Il blog che parla

Da Flavialtomonte

Mettersi in chiaro è assurdo nel momento in cui ciò che stai dicendo è scuro-ma-talmente-scuro da resistere alla forza sbiancante dello smacchiatore più efficace. Così, parlo.
Quando scrivo, parlo.
Mi aggroviglio tra le parole, mi arrotolo, e cerco di sbrogliare la matassa da me. A volte ce la faccio, altre volte no, e la chiudo lì.
Punto e a capo.

Mentre scrivo, faccio questo. Comincio ad argomentare situazioni che si sviluppano o si snodano sopra ogni parola. In questo modo può sembrare che non dico niente, posso non piacere, far venire i capo-giri, ma mi diverte piuttosto che annoiare con i soliti “tristi-racconti-di-memoria” o di come mi passo le giornate, dove vado e come mi vesto.

Il vizio di analizzare una persona in base a quello che scrive, è un brutto vizio che mette in offerta lo scrittore stesso per farsi conoscere e diventare un idolo da venerare, usando foto, video, collegamenti a siti, eventi e progetti, che smaltiscono le parole che si sottraggono come sostenitori di un movimento estetico e politico che piace così tanto da viziare.

In questo modo si aggiungo le etichette – o le così dette tag – le categorie, e tutti i post possibili e immaginabili. Per l’appunto, si immagina, si sogna, e si racconta, senza parole che conducano verso una fine.

Le parole invece ti portano a passeggio, con calma, si fanno due chiacchiere – o anche una discussione attraverso commenti – e si tira avanti. Ci si siede sulla panchina consecutiva, si aspetta qualcuno, si argomenta dell’altro, si offre qualcosa al bar e si torna sui propri passi.

Perché in un blog del genere, non si scrive: si parla! Ho letto persino che Il blog ti allunga la vita.