di PIERCIRO GALEONE
L’Italia è un Paese piccolo. Il suo punto più a nord, la Vetta d’Italia sulle Alpi Aurine, dista 1.291 chilometri da quello più a sud, Punta Pesce Spada sull’isola di Lampedusa. Le Ande sono una consecuzione di montagne lunga 7200 chilometri. L’Antica Muraglia cinese si snoda per 10.000 chilometri; la parte in muratura fu eretta nel XIII secolo per una lunghezza di 6.400 chilometri. Ben altri spazi.
L’Italia è un Paese piccolo, in gran parte montuoso, poche le pianure, pochi i corsi d’acqua importanti. Eppure su questo piccolo pezzo di terra si è accumulata nei secoli una straordinaria varietà di esperienze umane. E le tracce di queste storie, numerose e diverse, sono diventate paesaggi, opere d’arte, tradizioni e culture.
Sono diventate città, paesi, borghi e villaggi. Certo c’è un’Italia “maggiore”, perché più conosciuta, quella delle città d’arte fissate in una sorta di costellazione della bellezza dai narratori del Grand Tour. È l’Italia che si snoda lungo le tappe del turismo globale di massa e che si presenta come set di film e di romanzi a diffusione internazionale. Ma c’è anche un’altra Italia fatta di piccoli centri abitati, di paesaggi meno attraversati, di tradizioni meno conosciute sebbene meglio conservate. Forse è un’Italia “minore” ma è quella che contribuisce al carattere inconfondibile del nostro Paese. Quella abbondanza di varietà, quella identità fatta di diversità che fanno “unica” la nostra piccola Penisola.
Sono oltre 5000 i comuni italiani con meno di 5.000 abitanti. In questi comuni vive 1/6 della popolazione italiana (circa 10,4 milioni di abitanti). I loro territori coprono il 70% del territorio italiano. Lungo quei 1.291 chilometri che separano le Alpi Aurine da Lampedusa ci sono 3.400 musei, 2.000 aree archeologiche. I siti Unesco italiani sono 43; più che in tutto il nord America. È un’abbondanza di tracce del tempo – o meglio, di tracce che la bellezza ha lasciato nel tempo - che non si esaurisce certo nelle grandi città d’arte ma che invece coinvolge pienamente l’altra Italia, quella dei centri minori.
Ed è un’Italia che ha già l’attenzione di una parte crescente di turismo. Nel 2008 il 42% dei turisti stranieri che ha visitato l’Italia si sono recati nei centri minori. Essi esprimono, rispetto alle singole componenti dell’offerta turistica, un livello di soddisfazione generalmente superiore a quello delle grandi città. E se passiamo dal bello al buono, ovvero se consideriamo un altro grande patrimonio italiano, quello legato all’agricoltura e all’alimentazione, il ruolo dei piccoli centri assume un’importanza analoga. Sono 4.396 i prodotti agricoli e alimentari tipici, espressione della cultura di luoghi determinati. Sono prodotti tradizionali i cui metodi di preparazione, lavorazione, conservazione e stagionatura devono essere stati codificati, almeno da 25 anni. La tipicità non risiede soltanto nelle caratteristiche materiali. Sono prodotti tipici perché trasmettono un messaggio, rimandano a un ricordo, rinnovano una tradizione. Nell’ambito dell’Unione Europea esiste un sistema di certificazione pubblica dei prodotti tipici. È un sistema che garantisce e protegge qualità e storia dei prodotti. L’Italia è il Paese europeo con il maggior numero di prodotti certificati: 176 tra Denominazione di Origine Protetta (DOP) (114) e Indicazione Geografica Protetta (IGP) (62). I Piccoli Comuni rappresentano la spina dorsale del sistema delle identità alimentari italiano: il 94% ha ottenuto il riconoscimento di almeno un prodotto DOP. Il 60% dei Piccoli Comuni presenta tra 1 e 3 DOP, il 20% tra 4 e 5 DOP e il 14% addirittura tra 6 e 7 DOP. I villaggi e le aree lontane dai tradizionali itinerari turistici sono i più attivi nella riscoperta e valorizzazione della loro offerta enogastronomica come leva di attrazione turistica. Cresce l’interesse per la scoperta (e in molti casi, l’acquisto) di prodotti tipici ed enogastronomici dei centri minori. Sempre più spesso, la motivazione culturale è abbinata a quella enogastronomica, alla ricerca di luoghi fuori dalle tradizionali mete turistiche. E tuttavia, proprio con riferimento all’Italia dei Piccoli Comuni, occorre interrogarsi non solo sull’aspetto quantitativo del turismo.
