensate: questo è idiota fino al midollo! Comprenderete solo dopo aver visto questo serial.Troppo trash per essere vero. Ognuno ha bisogno della sua dose settimanale di scemenze. I nostri palati chiedono di dissetarsi con il trash puro. E Pretty Little Liars è il Nestea, la Corona, la Coca Cola del trash. Dai creatori di The Walking Dead, Peppa Pig e i Barbapapà. Che collaborazione illustre! (3/10)
Looking
Stagione I Looking è la versione maschile del celebrato Girls. Così l'hanno presentato, lo scorso gennaio. Spontaneo, vero, senza orpelli. Una serie TV con soli uomini e uomini soli. I personaggi, a volte, mi sono parsi veri chiché ambulanti. Ma a volte mi hanno stupito positivamente, perché anche con i baffoni alla Village People o il fare da primadonna, risultano autentici. Looking è targato HBO: dove non ci sono i belli senza arte né parte della The CW. La stessa HBO nota per i suoi telefilm da bollino rosso, ma che – in questo caso – sa essere diretta, incisiva, coerente ma senza eccessi. Bravissimo il Jonathan Groff della prima stagione di Glee, nei panni del quasi assoluto protagonista, e, tra i comprimari, resta impresso il simpatico Russel Tovey di Him and Her. Per le gigantesche orecchie a sventole, i videogame, l'accento british. Soprattutto per l'accento, forse. Questa serie non vuole essere educativa, non vuole essere importante, non vuole indurre alla tolleranza. Scarni gli scenari, misurata la recitazione, magnetica la fotografia. Pittoresca e malinconica questa San Francisco qui. Da intenditori – e io non lo sono, lo premetto – la variegata colonna sonora. Un gioiellino di regia e scrittura il quinto episodio: il più bello. Non è una serie adatta agli spettatori più omofobi del cosmo, Looking. Prosegue per la sua strada – chi c'è c'è, chi non c'è non c'è. Non si parla della confusione giovanile, dell'outing, dei dubbi, ma del dopo. Otto episodi adulti e di grande intimità. In cerca di un loro destino - come i tre protagonisti allo sbando -, ma interessantissimi. Da mettere ancora bene a fuoco. (7/10)

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