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Quattro milioni 341mila 156: l’ultimo dato sui residenti italiani all’estero (aggiornato al 31 dicembre 2012) è stato reso noto pochi giorni fa in Gazzetta Ufficiale.
Due milioni 365mila 170 sono residenti in Europa, 1 milione 338mila 172 in America Meridionale, 400mila 214 in America Settentrionale e Centrale, 237mila 600 in Africa, Asia, Oceania e Antartide. Rispetto all’anno precedente, l’incremento è stato di 132mila 179 italiani in più, residenti all’estero.
Non ci stancheremo mai di ripetere come questi siano dati molto generali, che accomunano vecchi e nuovi emigrati, sovrapponendo due “ere geologiche” completamente diverse tra di loro. Ma sono comunque indicativi, per fotografare il variegato mondo di italiani all’estero… di cui questo Paese tende un po’ troppo spesso a dimenticarsi.
Dimenticarsi, per inciso, anche in campagna elettorale: quella che era nata come la “campagna delle campagne”, un’elezione in qualche modo storica, decisiva per definire le future sorti del Paese (rilancio o fallimento?)… sta franando su temi che sono completamente inutili. Se non addirittura dannosi. Facendo crescere il pessimismo di chi ritiene che l’Italia si stia incamminando verso il baratro. Ancora una volta sulle sue gambe.
Sono 200-300 euro di Imu a famiglia il problema dell’Italia? No. No. E ancora no. Un Paese che si concentra sull’utilità o meno di vedersi restituire una quantità così misera di soldi è un Paese che merita la condanna della storia.
Un Paese che prepara le elezioni avendo a cuore il proprio futuro, e quello dei suoi figli, perdendo di vista i 200 euro di oggi per politiche di medio-lungo periodo di domani, è un Paese in grado di guardare alle sfide del futuro, nell’ottica di un rilancio globale.
Guardiamo ai veri problemi: problemi che partono dai giovani. Illuminante, in questo senso, un’indagine del Coinor, dell’Università Federico II di Napoli. Utile, estremamente utile a capire perché i migliori e più qualificati talenti di questo Paese emigrino.
Al Coinor hanno sorteggiato 2000 laureati dell’università partenopea, cercando di capire cosa ne è stato di loro, dopo il titolo: ebbene, il 34,1% (uno su tre!) lavora all’estero – non solo, ben 470 di questi 682 espatriati ha raggiunto posizioni apicali all’interno di aziende straniere. Solo un quarto lavora ancora a Napoli o in Campania: il 17% invece si è spostato all’interno dell’Italia. Infine, il 22% è disoccupato, o lavora come precario.
Fattore ancora più grave: sono le facoltà scientifiche quelle che producono più “talenti da esportazione”: Ingegneria, Fisica e Chimica. Ma anche gli economisti napoletani si rivelano ottimi manager, all’estero.
“E’ una vera e propria rivoluzione silenziosa nei confronti di un Paese che non sa offrire una qualità della vita e di lavoro tale da essere competitivo con altre nazioni“, sintetizza il rettore Massimo Marrelli al quotidiano “Il Mattino”. Marrelli aggiunge: “si può dire che noi investiamo in formazione e creiamo professionisti che portano ricchezza fuori. Consideriamo poi che l’intero percorso scolastico e universitario costa circa 100mila euro. Un peso che grava direttamente sul territorio che ha ospitato il giovane che, nel nostro caso, sceglie spesso di andare a lavorare all’estero“.
I dati sui giovani laureati napoletani riflettono -su scala più ampia- la crescente disillusione dei giovani studenti universitari italiani: per sei su dieci la laurea non basta, serve più meritocrazia (indagine del Gruppo San Pellegrino). Oltre il 20% di loro ha già pronte le valigie per andare all’estero. Qualcuno, commentando i dati, ha aggiunto “solo il 22%”… Che quasi un laureato su quattro pensi di andarsene voi lo definite “solo”???
Merito, formazione, innovazione, globalizzazione, nuove politiche industriali, riconnessione tra capitale umano all’estero e capitale umano in Italia: questi son0 i veri temi che vorremmo vedere discussi -anche animatamente- in campagna elettorale. Temi per il futuro del Paese e dei suoi figli, questioni cruciali per far ripartire il Paese. Ed evitare un’altrimenti inevitabile decadenza.
Non sono i 200-300 euro di Imu la soluzione. Quella è solo carità pelosa. E con la carità pelosa non si va da nessuna parte. O meglio, si viaggia a folle velocità verso il baratro.
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