“Per noi un eroe, per gli austriaci un traditore”. Quando a scuola un professore dall'intelligenza più pericolosamente critica voleva aguzzare il nostro ingegno sul gioco di specchi della Storia, dava l'esempio di Cesare Battisti. Naturalmente non il “proletario armato per il comunismo” condannato in contumacia e rifugiato in Brasile, ma l’irredentista impiccato a Trento nel 1916. Destino dei nomi: l’altro C. B., il più recente, per noi è un assassino, ma ci stupisce che all’estero qualcuno ci veda come l’Iran e riconosca ai nostri condannati lo statuto di perseguitati politici (e magari ignorano rappresaglie come quella di cui si parla qui, esempio di zoppa democrazia reale).
Senza entrare nel merito delle sentenze, è proprio il gioco delle prospettive che qui interessa. Quanto a vizi e virtù degli intellettuali francesi che per primi hanno “adottato” e difeso Battisti, mi sembrano in buona parte condivisibili le competentissime analisi di Barbara Spinelli e Antonio Tabucchi. In certe posizioni c'è sempre una componente di romanticismo rivoluzionario da esportazione. Si pensi anche alla tacita accoglienza di cui a lungo hanno goduto i terroristi baschi alla frontiera dei Pirenei, quando in Spagna erano già in atto politiche di decentramento regionale e pluralismo linguistico che in Francia sarebbero considerate sovversive. Per tacere poi di Bernard-Henri Lévy, che se Battisti fosse stato un bambino palestinese dell'intifada l'avrebbe consegnato di persona al Mossad.
Quando però si passa dai cugini d'oltralpe agli zii d'America (latina) la nostra raffinatezza d'analisi si fa subito più sbrigativa. Il sottotesto delle lamentazioni sulla perdita di prestigio internazionale del nostro Paese sembra essere sempre: ma che è... facciamo schifo pure al Brasile? Più di tutti colpisce un articolo di Bruno Tinti sul Fatto Quotidiano. Lo cita anche Tabucchi, ma per rilanciare quella che Tinti, con un ardito ossimoro, definisce “ipotetica certezza”: Battisti in Francia l'ha fatta franca perché avrebbe collaborato con i servizi segreti locali. Vabbè... Per citare, parafrasandolo, un democristiano che se ne intendeva: a pensar male (dei servizi segreti) si fa peccato, ma difficilmente si sbaglia. Tuttavia il nostro miglior lusitanista glissa sulla seconda parte del testo, in cui si dice che Battisti la fa franca anche in Brasile perché l'attuale presidente, Dilma Rousseff, ha un passato da terrorista da cui nemmeno Lula ha mai preso le distanze.
Danno qualche brivido quei blog e giornali che oggi discutono se sia stata torturata ininterrottamente o solo a giorni alterni. Alcuni alimentano lo scandalo rimettendo in circolazione foto segnaletiche, vere o taroccate, di un'occhialuta ragazza fuorilegge, oggi presidente. Ma per un italiano forse fa più effetto vedere Il Fatto Quotidiano allineato sui revisionismi d'oltreoceano. Non è un premier incensurato quello che in Italia dà del terrorista ai partigiani e giustifica con l'anticomunismo ogni picconata alle istituzioni? Ragionamenti come quello di Tinti non sono l'esempio di come la metastasi del berlusconismo abbia ormai raggiunto gli organi sani? È vero che attraversiamo una gravissima crisi di legalità, ma stiamo attenti a non fare della legalità una categoria assoluta di analisi addirittura storica. Si ricadrebbe nella smemorata confusione “post-storica” tanto cara a berlusconiani e rimestatori di varia specie.