Il braccio elettronico: cambi elettroattuati

Creato il 13 maggio 2014 da Retrò Online Magazine @retr_online
mag 13, 2014    Scritto da Matteo Ferraro Pelle    Attualità, Motori, Tecnologia 0

Il braccio elettronico: cambi elettroattuati

Gran premio del Brasile, 1989: Nigel Mansell taglia il traguardo, al primo posto, sulla sua Formula 1 Ferrari. Ma quel giorno successe un’altra cosa molto importante, oltre alla gioia del box: quella gara fu il debutto dei cambi elettroattuati, o robotizzati.

Con questa espressione, in origine, si intendevano i cambi manuali con azionamento automatico della frizione, o convertiti al completo uso automatico. Per estensione, oggi, chiamiamo così così tutti quei cambi che abbiano un ingranamento e un meccanismo per la selezione dei rapporti analoghi a quelli dei cambi manuali, anche se “l’automatizzazione” è integrata nel progetto iniziale.

Questo tipo di trasmissioni, dunque, non si differenzia in modo apprezzabile da un normale cambio manuale per quanto riguarda la parte puramente meccanica, che collega motore e ruote. Tuttavia, con le sue versioni dedicate alle piccole city-car, si è guadagnato un posto d’onore tra i cambi più odiati del mondo automobilistico.

L’intuizione dell’ingegnere Ferrari che la propose oltre 25 anni fa non era sbagliata e anche oggi un buon cambio robotizzato ad uso sportivo ha ben poco da invidiare ad un doppia frizione. Quando si spreme al 100% la propria vettura dimostra vantaggi consistenti sia rispetto ai cambi manuali che ai doppia frizione. Nel primo caso tutta “l’arte” della cambiata viene assolta da un computer con la semplice pressione di un paddle, permettendoci di concentrarci su tutto ciò che succede intorno all’auto, nel secondo caso, invece, la delicatezza del doppia frizione impallidisce: una cambiata a pieni giri con un buon elettroattuato è un’esperienza unica, una fucilata di brutalità e coppia direttamente nello stomaco, in grado di esaltare ogni emozione a cui noi patiti di auto siamo particolarmente sensibili.

Il problema è che non si può andare sempre forte… Ed è qui che i robotizzati patiscono: la logica di funzionamento per addolcire i passaggi di marcia finisce per rendere questi cambi lenti e pigri. E, siccome parliamo di un manuale in fin dei conti, la coppia deve interrompersi tra una marcia e l’altra portando a drammatici ondeggiamenti, ritardi nella risposta e un profondo sconforto… Dopo averne sperimentato uno in città per un po’ di tempo si realizza quanto il “programma” della nostra gamba sinistra sia superiore rispetto ad un computer: è l’unico in grado di gestire la frizione tenendo conto dell’umore, del tremendo ritardo all’appuntamento di turno e delle esigenze degli eventuali passeggeri, sempre coadiuvato da ottimi “accelerometri” montati poco più in basso della nostra schiena.

Nonostante queste pecche il cambio elettroattuato resta un’ottima piattaforma: alcune case automobilistiche, ormai, investono solo sul doppia frizione, altre lo preferiscono e continuano a svilupparlo per cercare un funzionamento più fluido. Inoltre, per la sua tremenda semplicità e la possibilità di condividere componenti con i manuali, costa meno degli altri automatici e, se questo non fosse sufficiente, prestazioni e consumi sono del tutto paragonabili all’uso del cambio manuale. Se si è in grado di sopportarne i difetti, mitigati rispetto al passato, è una scelta saggia ed economica per non avere l’incubo degli ingorghi su una city-car.

Appuntamento alla prossima settimana per parlare dei CVT.