Il bimillenario di Augusto

Creato il 19 agosto 2014 da Athenae Noctua @AthenaeNoctua
«Lo spettacolo è terminato: applaudite»: da queste parole, che Gaio Giulio Cesare Ottaviano avrebbe pronunciato in fin di vita secondo Svetonio, (Vite dei Cesari, Aug., XXVIII, 3), ripartiamo oggi. Il 19 agosto 2014, infatti, ricorre il bimillenario della morte del primo imperatore e Roma si prepara a rendere omaggio ad Augusto con una straordinaria iniziativa all'Ara Pacis, che verrà illuminata per riprodurne i colori originali.

Augusto come Pontefice Massimo

Ottaviano Augusto fu un personaggio cruciale nella storia romana e non solo in quanto fondatore dell'impero. Fu per sua iniziativa che cessarono le guerre civili che da un secolo insanguinavano la Repubblica e che i territori conquistati vennero riorganizzati in un apparato amministrativo efficiente e iniziarono ad assumere un volto architettonico uniforme, replicando ovunque i segni dell'appartenenza a Roma grazie alla diffusione sempre più massiccia di teatri, anfiteatri, impianti termali, acquedotti e archi trionfali. Il principale veicolo della propaganda e, quindi, dell'azione augustea, che faceva leva sul concetto sacro e inviolabile di Pax Augusta e sul principio di venerabilità dell'imperatore (da cui il titolo stesso che venne attribuito ad Ottaviano dal 27 a.C.) fu l'arte, che agiva come un canale pubblicitario esteso ad ogni angolo dell'impero e che cambiò radicalmente l'aspetto monumentale dell'Urbe. Come scrive Giovanni Becatti, «nel periodo augusteo l'architettura fu chiamata a dare un volto più luminoso alla nuova capitale e il marmo lunense sostituì ormai il tufo e il travertino, sicché l'imperatore poteva gloriarsi di aver trasformato in marmorea la Roma repubblicana di terracotta e mattoni».

Gemma Augustea

Ad alimentare il mito dell'eccezionalità di Augusto c'era, invero, anche la poesia, e non a caso l'imperatore ebbe come 'ministro della propaganda' Mecenate, che riunì attorno al princeps il fiore dei poeti, ma la letteratura era per uomini colti e raffinati, mentre l'immagine, il monumento, la statuaria avevano un impatto immediato sul popolo, quale che fosse il grado di istruzione dei singoli cittadini. Per questo motivo Augusto aprì la strada ad un'arte che recuperava la lezione accademica dell'età classica greca con la precisa volontà di superare il gusto diffusosi nel I secolo a.C.: se Antonio, il grande rivale di Ottaviano, aveva dato alla propria propaganda uno stampo ellenistico, facendosi rappresentare come Dioniso e stabilendosi in quel'Alessandria che dell'Ellenismo era stata centro d'irradiazione, allora il princeps, che doveva essere ricordato come l'eroe salvatore di Roma, avrebbe dovuto ricercare un'estetica contrapposta, per segnare definitivamente il distacco della sua etica pura ed equilibrata (simboleggiata dalla sua identificazione con Apollo o Hermes) e del suo messaggio ideologico dal comportamento vizioso di colui che aveva tentato di consegnare ad una regina egiziana le sorti dell'imperium.

