II) i figli dei marinai

Da Foscasensi @foscasensi
Prima, abitavo in campagna. Prima di cosa non saprei, perché  si tratta di un tempo che appartiene a un altro ordine di esistenza. Era una casa gialla e non aveva giardino. Sulla porta d'estate c'erano fiori viola di buganville e api e vespe, intorno olivi e rovi accosciati sulla terra polverosa. A fine agosto raccoglievo more coi sandali e un secchiello di plastica, alla sera avevo dita viola, nella mia camera c'era un nido di cimici e una ragnatela sopra l'angolo destro del letto, sorvegliavo i ragni alla luce della luna e mi addormentavo quando non ce la facevo più: al mattino la stanza era deserta e avevo punture pruriginose sulle caviglie e sulle natiche. Il petto, ancora piatto, restava inviolato.
Adesso faccio la cameriera, quando sistemo le casse d'acqua nei frigoriferi mi si spezzano le unghie contro il nylon dell'imballaggio e ho sempre nel naso l'odore di vino rosso se lo verso dal fondo dei bicchieri nel tubo di scarico delle cucine. Se dimentico e mangio le pellicine sulle dita devo bere dopo un bicchiere d'acqua gassata per lo schifo.
La lavastoviglie non funziona bene. Sui bicchieri ma più fra i rebbi delle forchette restano le cose che la gente ha mangiato, ma restano come fantasmi: chiari e viscidi e con forme tutte uguali, e cioè un'unica forma assente succhiata e spappolata dal caldo dell'acqua e l'acido e il detersivo. Una specie di capezzolo vecchio.
Ho libere le ore della cena e la notte. Florio mi trova quasi sempre a letto. Di solito ho messo gli avanzi della cena nello scomparto di frigorifero con su scritto “Fosca”, per distinguerlo dal suo, mi sono coricata con un bicchiere d'acqua e la scatola delle pillole per terra accanto alle ciabatte.
A volte succede che mi lasci seguire dopo il turno. Anche se il cielo è sereno la passeggiata a mare è sempre livida quando il sole scompare dietro gli scogli del golfo. Incateniamo i tavolini perché non li rubino, spegniamo la macchina del caffè e lasciamo il padrone a fare i conti oppure a bere. Baldo mi accompagna alla bicicletta, che tengo legata dietro ai bagni. Accade che gli indichi le macchie di sugo o di altro che si è procurato durante il turno sulla camicia o i pantaloni, e lui abbassa gli angoli della bocca e risponde che sua moglie laverà. E dato che è più grande e più alto si permette di spettinarmi a mano aperta e da sotto mi arriva un'aria di mare e di fritto e un caldo vigoroso sulla pelle pelosa della testa.
Accade che arrivata a casa aspetti a lavarmi e mi guardi allo specchio col solo grembiule indosso. Quelle notti lascio aperte le finestre ingoio una pillolla e aspetto: Florio titilla la chitarra e la donna padrona succhia arselle prima di rinchiudersi nello sgabuzzino vicino ai cessi.
(continua), leggi il primo episodio

Quelle notti lascio aperte le finestre ingoio una pillolla e aspetto
 


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