I Tuareg del Sahara: come sopravvivono nei tumulti del Nord Africa

Creato il 15 giugno 2012 da Cafeafrica @cafeafrica_blog
Ecco alcuni articoli interessanti – il primo tradotto da me dall’inglese – che chiariscono le origini delle ribellioni Tuareg e, quindi, di ciò che sta accadendo in Mali attualmente.

I Padroni del Sahara – La lotta Tuareg per sopravvivere in mezzo al tumulto del Nord Africa.

di Peter Gwin

Il comandante ribelle, il suo volto nascosto dietro un turbante scuro, apre la strada sulla sabbia morbida, nera bruciata in alcuni punti da colpi di mortaio esplosi e cosparsa di detriti di una serie di battaglie combattute qui, sul campo di calcio per bambini.

Ad ogni passo, i nostri piedi spesso sfiorano cartucce di fucile. “Passa sui miei passi”, avverte, sottolineando che l’esercito del Niger aveva minato l’area, dove c’era stata una scuola per i Tuareg. I suoi uomini hanno rimosso alcuni dei dispositivi, altri sono rimasti perso nelle sabbie mobili. “Forse sono sepolti troppo in profondità per esplodere se ci si cammina sopra.”

È un tardo pomeriggio della stagione secca e la temperatura finalmente è scivolata sotto i 38° C. Le dune beige che si estendono a nord iniziano ad assumere una tonalità rosa e le ombre dai ripidi crinali a sud-ovest si stanno diffondendo in tutto il fondovalle. In questa valle solitaria chiamata Tazerzaït, dove il massiccio dell’Aïr incontra il grande mare di sabbia del Sahara, gli uomini del comandante hanno vinto la più grande battaglia della loro biennale ribellione contro il governo del Niger.

I ribelli, tutti Tuareg, discendono dai fieri nomadi che per secoli hanno dominato il lucroso commercio carovaniero dell’oro, delle spezie e degli schiavi che s’incrociavano questa regione desolata del Nord Africa. Lottando sotto la bandiera del Movimento dei Nigerini per la Giustizia (MNJ), in parte sostenuta dal leader libico Muammar Gheddafi, avevano catturato 72 soldati governativi a Tazerzaït e rinnovato le loro richieste affinché le entrate derivanti dall’uranio estratto in Tuareg fossero divise. Per una dimostrazione di buona volontà, i Tuareg rilasciarono tutti i prigionieri, tranne uno. “è un criminale di guerra”, dice il comandante.

Mentre camminiamo il comandante spiega che i Tuareg locali hanno costruito la scuola a Tazerzaït perché è vicino ad un pozzo centrale alla aree di pascolo, che permette alle famiglie di visitare i loro figli quando si muovevano le loro mandrie. In precedenza, i locali che volevano offrire un’istruzione ai propri figli dovevano mandarli in villaggi lontani e raramente li vedevano.

“Mio padre conosceva solo come vivere nel deserto”, dice il comandante. “Sapeva come organizzare la carovana di sale a Bilma, come trovare pascolo nel deserto, come cacciare antilopi nei canyon e le pecore selvatiche di montagna. E questo è quello che so anch’io, ma la vita del deserto sta finendo. I nostri figli hanno bisogno della scuola.”

Arriviamo in cima ad una scogliera dove si trovano tre aule di mattoni di fango, le pareti scavate con fori di proiettile, i loro tetti mancanti. Le lavagne sono coperte di graffiti lasciati dai soldati francesi con bestemmie nigerine e vignette raffiguranti i Tuareg che fanno sesso con gli animali.

[…]L’esercito del Niger sta contrastato la sua sconfitta sul terreno con l’acquisizione di elicotteri, e i ribelli di recente sono stati sorpresi da un assalto dall’aria che ha ucciso diversi uomini, tra cui uno dei loro leader. […] “Comprano elicotteri per combatterci, non per costruire scuole o pozzi per noi”, dice il comandante. […]

Per raggiungere questo angolo remoto del deserto più grande del mondo è necessario attraversare un paesaggio – un vasto primordiale luogo costellato da saline che richiede la gran parte di un giorno di viaggio per percorrerlo, le distese di dune che salgono e scendono come mari violenti, e affioramenti colossali di marmo vetroso e ossidiana che fuoriescono dalla sabbia come creature marine estinte. Innumerevoli generazioni di guerrieri Tuareg hanno governato questo regno, chiedendo tributi dai commercianti che solcavano le vie carovaniere e razziando tribù sedentarie lungo il fiume Niger per gli animali e schiavi.

Alla fine del 20° secolo, i Tuareg sono stati l’ultimo popolo dell’Africa occidentale ad essere pacificato dai francesi, e le loro terre sono state assorbite in parti del Niger, Mali, Algeria e Libia. Quei governi hanno generalmente ignorato la loro minoranza lasciandoli vagare per il deserto con le loro greggi di cammelli e capre. Ma negli ultimi decenni, a causa della minor quantità di pioggia durante le stagioni umide, le famiglie Tuareg hanno incominciato a dover lottare per mantenere gli allevamenti di considerevoli dimensioni. “Gli animali sono tutto per un Tuareg”, un anziano nomade, una volta mi spiegò. “Beviamo il latte, mangiamo la loro carne, usiamo la loro pelle, li commerciamo. Quando gli animali muoiono, i Tuareg muoiono.”

