Premetto che non sono un esperto e che il mio sguardo sui comportamenti infantili è basato unicamente sulla mia breve esperienza di genitore ed è, a tutt'oggi, più quello dell'etologo che quello dello psicologo, avendo passato, dall'infanzia a dopo l'università, molto più tempo con gli animali che con i bambini.
Ai tempi di Skipper e Minnie ci fu un terzo cane che ebbi in casa, per circa un mese, nell'attesa di trovargli un padrone. Non conoscendone il nome e non volendo fin dall'inizio tenerlo definitivamente, lo chiamai Ics, come la lettera dell'alfabeto 'X' e che in matematica rappresenta l'incognita: mi sembrava un nome appropriato per un animale di cui non sapevo nulla. Ics era una femmina e credo non fosse un cane lupo, ma una vera lupa semi addomesticata. Era magra e con il pelo corto e le zampe erano lunghe e scattanti. I denti erano affilati come coltelli e tagliavano appena li sfioravi con la mano. Il muso era breve e le orecchie due bei triangoli isosceli marroni e dalla base stretta. La conobbi a Villa Borghese un giorno che passeggiavo con i miei due cani 'ufficiali'. Aveva da poco morso una persona che faceva jogging ed era subito scattata la caccia al mostro, con pattuglie della polizia municipale e guardie zoofile. Insomma, un dispiegamento di forze imponente e inopportuno per un povero animale, una scena da guerriglia, in cui mancavano soltanto le mimetiche, ma che mi ricordavano ugualmente le ricerche di Rambo fra le montagne e i boschi fra Stati Uniti e Canada. Ma fu come se si volesse colpire una mosca con una palla di cannone e Ics non la trovarono mai, né quel giorno, né quello dopo e nemmeno per tutta la settimana seguente, fin quando cioè le ricerche della belva non terminarono.
Fui informato di quel che stava succedendo dai miei amici che incontravo quotidianamente fra i prati del parco e decisi subito di aiutare quel cane. Non mi piaceva la fine che avrebbe fatto, in un canile dove per molto tempo avrebbe atteso un padrone che non si sarebbe mai presentato. E poi non mi andava a genio la faccia vendicativa dell'uomo che era stato morsicato, il cui unico scopo nella vita - mi pareva guardandolo da vicino - era ormai diventato quello di fare la pelle all'animale. E così, mi indicarono dove Ics si nascondeva, dietro a una siepe a non più di cinque metri dalla persona che le dava la caccia, e senza indugiare le infilai il collare di Minnie, che tanto poteva camminare sciolta al mio fianco, e mi diressi verso casa seguito anche da Skipper.
Ics si lasciò condurre fino al mio appartamento, fidandosi ciecamente di me, ma appena mi chiusi la porta alle spalle iniziarono i guai. Aveva una carattere dal leader, era un cane 'alfa', come si dice in gergo, ossia un capo branco. Ma anche Minnie lo era, e indiscutibilmente da sempre. Per Ics, Minnie era la rivale da destituire dalla sua leadership. Per Minnie, invece, Ics era l'intrusa, l'ultima arrivata alla quale non poter cedere il proprio posto. Era lei il capo mai messo in discussione e tale voleva restare. Gli scontri iniziarono il primo giorno in cui si videroe terminarono un mese dopo, quando finalmente un'anima pia adottò Ics. Per circa trenta giorni furono morsi e buchi nella pelle, punti di sutura dal veterinario e lotte furibonde, sia in casa che all'aperto, nelle quali nessuna delle due cedeva o abdicava o soccombeva e con Skipper che, parteggiando ora per l'una e ora per l'altra, dava opportuna manforte a chi di volta in volta prevaleva.
Ciò che cercavo di ottenere, lasciandole lottare, era che una delle due si arrendesse e cedesse il passo, creando in tal modo un nuovo equilibrio dopo lo sbilanciamento causato dall'arrivo di Ics. Ma molte persone che incontravo e che assistevano ai combattimenti non gradivano il mio 'laissez-faire', teso alla ridefinizione di una leadership che doveva necessariamente passare attraverso la resa di uno dei due animali. E una volta una signora con un barboncino mi diede addirittura e gratuitamente del "maniaco" - proprio così mi definì - come se mi divertissi a veder soffrire quegli animali, non sapendo invece che un mio precedente tentativo di separare i due combattenti non aveva prodotto altro esito se non quello di provocare lunghe lacerazioni sulla pelle dei cani, nonché una sorta di scompenso cardiaco al sottoscritto per aver sollevato in aria e lanciato lontano, a più riprese, prima l'uno e poi l'altro animale.
Tutta questa abbondantissima e curiosa premessa non ha altro scopo se non quello di accennare a ciò che ho osservato l'altro giorno riguardo il rapporto, ancora agli albori, dei miei due figli, di quattro anni e otto mesi il primo e di un anno e un mese il secondo. La fratellanza o la fraternità, a seconda dell'angolazione dalla quale si voglia guardare questa relazione ovvero dal punto di vista della mera consanguineità oppure dell'amore fraterno, ai suoi inizi almeno, a quanto mi pare, ha assunto una connotazione di conflittualità 'canina'. E non mi riferisco alle normali manifestazioni di gelosia del primogenito per il secondo, ma a quelle molto più istintive e per nulla razionali di quest'ultimo verso il fratello maggiore. Il quale, per farla breve, qualche sera fa, di punto in bianco, si è sollevato dal pavimento, dove stava giocando e con la manina ha cominciato a picchiare Dodokko sul volto, senza un motivo apparente, mentre quest'ultimo se ne stava seduto tranquillamente vicino a me a guardare la televisione.
Ecco, non so se sia stata una forzatura fatta dal mio cervello - l'ho detto all'inizio che ho un'impostazione mentale più da etologo che da psicologo - ma questa scena mi ha fatto ritornare con la memoria alla vicenda di Ics e Minnie e della loro lotta per la leadership iniziata con l'ingresso in casa dell'ultima arrivata. Chissà se ultimamente tra i fratelli non stia accadendo qualcosa di analogo a ciò che successe fra i miei cani alcuni anni fa.