Chissà se gli storici di domani, magari ricordando che la storia è fatta di corsi e ricorsi, faranno un paragone tra l’eclatante caduta di Benito Mussolini (che ci riporta al 25 luglio 1943, quando il Gran Consiglio del Fascismo lo sfiduciò, costringendolo a rassegnare le dimissioni nelle mani del re, che non aspettava altro) e l’inizio della fine di Silvio Berlusconi (che secondo me riporterà gli storici alla data del 2 ottobre 2013).
Ci sono tante similitudini nelle vicende politiche di queste due grandi e controverse figure della recente storia italiana.
Certo il voto di ieri in Senato, a prima vista, non sembra assimilabile a quello che si svolse nel massimo organo del partito fascista il 25 luglio 1943 in danno di Mussolini.
Ieri non si votava contro o a favore di Silvio Berlusconi ma a favore o contro il premier in carica Enrico Letta. Inoltre proprio Silvio Berlusconi, nella sua dichiarazione, nella giornata convulsa di ieri, ha confermato il suo appoggio al giovane e capace nipote del suo fedelissimo amico e collaboratore di sempre Gianni.
Eppure non può sfuggire ad una più profonda analisi della giornata del 2 ottobre 2013 che qualcosa di grave è avvenuto a danno della figura politica di Berlusconi.
Per la prima volta questo novello duce, che come pochi è riuscito a incarnare e a rappresentare lo spirito più autenticamente liberale, ma anche più contraddittoriamente individualista del popolo italiano, si è trovata in minoranza all’interno del suo stesso partito.
Al punto che l’ex premier, astutamente, ha preferito votare a favore del governo Letta, proprio per nascondere la spaccatura già maturata e evidente del popolo della libertà e della stessa Forza Italia.
Ma quella foglia di fico, paradossalmente, ha messo in evidenza le nudità che si volevano nascondere.
Quel monolite, fatto di ingegno, di etere, di speranze, di vanità, di ridicolo gallismo e maschilismo puro, di italiche passioni, di legittimo e comprensibile odio anticomunista, ma anche di pericoloso e viscerale amore per un condottiero che prenda decisioni senza consultare altri che il suo ego sconfinato (tutti sentimenti, soprattutto gli ultimi due, molto italiani), insomma tutto ciò che si leggeva nelle pieghe sventolanti delle bandiere azzurre di Forza Italia in questo travagliato e disgraziato ventennio, ieri, 2 ottobre 2013, per la prima volta ha tremato fin dalle sue fondamenta, rischiando di crollare e di sommergere il suo fondatore e i fedelissimi rimastigli a fianco.
Solo l’abilità di Silvio ha evitato il crollo. Ma era evidente a tutti che Forza Italia, quella che abbiamo conosciuto, è finita.
Il nuovo Ciano, che fa pure rima, è Angelino Alfano; mentre Nino Grandi potrebbe essere Fabrizio Cicchito; anche se in realtà questi paralleli sono soltanto un gioco senza importanza.
E adesso?
Beh, io spero che Silvio Berlusconi ci risparmi una nuova repubblica di Salò e una nuova, cruenta guerra civile. Del resto, questa volta, non ci saranno i tedeschi a soccorrerlo e a rimetterlo in sella.
Spero perciò che i ricorsi si fermino a quelli già evidenziati e che B. sconti il fio dei suoi errori e delle sue colpe (storiche e giudiziarie) con dignità e rassegnazione.
Anche se ho paura che così non sarà.