Identificazione di una mostra: la 69 edizione del festival di Venezia lontano dagli schermi - 3 giornata
Creato il 01 settembre 2012 da Veripaccheri
Paradossi festivalieri: in un
organizzazione mastodontica ed importate come quella messa in piedi da un
festival internazionale come quello di Venezia, con deus ex machina, uffici
stampa , case di produzione, press agent tendenzialmente all'insegna del meglio
che c'è in circolazione, succede che le cose più interessanti se non le
migliori capitino quasi di nascosto, o per lo meno senza la fanfara che di
solito circonda l' attesa dei film in concorso. E' il caso per esempio del
piccolo film "Wadjda"della regista saudita Haifaa Al Mansour
applaudito calorosamente da una platea conquistata dalla fresca semplicità
della sua storia. Wadjda è infatti la bicicletta che la piccola protagonista
desidera e che tenterà in tutti i modi di avere nonostante il diniego di una
società che nega alle donne anche una passeggiata su due ruote. Nel raccontare
le peripezie della ragazzina il film riesce anche a parlare della condizione
femminile e della speranza che questa condizione possa prima o poi cambiare. Se
a prima vista "Wadjda" sembra assomigliare alle opere di quel
neorealismo iraniano che da Kiarostami in poi aveva monopolizzato l'attenzione
dei festival di tutto il mondo con storie di bambini che cercavano di rimanere
tali in un mondo adulto e crudele, l'opera prima di Haifaa Mansour detiene
anche due record: è il primo film girato in Arabia Esaudita mentre la sua
protagonista appena dodicenne è l'attrice più giovane della kermesse. Sempre
dello stesso tenore produttivo, ovvero all'insegna di un costo (basso) inversamente
proporzionale all'importanza dei contenuti sono altre due opere presentate ieri
nelle sezioni collaterali: quella di Liliana Cavani che in un
documentario di 22 minuti girato con camera fissa e domande fuori schermo
intervista le "Clarisse" a proposito della fede e del
significato della preghiera rispetto alla mondanità del nostro tempo. Le
risposte risulteranno sorprendenti ed in qualche modo rivoluzionarie
soprattutto quando si parlerà di una chiesa accusata di maschilismo per aver
tradito il messaggio evangelico che prevedeva eguali diritti ai suoi discepoli,
senza la distinzione tra uomini e donne che oggi invece esiste e fa sentire
inutili comunità religiose come quella delle Clarisse. Ed ancora il
documentario di Silvia Giralucci "Sfiorando il muro"
dedicato al padre, militante di destra ucciso dalle Brigate rosse nel 1974
durante i famigerati anni di piombo. Indagando nella memoria di quella vita
rubata senza ideologie ne moralismi il documentario si interroga non tanto
sulle ragioni di quella morte ma sulla mancata volontà di capire il
perchè di quel perido di terrore.
Tornando invece al cinema ma mantenendoci lontano dalla pazza folla segnaliamo
l'opera prima di Luigi Lo Cascio presente nella sezione orizzonti con
"La città ideale" che sceglie la strada più ambiziosa
confrontandosi con Sciascia, Borges e Polanski per raccontare lo scontro tra
gli ideali dell'utopia del protagonista, convinto di poter vivere utilizzando
energie ecosostenibili, e la contingenza di una contemporaneità fatta apposta
per mettere in crisi qualsiasi tentativo di diversità. Le cronache sono
discordi, alcuni parlano di film confusionario e di poca sostanza, altri invece
lodano il tentativo di fare un cinema coraggioso ed alternativo. La mancanza di
un pensiero unico e l'occasione di vedere all'opera il neo regista non lasciano
alcun dubbio sulla scelta di vederlo nelle sale in occasione della sua uscita.
Dulcis in fundus il concorso ufficiale ieri ancora in sordina con due opere
che non hanno entusiasmato. "At Any Price" di Ramin Bahrani
ripropone un modello di melò alla Douglas Sirk nel contrasto tra un
padre padrone, proprietario di una ricca azienda agricola, ed il figlio per
nulla interessato a portare avanti la tradizione di famiglia alla quale
preferisce l'attività di pilota nella gare automobiliste. Ci scapperà fuori
anche la tragedia ma quello conta di più, almeno così è sembrato ieri sul red
carpet con la folla di ragazzine in visibilio è la presenza di Zach
Efron, divo in cerca di conferme nel cinema che conta. Ulrich Seidl
aurore di "Paradise: Faith"continua invece i suoi esercizi di
stile nel tentativo di provocare la platea con esposizioni corporali di donne
appesantite nel fisico ed avanti con gli anni. Se qualche anno fà aveva
lasciato il segno scandalizzando Venezia con il suo "Canicola" a
distanza di tempo vedere una donna che fa proselitismo religioso tirandosi
dietro una statua di Maria Vergine e sfogando il suo fervore utilizzando
il crocifisso come fosse un vibratore lascia piuttosto indifferente un pò
tutti. Anche in questo caso poco entusiasmo e qualche dubbio sulla liceità
della sua messa in concorso. Delusioni che dovrebbero essere compensate
dall'arrivo del film più atteso, parliamo di "The Master" di PT
Anderson per molti già vincitore qui ed ai prossimi Academy Awards.
Non vediamo l'ora di vederlo. Domani ci acconteremo di parlarne.
Abbiamo parlato di:
Wadjda
di Haifaa Al Mansour
con Waad Monhammed
Clarisse
di Liliana Cavani
Sfiorando il muro
di Silvia Giralucci
La città ideale
di Luigi Lo Cascio
con Luigi Lo Cascio
At Any Price
di Ramin Bahrani
con Dennis Quaid, Zach Efron
Paradise: Faith
di Ulrich Seidl
con Maria Hofstatter
Potrebbero interessarti anche :