Il Barocco. L’arte che incarna lo spirito di Napoli

Creato il 21 febbraio 2015 da Vesuviolive

“Il barocco ebbe modo di esprimersi a Napoli con la stessa gioia di un volo di usignoli liberati da una gabbia d’oro”. Così Harold Acton descrive l’impatto che questo nuovo stile ebbe sulla città partenopea. Nel Seicento il barocco arrivò a Napoli dopo essersi sviluppato precedentemente a Roma. Sostenuto dai Gesuiti e dai viceré spagnoli, fu il popolo il vero fautore di quest’arte. Il barocco incarnava lo spirito dei napoletani, rappresentava la loro esuberanza, la loro fantasia e il loro amore per la vita. Anche il clima giocò un ruolo cruciale. Gli artisti erano liberi di dipingere i colori della natura mediterranea che trionfava sulle figure architettoniche. Per questo, il generoso uso del colore è uno dei tratti che distingue il barocco partenopeo da quello romano. Dagli affreschi agli intarsi in legno, dai marmi policromi ai pavimenti rivestiti da maioliche, tutto è caratterizzato da tonalità forti e vivaci. Oltre il colore le linee curve e gli andamenti sinuosi sono al centro delle opere barocche. Ripensando a tutti questi elementi è facile capire che raggiungono una perfetta armonia in alcune piccole chiese napoletane come Santa Maria delle anime del Purgatorio ad Arco e la chiesa del Gesù Nuovo.

Monumento funebre di don Pedro de Toledo

Tra queste è doveroso aggiungere anche la chiesa di San Giacomo degli Spagnoli, situata in piazza Municipio, all’interno del palazzo San Giacomo. Qui potrete ammirare il monumento funebre di Don Pedro de Toledo, un perfetto esempio del barocco ispano-napoletano. La sinuosità e la delicatezza dei corpi femminili si sposano perfettamente con la severità dell’aldilà e con l’immobilità della morte. All’interno della chiesa di San Gregorio Armeno, ubicata nell’omonima strada del centro storico di Napoli, si trova invece nel chiostro, una grande fontana marmorea barocca, affiancata da due statue settecentesche che raffigurano Cristo e la Samaritana. Appena si entra nella chiesa gli occhi del visitatore sono abbagliati dalla luce che emanano gli affreschi e gli ori. In tutte queste chiese il barocco appare ricco, ma mai invadente perché le dorature si smorzano sul colore dei marmi o dei dipinti e nessun particolare fa violenza sugli altri. Fra tutti i complessi religiosi bisogna, infine, citare la Cappella Sansevero che è un esempio cruciale dello spirito barocco napoletano grazie al “Cristo velato”, scolpito da Giuseppe Sammartino su commissione di Raimondo di Sangro.

Diversi furono gli scultori, anche settentrionali, che decisero di lavorare a Napoli in questi anni. Più di qualsiasi altro architetto, Cosimo Fanzago contribuì ad arricchire il barocco napoletano con la chiesa e il chiostro della Certosa di San Martino. Nella prima si trovano dei veri gioielli barocchi: i refettori monastici dei certosini che sono stati poi trasformati in un museo che rievoca il mondo del Regno delle Due Sicilie. Lo scultore e architetto bergamasco fu anche l’autore delle guglie di San Gennaro, di San Domenico e del Palazzo Donn’Anna. Caratteristica delle facciate delle chiese di Fanzago è la doppia scalinata. In generale, le scale del Seicento sono luminose e spesso si aprono sul cortile o portano a una terrazza. Ovviamente la peculiarità di queste strutture è dovuta al clima napoletano che permetteva ai propri cittadini di poter vivere all’aperto per gran parte dell’anno.

L’arte barocca non influenzò solo palazzi e chiese, ma anche uno dei simboli di Napoli: il presepe. Nel Seicento i sacerdoti scolopi decisero di non rappresentare più la sola grotta della Natività, ma di aggiungere anche il mondo profano esterno. Taverne, cesti di frutta e verdura furono inseriti per ampliare il presepe così come lo conosciamo oggi.

Fonti: Harold Acton, “I Borboni di Napoli: 1734-1825”, Giunti Gruppo Editoriale, Firenze, 1997

Marino Niola, “Sui palchi delle stelle: Napoli, il sacro, la scena”,  Meltemi Editore, Roma, 1995

Ennio Bispuri, “Vita di Totò”, Gremese Editore, Roma, 2000


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