Flash 12-2-2015 Agriregionieuropa (rivista trimestrale di economia agraria)
“Tre sono i rischi. Il primo, che prevalga un’immagine indifferenziata dell’agricoltura. Alla quale contribuiscono le politiche stesse quando, come con i pagamenti diretti, mirano in prospettiva ad una distribuzione del sostegno uguale e indistinto a tutte le latitudini dell’UE. È invece evidente che non più di agricoltura, ma di tante agricolture dovremmo parlare. Questa visione appiattita si alimenta anche della nostra ignoranza. L’agricoltura in questi anni è profondamente cambiata in Italia, in Europa e nel mondo. E cambierà ancora di fronte alle rivoluzioni tecnologiche, demografiche ed economiche alle quali assistiamo. Comprendere questa diversità è una sfida alla quale la ricerca deve risposte e la politica non può non prenderne atto.
Il secondo rischio, è che si affermi una visione nostalgica dell’agricoltura. Prendo per tutti il termine contadinizzazione, così spesso usato per evocare un richiamo (o un desiderio di ritorno) alla tradizione e alla naturalità. Partiamo dall’etimologia: contadino viene da conte, come contea e contado, e rievoca il dominio storico del proprietario della terra sugli uomini e le donne che la lavorano. Contadini, nel senso etimologico del termine, purtroppo ce ne sono ancora tanti nel terzo mondo. Sono anche portatori di valori, ma vivono e lavorano in condizioni economiche e sociali da superare. Meglio parlare da noi di agricoltori. Termine che si coniuga con tanti attributi. Avremo agricoltori imprenditori, della domenica, autoconsumatori, piccoli, giovani, part-time, ecc. Salviamo i valori dei contadini, ma non dimentichiamo la loro sofferenza.
Il terzo rischio è l’isolamento dell’agricoltura. È frutto di un approccio settoriale di contrapposizione nei confronti degli altri settori e della storica separatezza anche fisica tra un rurale esclusivamente agricolo e tutto il resto spiccatamente urbano. Le organizzazioni agricole hanno fatto leva in passato su questa separatezza, catalizzando l’enorme peso elettorale delle campagne. La Pac (Politica agricola comune), in fin dei conti, è figlia di questa spinta. Quel peso è da tempo svanito. Oggi la forza dell’agricoltura non sta più nel numero di agricoltori, ma nei legami sistemici tra agricoltura, agro-alimentare, sviluppo rurale, ambiente, territorio, paesaggio, alimentazione, cultura, salute. Nella convergenza di interessi, e quindi nell’alleanza, degli agricoltori con i cittadini e i consumatori”.