Partite IVA: qual è la situazione, a livello di numeri, di questa categoria di lavoratori? Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha pubblicato i dati su questa categoria rilevando che nel mese di dicembre 2015 sono state aperte 40.674 nuove partite IVA, con un incremento rispetto al mese precedente pari del 5,1%.
Sono tuttavia interessanti i dati che giungono in queste prime settimane di 2016: il Corriere della Sera ha fato ieri un interessante focus sulla situazione delle partite IVA nella città di Milano, la metropoli del lavoro per antonomasia, la capitale della produttività italiana. A dicembre 2015, in un solo mese, Milano ne ha perse più di 2mila, con un calo del 40% sull’anno precedente. E anche considerando l’intero 2015, resta il segno negativo (un calo del 13%). Come si spiega? “Il Jobs Act e gli incentivi fiscali hanno favorito le assunzioni e la trasformazione di molte false partite IVA in rapporti di tipo subordinato – spiega Paolo Ferrario, segretario di Apa Confartigianato”. “La crisi e le tasse troppo alte non hanno lasciato scampo ad artigiani, piccoli commercianti e liberi professionisti. Le cessazioni di attività hanno oscurato il dato opposto, positivo, sulle nuove aperture” aggiunge Arianna Fontana, presidente dell’associazione a Milano, a margine dell’incontro che ha radunato mercoledì a Palazzo Marino le lavoratrici autonome chiamate a raccolta da Confartigianato.
Per ulteriori info tecniche (ed utili) per professionisti tecnici e partite IVA leggi l’articolo La previdenza per i professionisti tecnici: come fare per risparmiare.
Una situazione sempre cangiante quella delle partite IVA, una “classe” lavorativa che sta diventando ormai una categoria dello spirito, come a rappresentare i tempi attuali. Anche tra i professionisti tecnici (leggi “false partite IVA”).
Ma a proposito di partite IVA, professionisti tecnici e “tempi duri”, grande rilevanza ha avuto in questo inizio di 2016 la notizia della possibile abolizione (o forse sarebbe meglio dire “revisione”) degli studi di settore: il Ministero dell’Economia e delle Finanze infatti ha recentemente manifestato l’intenzione di procedere ad una revisione degli studi di settore, nati per valutare la capacità di produrre reddito e scoprire eventuali evasioni, per renderli più efficaci ed attendibili. Un percorso di semplificazione a livello generale riguardante il mondo del lavoro autonomo, che passerà anche attraverso la riduzione del numero degli studi di settore.
È infatti evidente che gli studi di settore rappresentano un appesantimento della dichiarazione annuale proprio perché, oltre ai dati contabili, occorre recuperare tutti i dati strutturali relativi all’attività di impresa.
Una scelta che rientra all’interno di una serie di misure che in queste settimane saranno approntate per tutti i professionisti in Italia: leggi l’articolo Jobs Act Autonomi: analisi sintetica dei 4 cardini del provvedimento.
Secondo quanto emerge dalle anticipazioni emerse, si dovrebbe transitare dagli attuali 204 modelli a 170, mentre i circa 2mila “cluster”, cioè i gruppi omogenei di ricavi e compensi, dovrebbero essere sostituiti dai “modelli organizzativi di business” (MOB). Nelle intenzioni del Governo c’è però l’eliminazione di un ampio numero di studi di settore che saranno sostituiti da differenti strumenti in grado di ridurre con maggiore efficienza il rischio di evasione (ad esempio la fatturazione elettronica). Un percorso di semplificazione dei controlli che passa anche per un uso ottimizzato delle tecnologie a disposizione.
Regime forfetario dei professionisti tecnici dopo la Legge di Stabilità
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