Il secondo lo abbiamo sperimentato per quarant’anni, dal 1970 a oggi, con l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori: è il diritto a tenersi il proprio posto stabile quando lo si è trovato, ma non è affatto il diritto al lavoro stabile per chi ancora non lo ha trovato.
Resta il terzo, ovvero il modo più serio e più impegnativo di intendere il diritto al lavoro: l’esperienza degli ultimi due secoli mostra che non vi è modo migliore per garantire a tutti una opportunità di lavoro secondo le proprie capacità e la propria scelta, che quello di un mercato del lavoro ben funzionante, fluido e innervato di servizi efficienti, in un sistema economico aperto.
Nella sua intervista pubblicata mercoledì dal Wall Street Journal Elsa Fornero, dicendo che il lavoro non è “oggetto di un diritto”, ha soltanto voluto prendere le distanze dal modo burocratico e dal modo sindacale di intendere il “diritto al lavoro”, spiegando come va letto correttamente l’articolo 4 della nostra Costituzione. Chi per questo la ha duramente attaccata ci dica, per favore, qual è il suo modo di intendere il diritto al lavoro”.