Con le loro mandrie in declino, i Tuareg del Niger hanno cominciato a chiedersi perché il governo non abbia condiviso con loro la ricchezza derivante dai ricchi giacimenti di uranio, che per decenni è stato estratto dalle loro terre da pascolo. Negli anni ‘90 una milizia Tuareg, molti dei suoi membri addestrati e armati da Gheddafi, ha combattuto l’esercito del Niger. In seguito fu firmato un accordo di pace, ma poco è cambiato. Nel 2007 il governo stava negoziando contratti con la Francia per rendere Niger il secondo produttore mondiale di uranio e altri accordi con compagnie straniere per esplorare il deserto per altre risorse. Con la nazione affogata nella povertà ed il governo che rifiutava di effettuare investimenti significativi in aree dominate dai Tuareg, i nomadi si sono nuovamente ribellati. Nel frattempo, trafficanti di droga e un ramo nordafricano di Al Qaeda si sono stabiliti nella regione e il governo del Niger ha accusato i Tuareg di essere coinvolti con loro.

In quest’altro estratto di un articolo di M. Alberizzi si parla dei Tuareg del Mali e della volontà di diventare indipendenti, probabilmente sostenuta da forti interessi economici legati come sempre al petrolio.

L’irresistibile avanzata dei Tuareg nel deserto del Mali. Ora nel mirino Timbuktu

di Massimo A. Alberizzi

Quella attuale è la sesta rivolta dei tuareg. La prima è cominciata nel 1916, l’ultima è terminata nel 2006, con un accordo che prevedeva un consistente aiuto economico e una larga e concreta autonomia per il nord del Mali [Azawad]. Secondo gli insorti il governo non ha mantenuto le promesse. Sotto le ceneri della pace è covata la brace della vendetta e il fuoco si è riacceso quando l’estate scorsa sono arrivati “i libici”, cioè i tuareg che si erano spostati nell’ex colonia italiana al servizio di Gheddafi.

All’inizio della guerra di Libia nel 2011, consistenti gruppi di mercenari tuareg, che appoggiavano il dittatore solo per convenienza, sono rientrati in Mali, portandosi via parte degli arsenali del rais.

In ottobre dell’anno scorso hanno organizzato l’MNLA (Movimento Nazionale per la Liberazione dell’Azawad, la regione del Sahara maliano). I primi attacchi in gennaio e la rivolta ha vantato le prime conquiste.

Fonti dell’intelligence inglese hanno spiegato al Corriere che dalla Libia stanno arrivando anche un centinaio di missili terra aria, Sam 7 (trenta  è stato specificato sono diretti a Kisimaio in Somalia), e ben 70 tonnellate di Semtex, uno degli esplosivi più potenti.

Ma non solo. L’MNLA è un movimento laico che durante il periodo di pace con il governo aveva protestato perché l’esercito non combatteva con sufficiente forza i terroristi di Al Qaeda nel Maghreb Islamico. Ciononostante in questa ribellione ha unito le sue forze con quelle di Ancar Dine, un altro gruppo tuareg che predica però l’applicazione della sharia, la legge islamica e che gli osservatori sospettano sia in stretta relazione con AQIM.

Il pasticcio maliano presenta inoltre altri aspetti piuttosto incomprensibili. L’MNLA aveva dichiarato guerra agli arabi trafficanti di droga, islamici di al Qaeda e gang di banditi comuni uniti dal business. Li aveva accusati di voler trasformare il Mali in un narcostato, in combutta con alcuni vertici del governo di Bamako. Ora però sembra che abbia applicato l’adagio “il nemico del mio nemico è mio amico”. E non rifiuta l’aiuto degli islamici.

80.000km² è la superficie della zona dell’Azawad, dichiarata dai Tuareg stato indipendente. Timbuktu condivide con la Mauritania e l’Algeria il bacino di petrolio e gas di Taoudeni.
Si stimano quasi 5 milioni di Tuareg in Nord Africa, di cui il 90% vive in Mali e in Niger.

Foto di Brent Stirton

Women cook the evening meal by their tent, made from straw mats. Their herds decimated by droughts, many nomadic Tuareg have moved to towns to work as blacksmiths, leather artisans, and tour guides.
As the wet season fades, Moussa (foreground, above) faces hard months of finding enough grazing for his herds to survive until the rains return. “Water is life,” he says, reciting a Tuareg proverb.

A caravanner of mixed Tuareg and Arab descent leads his camels in Mali. His Tuareg uncles taught him which plants can cure—or kill—his animals and how to navigate by the color, texture, and taste of sand.
Their hands stained by the indigo dye in their new clothes, Tuareg women celebrate a birth. Tuareg females rarely cover their faces, while men traditionally wear turbans that conceal all but their eyes.

Tuareg women gather around bowls of macaroni for a child’s naming ceremony. Older female relatives of the mother discuss three possible names, assigning each name to a straw. The mother then draws one of the straws, determining the child’s name.
Beating back thirsty donkeys, a Tuareg boy keeps order at a desert well.

Soon after dawn, Tuareg rebels from the Movement of Nigeriens for Justice take up positions during a training exercise near their base in the Aïr Massif. The Tuareg have fought two rebellions against the Niger government, the most recent related to uranium mined on their traditional lands.
Tuareg fighters survey a battle-scarred Tuareg school in northern Niger. In recent years Tuareg in Niger and Mali have rebelled, claiming their governments collect taxes but invest little in their impoverished regions.



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