Ricostruzione del Mausoleo di Augusto


Abbiamo già avuto modo di notare il rapporto fra etica ed estetica e l'abitudine a ricercare nella seconda segni della prima. Ebbene, Augusto partiva dal presupposto della necessità di una restaurazione: restaurazione di forme, quindi di valori. Il richiamo all'arte equilibrata e solenne del classicismo in contrasto con quella più fluida e patetica dell'ellenismo era indice della volontà di recupero degli ideali che avevano fatto grande Roma prima che le guerre civili ne minacciassero la distruzione. L'opera legislativa di Augusto (Leges Iuliae), infatti, mirava alla tutela e alla crescita della famiglia (venne addirittura posta una tassa sul celibato), sia per rinforzare le tradizioni del mos maiorum e la devozione, sia per dare all'impero un enorme esercito di cittadini-soldato. Furono ristabiliti, anche grazie all'impegno letterario di Virgilio, il culto della pietas, la devozione verso i padri e verso gli dèi e la gloria della difesa dell'impero dai barbari, valori incarnati dalla mitica figura di Enea (quindi dalla sua discendenza); a tutto questo si aggiungeva l'idea della provvidenzialità dell'ascesa di Augusto, chiamato a riportare la pace e a ristabilire la potenza dell'impero, così come appare evidente dalla celebrazione dei suoi trionfi del canto VIII dell'Eneide, con il passo dello scudo di Enea dedicato ad esaltare le vittorie su Antonio (vv. 671 sgg.).

Gemma raffigurante Ottavia

Anche il mondo femminile fu investito da un'ondata di morigeratezza, che mirava ad imporre la figura della pura donna romana al fascino perverso di Cleopatra, sfruttando il forte impatto propagandistico dello stile di Ottavia, sorella dell'imperatore ripudiata da Antonio e divenuta modello di pudicitia: le acconciature e l'abbigliamento della principessa non erano solo un aspetto modaiolo, bensì un vero e proprio mezzo di educazione inteso a stimolare l'emulazione e l'ammirazione, con una funzione non diversa da quella dei grandi apparati decorativi, dell'oggettistica e dei monumenti.
Fra i principali esempi di propaganda neoclassica si annoverano i ritratti dell'imperatore: l'Augusto di Prima Porta, loricato e colto nel tipico gesto dell'adlocutio usato dagli oratori e dai condottieri per richiamare l'attenzione del pubblico o dei soldati, è in realtà l'elaborazione dello schema di Policleto esemplificato dal Doriforo, mentre l'Augusto come Pontefice Massimo conservato al Museo Nazionale Romano tradisce il modello nella 'calligrafia dei capelli' (come la definisce Ranuccio Bianchi Bandinelli) e nella compostezza del panneggio, ben lontano dal virtuosismo fidiano tanto caro agli epigoni ellenistici. Classico è anche il tratto della Gemma augustea, straordinario pezzo di cammeo viennese realizzato da Dioscurides in cui Augusto appare in trono affiancato da Roma vincitrice e incoronato da Oikoumène, personificazione del potere universale.

Augusto di Prima Porta

Ma è sicuramente l'Ara Pacis Augustae il monumento che meglio incarna il bisogno di gloria del princeps, che con essa venne consacrato a fondatore e garante di una nuova età dell'oro. Dedicata il 30 gennaio del 9 d.C. nel Campo Marzio, l'altare riassume i motivi della celebrazione di Roma che ricorrono anche nel già citato canto VIII del poema virgiliano per dar un'idea della compattezza di un ciclo storico finalizzato a nient'altro che alla fondazione di un impero pacificato. Il recinto esterno dell'Ara Pacis è infatti decorato nella parte superiore dei lati aperti con i motivi della Lupercale, dei sacrifici di Enea, di Roma vincitrice e di Tellus, simbolo di fertilità, mentre i lati chiusi presentano due processioni d'inciso classico, e di «uno stile di contenuta eleganza che ricorda il fregio del Partenone» (Ludovico Rebaudo), sebbene con una sovrapposizione di figure che richiama le forme dell'arte italica preromana: sul lato nord sono raffigurati i discendenti di Enea, su quello sud la processione di senatori che doveva ripetersi ogni anno a partire dal 9 a decretare l'importanza di una continua celebrazione del princeps, che ancora oggi, a duemila anni di distanza, non possiamo dimenticare.

Ara Pacis Augustae


«Acta est fabula, plaudite»
C.M.
NOTE: Queste ed altre foto dedicate all'arte augustea sono visibili nell'album della pagina Facebook Bimillenario di Augusto.

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