sono salita sul traghetto per il giglio con una faccia ingrugnita e un marito molto, ma molto paziente.
che provava, poveraccio, a fare battute e riceveva grugniti.
sono salita bianca, assonnata e niffita, ma niffita, ma così niffita che aiutatemi a dire niffita. graffiavo e soffiavo come un gatto nella doccia. (se non sapete che vuol dire niffito, o “nifito” non siete di lucca, è già una bella fortuna! ;) )
sono arrivata sull’isola che già iniziavo a scusarmi timidamente.
ho fatto il primo tuffo e mi è venuto un colpo, troppo bello, troppo fresco, troppo trasparente, troppo tutto. una sindrome di stendhal marina, una scossa mi ha percorso e ho pensato che non sarei sopravvissuta a quel blu; mi sbagliavo, ovviamente.
ho rincorso i pesci, guardato i ricci, evitato un paio di medusine carogne, mangiato cose buone, dormito, dormito dormito e dormito.
ho riso, ho guardato tutti i blu possibili, il cielo e il mare che facevano a gara a chi era più blu, ho visto due cani e due bambini, ho sentito ragliare gli asini e ho lasciato seccare il sale sulla pelle.
e… non ditelo a nessuno, ma me lo sono portato al lavoro. ho addosso ancora il sale di ieri sulla pelle rossa e sui capelli legati in una coda dalla quale non smettono di cercare di fuggire.
ho il naso rosso, il segno del costume e ho anche ridisegnato i confini delle incazzature.
perchè ci sono dei fine settimana che ti insegnano quali sono le cose importanti e quali invece non lo sono.
e le cose importanti sono il profumo dell’elicriso, del rosmarino, del basilico e del mare.
il rumore dell’acqua sulla riva, il vociare dei gabbiani, la risata di un bimbo coi piedi lerci che cerca il nonno.
il sapore del vino bianco, la luce di una candela, il caldo del granito che si getta nel mare.
perchè dovrei prendermela col diciassette e col lucca firenze, ora che so che non contano nulla in confronto a un’isoletta sassosa in mezzo al mare?