Il 4 marzo in libreria per parlare di un Museo della Pirateria nella Repubblica di Haìti

Creato il 28 febbraio 2014 da Maremagazine

Bandiera dei pirati

L’appuntamento è per il prossimo martedì 4 marzo alle 19. Nella nuova sede della nostra libreria in via del Vantaggio 19, poco distante dalla vecchia di via di Ripetta.
Costantino Meucci, chimico esperto di conservazione, presenta il progetto per la creazione del Museo della Pirateria a Ile-à-vache per conto del Ministro del Turismo della Repubblica di Haìti. Il progetto è inserito nell’ambito dello sviluppo turistico di quelle zone approfittando della convenzione con l’Unesco per la protezione del patrimonio archeologico subacqueo mondiale.

Henry Morgan

Nelle cronache dell'epoca si riporta che nelle acque della Isla Vaca, l’odierna Île-à-vache, famosi bucanieri avevano stabilito la loro base operativa, giacché l’estensione della barriera corallina e le frequenti secche all'interno della baia di Les Cayes garantivano una difesa naturale dagli attacchi dei vascelli della marina inglese e spagnola impegnate nella caccia ai pirati.
L’isola divenne, così, un centro nevralgico per tutte le attività di pirateria che videro il loro massimo momento di gloria nei decenni a cavallo del XVII e XVIII secolo.
È storia che nel 1669 il famoso bucaniere Henry Morgan si ormeggiò con una flotta di dieci vascelli al ridosso della Isla Vaca per festeggiare il sacco della città di Portobello. Ma la fortuna, si sa, è spesso alterna e riserva sorprese spesso sgradevoli: nel bel mezzo dei festeggiamenti, infatti, per un banale incidente la fregata Oxford, nave ammiraglia della flotta, esplose affondando in breve tempo.

Île-à-vache: un cannone

Il Capitano Morgan si salvò, insieme a pochi marinai, e l’anno successivo ritentò il colpo, ma ancora una volta la Île-à-vache non gli fu favorevole poiché una violenta tempesta fece naufragare la nuova ammiraglia, il vascello da 40 cannoni Jamaica Merchant, sulle scogliere coralline che circondano l’isola. Cosa contenessero ambedue le navi, quali ricchezze trasportassero, è oggetto di leggende e racconti che riferiscono di ricchi tesori, di casse colme di dobloni e di gioielli, forzieri con lingotti d’argento e pietre preziose, e quant'altro la fantasia dei cercatori di tesori può inventare. Ed è a questi pirati contemporanei che si devono i saccheggi e la distruzione di parte del patrimonio archeologico subacqueo del Mar dei Caraibi e in particolare di Haiti. Nell'intento di salvare il patrimonio haitiano, nei primi anni del 2000, una spedizione internazionale facente capo alla Texas State University, compì una ricerca nelle acque della Île-à-vache individuando numerosi relitti e riassumendo i risultati conseguiti in un documentario dal titolo Captain Morgan Mystery Ships, ma il progetto di creare un parco marino sotto l'egida
dell'UNESCO non vide mai la luce.
Nel sito della libreria  http://www.ilmare.com/prodotti/pirati_22.php sono ben 28 le pagine dedicate all’argomento Pirati e pirateria, comprese le bandiere e i cappelli

Cappello con visiera


Pirati dei Caraibi

A distanza di dieci anni da quell’esperienza, il Governo Haitiano dà vita a un nuovo progetto articolato in più fasi che mira a determinare la reale consistenza dei diversi siti presenti nelle acque attorno alla Île-à-vache e la possibilità reale di preservarli mediante l'attuazione di interventi conservativi da realizzare sia in situ, sia in laboratori appositamente attrezzati.
Non è più la ricerca dei tesori dei bucanieri o delle prove concrete della loro presenza nell’area, ma un’azione volta a creare gli strumenti per la conservazione del patrimonio archeologico subacqueo nazionale, e, attraverso questa, lo sviluppo economico e turistico di un’area che si distingue anche per la sua bellezza e per l'integrità del suo ambiente subacqueo.

Jolly Roger

È una realtà che Île-à-vache sia un sito nel quale si trovano numerosi resti di naufragi storici, così che le sue coste sono considerate un vero museo naturale. L’obiettivo del Governo è, quindi, quello di creare sia un museo tradizionale sulla terraferma, sia un museo subacqueo al cui interno possano essere visitati e ammirati tutti quei resti storici che possono essere sottratti alla distruzione operata dalla forza del mare e dai trafugatori clandestini con un’attenta e moderna attività dio ricerca, studio, conservazione e valorizzazione. 

Storia della pirateria

Questo progetto non è che il primo passo di un lungo percorso, ed è forse un modo di operare che possa aprire la via a un nuovo modo di vivere l’archeologia subacquea nel Mar dei Caraibi.
In questo primo anno, l’attività pratica prevede lo studio e la documentazione di un relitto di vascello affondato sulla barriera della Punta dell’Abacou e la progettazione del Museo della Pirateria consistente in due sezioni: una sede museale a terra nella quale si collocherà il laboratorio di restauro, e un museo subacqueo ove sarà riproposto il sito del naufragio oggi non visitabile e correttamente conservabile a causa delle forti correnti oceaniche che investono l’area.

Costantino Meucci

La ricerca è condotta da una equipe interdisciplinare composta da:
Costantino Meucci, chimico conservatore, coordinatore del progetto e responsabile della
conservazione,
Claudio Mocchegiani Carpano, archeologo Direttore CCPAS (Centro di Coordinamento delle Prospezioni Archeologiche ), responsabile della documentazione topografica e dell'analisi storica del sito,
Marta Nardella, oceanografa, incaricata dello studio dell'impatto ambientale sulla barriera corallina,
Ferdinando Calderini, istruttore subacqueo e operatore tecnico di archeologia subacquea, responsabile della sicurezza,
Simone Mocchegiani Carpano, istruttore subacqueo, incaricato della documentazione fotografica.
La campagna di ricerca e documentazione si svolgerà dal 10 marzo al 10 maggio del 2014.

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