Non causa ma semplice manifestazione di un problema più grande
L'argomento della dipendenza da videogiochi è oggi molto dibattuto, su una serie di livelli talmente variegata da provocare confusione sul tema. È indubbio che la sensibilità sulla questione sia aumentata proporzionalmente alla diffusione del media videoludico: se prima gli "alienati" rappresentavano una categoria ridotta e specifica, la popolarità del videogioco gli ha permesso di diventare un argomento di discussione nella quotidianità di tutti noi. Non ultimo, è in crescendo un parallelo con la dipendenza da Internet e la "ludopatia" da gioco d'azzardo, quest'ultima una patologia molto seria che sembra trovare per qualcuno nel videogioco una sorta di declinazione moderna. Non è che la cosa ci esalti particolarmente, preferiremmo che quello dei videogiochi rimanesse un terreno a sé stante, da non sovrapporre ai videopoker, i gratta-e-vinci e le slot machine. Anche se ci sono diversi punti in comune tali da giustificare qualche legame (sono entrambe passioni costose), rimangono mondi diversi, animati da intenzioni differenti e ogni parallelismo è a rischio generalizzazione. Ha fatto scalpore in tal senso l'attacco del giornale The Sun, che lo paragonava addirittura all'eroina con un articolo inutilmente sensazionalistico, che non fa bene all'informazione, né ai videogiocatori. In altri casi invece abbiamo assistito a curiose strumentalizzazioni per alimentare il mito di un prodotto, come il caso dell'autore di Flappy Bird, che ha deciso di rimuovere il gioco dagli store poiché era in grado di causare dipendenza. Dubitiamo, al di là del nobile gesto, che l'intenzione fosse davvero quella di salvaguardare la psiche e la vita sociale dei giocatori. Abbiamo quindi deciso di fare un po' mente locale sulla questione, cercando di capire se è il videogioco a causare una reale dipendenza patologica, o c'è sotto qualcos'altro.
I videogiochi contro l'Alzheimer
Cominciamo subito anticipando che non abbiamo la minima intenzione di giudicare la problematica della dipendenza da videogiochi, così come il lavoro di chi cerca di combatterla anche attraverso la psicoterapia o la cura medica. Siamo perfettamente consci che il videogioco, come molte altre attività, possa rappresentare il mezzo di sfogo di patologie probabilmente più serie e che necessitano di un intervento professionale.
Il fatto che possa rappresentare la causa di una disfunzione comportamentale è invece una questione estremamente più nebulosa e complessa. Partiamo da una base: i più recenti studi scientifici provano che l'utilizzo di videogiochi porti una serie di benefici sensoriali, grazie alla capacità di modificare la plasticità del cervello. I complessi stimoli cognitivi e motori contribuiscono ad allenare svariate abilità. In parole povere? Aumenta la materia grigia in zone del cervello adibite, testualmente, alla navigazione spaziale, la pianificazione strategica, la memoria di lavoro e le performance motorie. Niente male, no? Una prova che demolisce anche le vecchie credenze e spauracchi che vedevano i videogiochi come principali nemici della nostra sanità mentale. Appurato che i giochi non ci bruciano il cervello, è quasi sconvolgente scoprire che dai test citati si è arrivati addirittura a ipotizzare che possano contrastare malattie come la schizofrenia, l'Alzheimer e il morbo di Parkinson. Anche un bicchiere di vino al giorno aiuta i reni, ma una damigiana distrugge il fegato.
Quando gli equilibri si infrangono
Il problema nasce al momento che un disagio non correlato a una passione finisce per sfruttarla per manifestarsi. Questo è probabilmente un elemento che richiede davvero elaborazione, identificazione ed eventualmente cura. Ma noi siamo un sito di videogiochi, non ci occupiamo di psicoanalisi, quindi eviteremo di inoltrarci sui traumi e i nodi che ci spingono qualcuno a diventare schiavo di un controller o una tastiera. Specificato questo, nessuno può negare che l'abuso possa portare qualsiasi cosa a conseguenze insondabili e pericolose.
I videogiochi sono intrattenimento per definizione, non possono né vogliono essere altro, ma crediamo che nessuno contesti il fatto che, rispetto ad altri media, possano presentare un rischio più elevato di sfociare nell'uso improprio. I giochi sono concepiti per occupare il nostro tempo, tanto, sono pensati per stimolare la sfida o alimentare eternamente il nostro desiderio di appagamento e vittoria, un desiderio che non sarà mai completamente esaudito, perché dobbiamo desiderare nuovi giochi e nuovo hardware per ricominciare il ciclo. Ed è giusto così, fa parte del pacchetto, è per questo che, di fronte ai potenziali rischi di questo tumultuoso oceano di emozioni, è importante una disciplina per non andare alla deriva. Alienante? Niente affatto, basta uscire di casa, o guardare il mondo intorno al nostro dispositivo, per capire che funziona nello stesso modo. Purtroppo non tutti sono dotati di un senso della misura; la nostra stessa chimica, così diversa in ognuno di noi, spinge qualcuno verso un approccio maggiormente irrazionale con i media di intrattenimento. È per questo che risulta quindi importante un certo spirito di autocritica: i videogiochi, specie i giochi di ruolo, favoriscono l'idealizzazione attraverso un avatar che accoglie la proiezione della nostra forza e delle nostre aspettative. Citando l'icona nerd Leonard Hofstadter di The Big Bang Theory: "Se una persona non si sente realizzata nella vita reale, è facile che si perda in un mondo virtuale dove può provare un illusorio senso di realizzazione". Niente di più giusto.
Sognatori di sogni
È anche vero che se fossimo tutti coscienziosi, equilibrati e intelligenti forse vivremmo in un mondo migliore, ed è altrettanto vero che nessuno nasce con i mezzi per preservarsi dai potenziali pericoli. Per questo è importante che i più piccoli siano assistiti ed educati sull'utilizzo del media videoludico, soprattutto le nuove generazioni, per le quali è facile entrare in contatto precocemente con le tecnologie.
Questo lo sappiamo tutti, ma è fastidioso a volte constatare che l'opinione pubblica finisca per limitare la pericolosità di un abuso al mondo infantile, si tratta di una visione molto superficiale. Anche se sono solo "giochi", sappiamo benissimo che possono rappresentare una minaccia anche per il mondo adulto.
Forse il videogiocatore passionale è un fanciullo mai veramente cresciuto, un sognatore di sogni. Se dovessimo descrivere il suo profilo ideale sarebbe sicuramente quello di una persona ricca di fantasia, i sognatori sono sempre in cerca di stimoli e possibilità. È assolutamente normale rimanere coinvolti da un gioco che ci appassiona fino a esserne ossessionati. Non c'è nulla di sbagliato, in quanto in questo caso non parliamo di qualcosa in grado di provocare un'assuefazione fisica. L'importante è che la nostra ossessione non finisca per compromettere i rapporti sociali, scolastici, lavorativi, ma soprattutto affettivi. L'abuso può portare anche a serie conseguenze fisiche e comportamentali, come obesità, stanchezza, traumi da postura errata e facile irritabilità. Quando videogiocare si trasforma in un mezzo per esprimere isolamento e alienazione, allora bisogna cercare di scavare più a fondo dell'effetto, per comprendere la causa. E sicuramente non ha nulla a che fare con il videogioco.