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Ieri tre suicidi causa lavoro e tasse. Quando rigore fa rima con terrore.

Creato il 09 maggio 2012 da Massimoconsorti @massimoconsorti

Ieri tre suicidi causa lavoro e tasse. Quando rigore fa rima con terrore.

Sempre più giù

Generoso Armenante, Angelo Coppola e Luigi Fenzi. Gli ultimi di 36. Non è la classifica della cicloturistica ma l’ordine degli ultimi tre suicidi causa tasse e disoccupazione. Storie come tante, ma emblematiche. Tutti lasciano scritto un biglietto: “Scusate ho fallito”. Poi s’impiccano, si tirano una fucilata al petto o trasformano l’abitacolo dell’automobile in una camera a gas... se hanno i soldi per la benzina, altrimenti. È l’Italia del rigore, dei conti a posto, del 2 più 2 fa 4 che non è sempre vero, degli sguardi persi di esseri umani che perdendo il lavoro hanno perduto la dignità. È l’Italia della finanza allegra, della diversificazione industriale, dei bond taroccati, dei derivati tossici. È l’Italia delle banche che ricevono dalla Bce un fottio di soldi e se li tengono per investire ancora in file finanziari, scordandosi le ragioni per le quali li hanno ricevuti: fidi, prestiti, liquidità sul mercato, sostegno alle imprese e alle famiglie. È l’Italia del costo della benzina più alto d’Europa che si porta appresso ancora le accise per la guerra di Etiopia e delle bollette dell’Enel (+ 10,1 per cento da inizio anno) sulle quali paghiamo ancora le centrali nucleari chiuse. È l’Italiadegli aumenti del gas (+12 per cento da inizio anno), che non si sa perché salga, visto il valore invariato della materia prima sul mercato da oltre dodici mesi. È l’Italia dell’Iva al 21 per cento, che a ottobre passerà al 23, perché qualcuno deve spiegarci cosa cazzo frega a Marchionne se i beni al consumo aumentano del 2 per cento, mentre a un suo operaio forse la cosa interessa. È l’Italiadella crescita diventata uno slogan, visto che da 4 mesi in Parlamento non si prende una decisione che sia una, bloccato com’è dai veti incrociati. È l’Italiache deve fare largo ai giovani punendo i vecchi e che scopre, all’improvviso, che la disoccupazione giovanile è arrivata al 30,3 per cento, un botto. Poi arriva il Professore e dice: “Drammi umani causati dalla crisi. Rifletta chi l’ha provocata”. Eh no, caro Monti, lei è stato chiamato apposta per mettere una pezza alla crisi facendola pagare a tutti e diconsi tutti, se doveva solo prenderne atto tanto valeva tornare a votare prima che il suo governo facesse tanti danni. È l’Italia del solito refrain: “La colpa è sempre degli altri”, mai nessuno che in questo Paese si assuma uno straccio di responsabilità. Siamo maestri della fuga, professionisti dell’elusione, strateghi del cerchiobottismo e, buon ultimo, fautori dell’equilibrio demografico attraverso non le guerre ma i suicidi di massa. È l’Italia dei tecnici che chiamano altri tecnici perché loro, da soli, non si bastano. È un po’ come una catena di montaggio, c’è chi monta gli sportelli e chi il motore, così nel governo Monti c’è chi fa i tagli e chi decide come deve farli, una sorta di grande sartoria nella quale arriva il maestro sarto che mette gli ultimi punti a mano prima del defilé. È l’Italia che se non paghi una bolletta ti tagliano pure l’aria ma poi, per pagare beni e servizi, lo Stato e gli enti locali impiegano anni e le aziende chiudono. È l’Italia di Equitalia solo di nome, perché nei fatti non c’è nulla di più iniquo di chi ti chiede il saldo senza sapere se sei in grado di pagarlo oppure no. L’unica differenza con i cravattari è che se questi non li paghi ti mandano i picchiatori mentre Equitalia ti spedisce a casa l’ufficiale giudiziario, come se a volte non fosse meglio un pugno di un pignoramento. È un paese che l’equità non sa neppure dove sia, che restituisce miliardi a MorganStanley senza dire perché, che pensa a piazzare Btp e Cct e del resto chi se ne frega. È in questi frangenti che il Monti-robot di Crozza diventa quasi una figura reale, mentre la Fornero, più che al ministro del Welfare sembra somigliare alla lavasciuga di una lavanderia industriale. È l’Italiadel Trota che prende la laurea, unico caso al mondo, ancora prima del diploma di maturità. La prende in Albania e in Albania non l’hanno mai visto. Detto fra noi, quella laurea gliel’abbiamo regalata noi che a malapena riusciamo ancora a pagare la mensa dell’asilo ai nostri figli. È l’Italia che il 2 giugno scenderà in piazza a dire a questo governo di tecnocrati rockfelleriani, la maggior parte affiliati alla Triplice, che così non si va avanti e che o si diventa più giusti o qui scoppia un casino che la Grecia ci fa un baffo. E però, è sempre l’Italia dei partiti che vincono in ogni occasione e non perdono mai, dei calcoli con il bilancino di voti e preferenze, di scelte strategiche machiavelliche per tornare ad autogovernare una nazione sottoposta attualmente a commissariamento. È l’Italia che non ce la fa più, che boccheggia ancora un po’ prima di stramazzare definitivamente a terra da dove si rialzerà con difficoltà immani. È l’Italia alla quale lo stellone non da più una mano, perché non è nella buona sorte o nella provvidenza che dobbiamo sperare, ma in una spallata della madonna a chi l’ha ridotta sul lastrico pensando solo a se stesso. È l’Italia della disattenzione che fa rima con disperazione. È l’Italia che non va più e che affonda. Il Titanic a noi ci masturba ferocemente.

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