È un libro drammatico, dunque, che si legge, meglio si divora, con concitazione, rabbia, partecipazione, dolore. Inizialmente, ci sembra di identificare il cattivo, il nemico, proviamo impotenza e irritazione: viene da fare, come quando da piccoli, ingenuamente, commentavamo ad alta voce i film, dando all’eroe informazioni che non aveva e sollecitandolo a comportarsi in un modo piuttosto che in un altro.
A mano a mano che si procede nella lettura, troppo rapida in verità, sarà necessaria, credo, una rilettura, si comprende che ci troviamo di fronte a due vittime, a due persone pervase dalla sofferenza e intrappolate nella passività e nell’impotenza.
Franzoso, con una scrittura rapida e asciutta, ci conduce nelle pieghe più recondite e misteriose della mente umana fino all’abisso e alla tragedia, mostrandoci come cova, come comincia a manifestarsi e come infine esplode la malattia mentale. Quella, per capirci, di coloro che dopo essere finiti nelle pagine della cronaca nera vengono definiti da vicini esterrefatti, delle persone “normali”, così gentili e a modo.
In questo il libro mi ha fatto pensare, e non sembri esagerazione, a operazioni analoghe realizzate da Joseph Roth o George Simenon, tanto per citarne solo un paio.
Franzoso ci fa riflettere anche sull’essere madri, sull’istinto materno e su quanto spesso la nascita di un figlio possa destabilizzare e slatentizzare problematiche sopite e di quanto sia necessario stare vicino e aiutare queste donne in difficoltà piuttosto che minimizzare o far finta di non vedere. Il padre, io narrante, potrebbe sembrare poco credibile nella sua imperterrita inazione, ma non è quello che accade tanto spesso?
E infine, colpiscono e commuovono i tanti tremori che l’autore descrive nei protagonisti in vari momenti della vicenda e che di volta in volta esprimono una molteplicità di emozioni.
Bella anche la copertina.
Lo consiglio caldamente.