Il mio nome è Strange
di Alessandro Ceccoli
Edit. Medea
PP.202
Euro: 16,00
Recensione
di Ida Verrei
“lo svolgere della vita dipende da dove ti poni, dall’altezza da cui guardi, è solo un gioco di distanze, e ogni passo fatto anticipa quello successivo” (pag.11)
E il cammino può essere a ritroso, verso il passato, oppure verso l’ignoto, ma è sempre una somma di viaggi che ognuno compie nel tempo e nello spazio, una ricerca che è soprattutto interiore, il bisogno di costruirsi un’identità che plachi l’urgenza di conoscere se stessi.
Il libro di Alessandro Ceccoli, è questo, ma non solo: in un intrecciarsi di generi, (dal noir d’azione, all’analisi socio-psicologica, dal romanzo d’avventura, alla speculazione filosofica e all’intimismo), percorre una serie di tematiche, tutte sviluppate con maestria, che si coordinano l’una all’altra e, pur nella costruzione narrativa complessa, spingono il lettore a procedere con gusto e curiosità nel dipanarsi di una storia che talvolta spiazza, altre commuove, altre ancora angoscia.
Follia, fuga, intrigo internazionale, amore e, soprattutto, la dolce morte, vista in una dimensione prettamente umana, estrapolata da questioni morali o religiose, sono gli argomenti del romanzo.
Ma chi è il protagonista della storia? Il folle fuggito dallo psichiatrico, nascosto tra i cunicoli del Cimitero delle Fontanelle a Napoli, che ruba un’identità e va incontro a un nuovo destino? O l’eroico medico che tenta di salvare gli hutu contro la ferocia dei tutzi in Ruanda? O ancora, il “bastardo che opera sulla linea di confine…che non si sottomette alla logica del governo degli uomini”? (pag.179)
È certamente un uomo solo, ma si è sempre soli quando si stravolgono le convenzioni: “ Siamo null’altro che quello che sogniamo…”
Nella finzione letteraria l’Io narrante, un uomo nel pieno della maturità, durante una sosta a Shanghai, mentre è lì “a giocare con la vita e a portare la morte”, sente il bisogno di raccontarsi, per “lasciare una traccia della sua incredibile avventura”. “Scrivo pensieri, poesie, parole, frasi senza senso, vomito congetture inondando pezzi di carta, espello tutto quello che il mio cervello non riesce più a trattenere; e non mi interessa sapere il perché, l’unica cosa che conta è liberarmene”. (pag.90)
Si sofferma su vicende del proprio passato, si rifugia nella memoria, con tono di volta in volta ironico, dolente, dissacrante. E’ un fuggitivo che ha attraversato la follia ed è poi entrato in un’altra pelle, per “un caso fortuito” ( il “caso” ritorna sempre nei romanzi di Alessandro Ceccoli); non narra il trauma del ricovero, si limita a descriverne gli effetti, ma esso aleggia in tutta la narrazione, come una ferita non sanata, mai rimossa.
“Tutto ritorna. Tutto è conseguente…” e, dall’incursione nei ricordi, Strange, il singolare protagonista della storia, passa ad una sorta di diario, una cronaca di viaggio verso una missione oscura, dove si alternano momenti in cui la materia narrativa è ricondotta agli eventi, e momenti in cui l’emozione dei sentimenti trabocca. E qui ci si trova immersi in paesaggi fantastici, una Cina fiabesca, in atmosfere sospese tra sogno e realtà: il fiume Li Jangh, “ebbi l’impressione di avere di fronte le enormi dita di un gigante morente, protese in un ultimo sforzo ad afferrare il cielo…”(pag.41) O il tempio che emerge dalle acque: “Due massicce statue di Buddha, circondate da liane, minuscoli fiori rosso rubino e impercettibili trasparenti pesci vegliavano nei fondali. La loro presenza sembrava testimoniare che la vita non fa differenza di specie e il bisogno di Dio non ha confini…” (pag.76) Scenografie di forte impatto, non solo visivo.
Ma la narrazione ha un ulteriore livello, c’è il racconto in terza persona di eventi che si svolgono in modo parallelo. Eppure non c’è frattura, sembra ancora che sia Strange a raccontare, a presentarci quella che potremmo ritenere la co-protagonista, Maria, la giovane detective che lavora per il Vaticano, alla ricerca dei fondi neri dello Ior, di un colpevole per una morte sospetta e che tenta di sfuggire alle terribili rappresaglie della mafia cinese.
“I miei personaggi femminili hanno sempre scarso spessore” dice Alessandro Ceccoli. Non è così: Maria, “ribelle quanto bastava, rude nell’approccio e amante del lavoro solitario…una sensibilità insolita e un sesto senso che la portava a sbrogliare anche le situazioni più complesse…” (pag.30), è una figura forte, ben delineata, una donna determinata eppure estremamente femminile, nelle emozioni, negli abbandoni, e nell’illusione di un sogno d’amore Definita, forse, anche più dello stesso Strange, che appare una sorta di moderno Lord Jim, sempre avvolto da una zona d’ombra, un personaggio oscuro, mai totalmente conosciuto, che incuriosisce ma insieme intenerisce e commuove.
Fare una breve sintesi del romanzo non è facile, è un continuo susseguirsi di situazioni diverse, di mutamenti di scenari, di intrecci tra gli eventi. E’ un libro che tiene sino alla fine col fiato sospeso, che avvince e affascina. Anche i personaggi minori sono tratteggiati con cura: il commissario Marò, “ un budino…dolce ma terribilmente molle”; Monsignore Uboldi, con un linguaggio “ben lontano da quello del mondo ecclesiale”; Elias, l’amico fraterno, l’altro “bastado che forniva la logistica”; e infine Liù, l’alto dirigente della Cina Comunista, l’uomo che Strange avrebbe dovuto accompagnare verso la morte, colui che gli spiega il senso dell’ideogramma inciso sul dorso dei Buddha: “siate un onda anomala”, la sintesi del suo esistere..
Un bel libro, scritto con cura e strutturato bene, una storia insolita ma verosimile, con agganci all’attualità; amara, talvolta, perché amara è la vita.
E di tanta vita, di tanta storia, come spesso accade, infine, resta solo la solitudine: “Si fa di tutto per nascondersi alla morte, ma per vivere bisogna abbassare la testa e continuare a camminare…”(pag.81)
I.V.