Jake Skowran, ex responsabile delle spedizioni per una fabbrica di trattori del Wisconsin, ha toccato il fondo: da quando la ditta ha chiuso i battenti, ha dovuto rinunciare alla sua Dodge Viper, alla tv via cavo, e persino alla fidanzata Kelly, fuggita a Ypsilanti con un venditore d’auto. Da un po’ di tempo passa le giornate a rubare sigarette nel drugstore locale (con la connivenza del cassiere Tommy, amico disposto a chiudere un occhio) e ad evitare gli agguerritissimi esattori delle società di recupero crediti. Come se non bastasse, è pieno di debiti di gioco, e “non passa mese” senza che qualcosa di suo “finisca al banco dei pegni o venga pignorato”(1). Per fortuna, ad offrirgli una via d’uscita, ci pensa Ken Gardocki, piccolo boss locale pronto a pagare 5000 dollari per l’eliminazione di sua moglie Corinne.
E, a dispetto di tutti i dubbi e di ogni scrupolo morale, Jake accoglie l’offerta come una seconda possibilità, come l’inizio di una nuova, promettente carriera…
Raccontato in prima persona e al passato dalla voce del protagonista, Fatti fuori tratteggia l’America della crisi “dall’interno”, con amaro realismo e prodigiosa ironia.
Erede di una tradizione narrativa che, su basi tematiche, collega Fargo dei fratelli Coen al recente Go with me di Castle Freeman(2), il romanzo di Levison trova nella chiarezza, nella linearità il suo elemento caratteristico: laddove i Coen si lanciano in una fortunata rilettura in nero della commedia degli errori, affidandosi all’usuale, sgangheratissima, comicità, e mentre Freeman si concentra sulla riproduzione del parlato, facendo della lingua la spia di un regresso economico che pare essere anche culturale, Levison abbandona tutti gli escamotage tipici del suo genere(3), prendendo come molla della narrazione la ricostruzione psicologica dei moventi dell’agire dei protagonisti. Certo, nello scegliere la linearità, nel giocare a carte (quasi) scoperte, ha dalla sua una buona dose di ironia, ma questa non risponde mai ad un esigenza di puro intrattenimento, e nasce sempre (o quasi) dal cozzare delle motivazioni -comprensibili se non proprio giustificabili- dei personaggi, contro una realtà, sempre meno accettabile, sempre più grottesca.
Nella livida e desolata provincia post-industriale del Midwest dipinta da Levison, tasso di disoccupazione crescente, smantellamento delle fabbriche e recessione(4), ben lungi dall’avere un valore puramente economico, assumono i contorni di un ineludibile scacco esistenziale; e di fronte all’imperscrutabile mistero della crisi (non solo) economica, le assurde pretese di Jake, killer più per il bisogno di sentirsi di nuovo considerato, adatto e persino portato per un qualche genere di impiego, che per reale necessità, sembrano ben più accettabili, corrette e umane delle regole del cosiddetto “mondo del lavoro”.
E così, sul finale, l’autore può permettersi di sovvertire la tradizionale morale del noir, rispolverando il lieto fine, perdonando al protagonista i suoi “peccatucci” e lasciando una discreta serie di conti aperti; il tutto senza scatenare le proteste del lettore.
I personaggi credibili e ben delineati, l’ironia affilatissima e l’intreccio abbastanza solido da stare in piedi senza il bisogno di strani espedienti narrativi o mirabolanti effetti di focalizzazione, ma sopratutto le originali scelte tematiche e narrative, fanno del romanzo di Levison un oggetto narrativo fuori dal coro, che spicca in un panorama di narrazioni spesso pregevoli, ma ancora apparentemente impermeabili, o troppo immature per affrontare seriamente la crisi contemporanea e il (definitivo?) tracollo del sogno americano.
Uscito negli USA nel 2003 e pubblicato in Italia per la prima volta nel 2005, il romanzo Fatti fuori, di Iain Levison, torna in libreria in questi giorni, proposto ai lettori italiani da Instar Libri.
(1)Iain Levison, Fatti Fuori, Instar Libri, Torino 2011, p. 9. Traduzione di Marco Bosonetto.
(2)Castle Freeman, Via con me (Go with me), Marcos y Marcos, Milano 2011.
(3)Ovvero un certa forma del nuovo pulp americano.
(4)Elementi, questi, che demoralizzando paralizzano l’azione, o almeno dovrebbero…