Il Bell’Antonio di Vitaliano Brancati

Creato il 26 febbraio 2016 da Monica Spicciani @monicaspicciani
Il bell’Antonio
Di Vitaliano Brancati
Editore: Mondadori
Numero di pagine: 269 | Formato: Paperback
Isbn-10: 8804486325 | Isbn-13: 9788804486329

Appassionante (4,5 stelle)  

Il Bell’Antonio lo avevo sentito nominare in casa quando veniva fatto il nome di Marcello Mastroianni, non mi ero mai posta il quesito se il film a cui si faceva riferimento fosse anche un libro, finchè non mi ci sono imbattuta quasi per caso grazie ai podcast di Rai 3 con il programma Ad Alta voce. Questa infatti è una delle mie letture ascoltate, supportata dall’ebook per evidenziare i passaggi che più mi sono rimasti impressi. Innanzitutto vorrei fare i complimenti a Remo Girone che ha letto il testo in modo splendido, inoltre, a mio avviso, ha una voce che ricorda quella di Mastroianni, il che non ci sta affatto male.

Questo romanzo mi è piaciuto molto, lo stile di Brancati è scorrevole, una scrittura accurata senza diventare prolissa, a tratti colloquiale, diretta e chiara nell’esposizione dei concetti e vivace nei dialoghi.

Il Bell’Antonio, da cui il titolo, è un falso protagonista, è il personaggio meno interessante e più abulico di tutto il libro, rappresenta secondo me la parte della polazione più inetta, insignificante e priva di interessi verso le cose importanti della vita, è un poveraccio vittima della propria bellezza e dell’ignoranza imperante, uno che nella vita non ha combinato nulla e che si è fossilizzato su un problema psicofisico di poco conto al quale ha permesso di tiranneggiarlo.

I personaggi di contorno invece sono quelli fondamentali, quelli che “dicono” e che svolgono la loro parte attiva nel romanzo, quelli che ci raccontano l’Italia ai tempi del fascismo e della guerra.

Nei vari commenti che ho letto su questo libro ho trovato ricorrente il pensiero che Antonio sia la metafora dell’Italia, e della Sicilia ancor di più, nell’epoca di Mussolini, e il discorso mi torna assai. Vitaliano Brancati col suo romanzo ci offre la fotografia di un popolo paralizzato dalla cultura del superuomo, dove conta quanto si scopa e non cosa si ha nel cervello, dove l’importante è mostrare la forza e i muscoli, obbedire e combattere.

Sento di non avere altro da aggiungere se non riportare qui alcune citazioni:

“D’altro canto, se muore lui, che succede? chi prende il potere? i quattro ladri che gli stanno attorno? si ammazzano a vicenda nella spartizione del bottino.
I comunisti che stanno in carcere? sarebbero peggio dei fascisti. Perché questi almeno sono dei cialtroni e le bestialità che hanno in testa le fanno male, mentre quelli sono onesti e rigorosi e le bestialità le fanno bene…”

“E’ stata educata in un collegio… Con questo non voglio dire che sia un genio… D’altro canto, la donna non deve essere mai un genio. Basta che non sia stupida.”

“Devo proprio passare gli ultimi anni della mia vita sapendo che né io né mio figlio ci basta l’animo di andare a letto con una donna?”

“Una volta i nostri grandi dichiaravano ad alta voce di voler sapere la verità assoluta, chiedevano di sapere perché siamo nati e a che servano e a chi procurino diletto le sofferenze degli uomini, dato che l’universo le coltiva con tanta sollecitudine, chiedevano perché dobbiamo conoscere che moriremo e ignorare completamente che cosa sia la morte, perché, prima di morire noi stessi, dobbiamo aver visto il miserabile aspetto di tanti uomini morti, perché al nostro pensiero è dato tanto spago da permettergli di arrivare con un salto a sentir l’odore della verità, senza però poterne cogliere il frutto, e perché alla fine, ci viene concessa la facoltà di chiedere «perché» e negata quella di ricevere una risposta definitiva…”

“voglio dire, saprò parlare la lingua di una persona libera? non m’imbragherò? non arrossirò? non dirò delle enormità? non farò capire a tutti che sono stato per vent’anni un povero servo? e non cercherò anche allora, per una vecchia abitudine, di piacere a qualcuno, di adulare un potente, di seguire la moda, e di tenere, in ogni caso, discorsi opportuni? Ovvero non farò il ribelle a sproposito, non finirò col non pagare il biglietto del tram per dare a intendere che sono un uomo libero? Io ci perdo la testa…”

“vedere un’ Europa serena, libera, un’ Europa che onora i sogni e la musica, e noi non avere più l’età in cui si sogna con tanto ardore”

“Un uomo» esclamò con gli occhi che si arrossavano per lo sforzo di non piangere, «non dev’essere mai chiuso da un altro uomo in un recinto spinato o dietro una porta di ferro! È un miracolo ch’egli non ne esca cosi privo di orgoglio umano da non sapersi più reggere su due piedi; e in ogni caso, gli rimane nel sangue un istinto di povera bestia che diffida degli uomini, e un bisogno di scappare ogni volta che li sente avvicinarsi”

“io ho odiato la tirannide, ma quanto più l’avrei odiata se avessi conosciuto bene queste cose!…
Ed è curioso che queste cose me l’abbia fatte conoscere la libertà…”



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