L’F35 è il futuro dell’aeronautica militare. Un caccia destinato a solcare i cieli e sgancia bombe a profusione nei prossimi decenni. Un aereo pronto a far le fortune dei pochi paesi che si possono permettersi di comprarlo. O almeno, così sembrava.
L’F35 è un autentico gioiello: disponibile in tre versioni, convenzionale, a decollo corto e atterraggio verticale e imbarcata, predisposto a trasportare ordigni nucleari, attrezzato per proteggere l’equipaggio in caso di attacco chimico o biologico. Ha un unico difetto: non funziona.
Il consorzio che lavora al progetto è guidato da Lockheed Martin e Base System, con la partecipazione di Finmeccanica. Il caccia, però, fa cilecca. I lavori sono in ritardo di 5 anni rispetto alla tabella di marcia e i costi sono aumentati del 26%. Dopo nove anni di sviluppo e quattro di produzione, il velivolo non è ancora affidabile. Solo il 3% dei 32 test condotti a terra è stato positivo. Ad agosto, gli aerei sono rimasti praticamente sempre negli hangar a causa di un problema ancora irrisolto su una valvola del sistema di alimentazione e condizionamento.
Ogni caccia vale 92,4 milioni, contro i 50 previsti nel 2002. L’intero programma è costato la bellezza di 382 miliardi di dollari in 25 anni per la realizzazione di 2.457 aerei. Il budget è stato sforato del 64%, oltre il limite del 50% stabilito dalla legge Nunn-McCurdy che prevede la cancellazione. Gli USA stanno valutando il futuro del progetto, mentre la Gran Bretagna si è già chiamata fuori parzialmente, rinunciando alla versione a decollo corto e atterraggio verticale.
L’Italia, purtroppo, ci è dentro fino al collo. Con 5 diversi governi (2 Prodi, 2 Berlusconi e D’Alema) si è impegnata ad acquistare 131 F35 alla modica cifra di 16 miliardi di euro. Nel dicembre 2010, per tentare di arginare la perdita, Fincantieri e Selex si sono incontrati con i responsabili. L’Italia, però, non ha un piano B nel caso il progetto naufragasse.