Chiedersi non tanto quanti turisti vogliamo nel nostro paese, quanto piuttosto su quale turismo intendiamo investire, che tipo di servizi vogliamo offrire, quale livello qualitativo dell’offerta turistica vogliamo raggiungere. Vanno presi sul serio i nuovi orientamenti al consumo turistico. Un consumo che vuole legarsi ai valori e alle identità del luogo visitato. Le risorse “tipiche” (e quindi “uniche”) dei territori non sono solo quelle ambientali, ma anche (e soprattutto) le risorse di identità e di comunità. Vista da questo punto di osservazione, la capacità di una comunità locale di mantenere vivo il suo legame con il territorio, con la sua storia e con la sua tradizione può essere un fattore di competizione economica, oltre che di qualità della vita e di coesione sociale. Il turismo delle identità nei Piccoli Comuni- che si muove alla scoperta del nostro ampio patrimonio, fatto di città d’arte, di eventi, di manifestazioni, e di tradizioni enogastronomiche e religiose - fa registrare un andamento positivo, con un tasso di crescita medio annuo - negli ultimi 10 anni -del 5–8%2. Nei comuni più piccoli prevale, più facilmente, il sentimento di appartenenza ad un insieme di valori, ad una storia collettiva. Così come più forte è il desiderio di una visione comune del proprio futuro. È quella che si usa chiamare l’identità locale. L’arte, l’agricoltura e la cucina sono parte essenziale di queste identità. La valorizzazione dei centri minori si esprime anche attraverso la conservazione non solo dei centri storici ma anche del paesaggio rurale (i campi coltivati, le abitazioni di campagna, le fattorie ecc.). È un lavoro che rafforza l’immagine di un’area autentica dove ancora sono vivi i valori della comunità. È la dimostrazione di quanto una comunità rispetti il contesto naturale che ha ereditato dal passato e che vuole consegnare alle generazioni future. È l’immagine di una comunità ricca anche di un’alta qualità delle relazioni umane. Questa superiore qualità della vita può innescare circoli virtuosi. Essa rende attrattivo il territorio, creando i presupposti per limitare l’esodo della popolazione verso contesti urbani di maggiore dimensione. La rivalorizzazione della cultura locale attiva la domanda turistica. Così nascono servizi di ristorazione e di ricettività. Anche altri settori ne beneficiano: le impresea gricole e di trasformazione dei prodotti agro-alimentari ma anche l’artigianato. Esistono, infatti, importanti sinergie potenziali fra turismo e vendita del prodotto enogastronomico. Il turista che ha conosciuto i comuni minori in tutte le loro espressioni si fa portatore di questa conoscenza nel suo contesto abituale di vita. Egli trasmette queste conoscenze alle persone a lui vicine. È la forza del passaparola che diventa determinante nel turismo e nel consumo di qualità. È evidente come in tale scenario, le tipicità divengano uno strumento attraverso il quale i territori e le comunità possono esprimere la propria capacità di evocare ed attrarre. I comuni minori hanno bisogno di puntare sulla qualità dell’offerta che nasce dalla valorizzazione delle proprie risorse tipiche; sono custodi di tradizioni locali, di un patrimonio artistico grande e vario, così come di ricchezze e di energie ancora poco conosciute o valorizzate, capaci di contribuire allo sviluppo di un turismo sostenibile. Le politiche di valorizzazione e promozione delle tipicità locali da parte, in particolare, dei comuni di medie e piccole dimensioni possono contribuire a:
1) destagionalizzare la domanda di turismo sul territorio, poiché essa non è più solo legata al bisogno di vivere l’offerta turistica locale in periodi stagionali circoscritti (possibilità di fruizione in qualunque momento dell’anno);
2) decongestionare, in parte, i flussi turistici - i quali tendono a a convergere nei luoghi ad alto contenuto storico-artistico - generando attenzione nei luoghi vicini alle città d’arte, ove è possibile vivere un’esperienza diversa abbinando anche il consumo dei prodotti tipici del luogo;
3) realizzare una sostenibilità ambientale, turistica e sociale, grazie alla gestione dei flussi turistici in entrata (politiche di destagionalizzazione e decongestione), al rafforzamento delle produzioni locali (ad esempio, non utilizzo OGM) ed alla preservazione delle tradizioni (tutela dell’artigianato e delle produzioni tipiche). Costruire comunità e territori accoglienti è un percorso continuo fatto di tappe. Di volta in volta, raggiunto un risultato si sposta in avanti l’obiettivo. È la cultura dell’ascolto delle esigenze innanzitutto di chi vive nei comuni. È una cultura di rispetto per la storia e l’ambiente che deve essere innanzitutto patrimonio delle stesse comunità locali. Non si possono costruire paesaggi e borghi per i turisti né inventare per loro una tradizione culinaria. Piuttosto, i turisti possono assaporare i sapori e condividere la bellezza di borghi e di paesaggi che sono il frutto della fatica e dell’amore di generazioni. Il bello e il buono sono il prodotto della storia di comunità che hanno voluto bene alla loro piccola porzione d’Italia.
INFO: http://www.piccolagrandeitalia.it/documenti/ricerche/Dossier_Piccoli_Comuni.pdf
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